- 10 aprile 2021, 13:30

Catcalling, potere e responsabilità: Unsane

Posso capire perché un maschio bianco adulto ed eterosessuale possa considerare tutta la discussione un’immensa e insensata perdita di tempo. Ma è proprio questo il problema

“Unsane” è un film di produzione americana del 2018, scritto da Jonathan Bernstein e James Greer e diretto da Steven Soderbergh. Sawyer è una giovane donna in carriera che lascia la propria città per fuggire a David, uno stalker particolarmente oppressivo, le cui molestie ripetute hanno spinto la ragazza a un atteggiamento sospettoso e auto-sabotante rispetto a ogni relazione interpersonale. Per cercare di ritrovare il proprio equilibrio, Sawyer chiede aiuto a una clinica specialistica, nella quale però ritrova lo stesso David, che ha assunto un’altra identità. Da quel momento, per lei, inizierà una spirale di follia e violenza dalla quale uscirà difficile (se non impossibile).

È la parola del momento, o almeno lo è stata per alcuni giorni: catcalling. In sostanza – e probabilmente semplificando anche un po’ troppo – è l’attitudine genericamente concretizzata da un uomo a dimostrare apprezzamenti di tipo erotico-sessuale nei confronti di donne sconosciute, incontrate per caso… il classico “fischio” quando si incontra una bella ragazza per la strada ne è l’esempio oggettivamente più comune (ma se ne potrebbero fare anche di peggiori).

La parola è stata posta sotto i riflettori dell’attenzione nazionale da parte di Aurora Ramazzotti, che ne ha denunciato alcuni casi. Che in alcuni paesi del mondo – come la Francia – è configurato come reato vero e proprio, assimilabile in molti sensi al bullismo, mentre nel nostro ancora non lo è. E un buon numero di “opinionisti illuminati” ha speso una marea di parole, in questi giorni, per sottolineare come sia giusto così: gli apprezzamenti compresi sotto la sfera del catcalling sono proprio questo, apprezzamenti, complimenti, non insulti degradanti. Insomma, non c’è nulla di male nel realizzarli.

E posso capirlo. Posso capire perché un maschio bianco adulto ed eterosessuale possa considerare tutta la discussione un’immensa e insensata perdita di tempo. Ma è proprio questo il problema.

Certo, usare un film thriller-horror come “Unsane” di Steven Soderbergh per parlare di catcalling potrebbe sembrare, così su due piedi, assolutamente esagerato. Un film in cui uno stalker violento rovina profondamente la vita di una giovane ragazza, traumatizzandola per sempre in modo assolutamente indelebile, non è un po’ troppo per commentare un fenomeno come il fischiare una bella ragazza che cammina dall’altra parte della strada?

Sì, ma dovreste sapere, ormai, che l’esagerazione è lo stagno in cui mi piace sguazzare.

Perché nella sfera concreta della molestia uno stalker e un catcaller sicuramente saranno diversi. Ma le basi su cui si muovono i loro due “modus operandi” sono fondamentalmente le stesse, e si rifanno entrambe all’incapacità di considerare “l’altro” come qualcosa di differente da un semplice oggetto del desiderio. Uno sfogo per le proprie frustrazioni.

David, lo stalker di “Unsane”, è un personaggio profondamente disturbato e violento, che si fa carico nella pellicola anche di diversi omicidi. Ma è il suo atteggiamento rispetto alla protagonista, Sawyer, che identifica davvero la sua “anormalità”. E, ancor più importante da sottolineare, Sawyer riesce sì a eliminare David dalla propria vita ma, come dimostra la scena finale, questo non risolve il suo turbamento: le impronte dello stalker, il peso di ciò che ha significato per la vita di lei, va ben al di là dei 98 minuti in cui si consuma la pellicola.

Vorrei poter liquidare la questione del catcalling come una sciocchezza di poco conto, allo stesso modo in cui vorrei davvero farlo con tante altre. Ma non ci riesco: l’idea che io – maschio, bianco, adulto ed eterosessuale – possa avere così tanto potere intrinseco, e suffragato unicamente da una tradizione oppressiva e patriarcale, da imprimere un turbamento di qualche tipo su un’altra persona o categoria di persone.

Mi spaventa, molto. E credo che dovrebbe spaventare tutti noi rappresentanti della categoria; questo significherebbe essere maggioranza responsabile.

simone giraudi