- 05 giugno 2021, 17:36

Destinazione dismorfia - eXistenZ

Jude Law in EXistenz

Jude Law in EXistenz

eXistenZ è un film del 1999 di produzione anglo-canadese, scritto e diretto da David Cronenberg. La pellicola s’incentra sul videogioco eponimo lanciato, in un futuro non ben precisato, da un’innovativa programmatrice e che si propone di portare “fisicamente” i giocatori all’interno delle proprie avventure tramite una fitta e inquietante rete di collegamenti neurali; quando però un terrorista, infiltratosi all’interno del videogioco, ferisce la programmatrice e mette in pericolo la tenuta stessa di quella “realtà”, lei e un addetto alle vendite del gioco dovranno cercare di sopravvivere.

Dismorfia da social e Zoom Boom: qualcuno sa cosa significano questi termini? Fino a qualche minuto fa, nemmeno io, quindi vado a spiegare nel modo in cui mi è stato possibile comprenderlo. La dismorfia è un disagio psicologico che nasce dall’incongruenza tra la propria immagine e la proiezione di un ideale estetico irraggiungibile (l’accezione “da social” penso si spieghi da sola) mentre lo Zoom Boom è la definizione con cui gli addetti ai lavori hanno indicato la grande richiesta di ritocchi estetici che ha accompagnato i mesi di pandemia.

In parole povere: i social network e l’utilizzo, forzato ma pervasivo, dei mezzi di comunicazione online negli ultimi mesi hanno spinto soprattutto i giovani a cambiare i propri standard di bellezza individuale nella direzione di quelli riportati sui social network, nella realtà concreta e quotidiana del tutto irraggiungibili, e questo ha portato all’aumento della richiesta di piccoli ritocchi estetici conseguenti.

Ovviamente non voglio parlare dell’etica del ritocco estetico (argomento di cui, davvero, m’interessa molto poco). Ma del fatto che l’esposizione esagerata, quanto meno dal punto di vista di percentuale di tempo quotidiano, alla realtà “virtuale” porti a derive affascinanti in quella che, virtuale, non è.

Certo non una tematica particolarmente innovativa nel 2021, ma una di quelle su cui poco ci si sofferma (almeno credo). Tanto che già all’alba del XXI° secolo David Cronenberg ci ha fatto un film sopra, quell’eXistenZ che viene visto come cult fantascientifico ma che credo soltanto nell’epoca dei social network possa davvero rivelare la propria forza dirompente.

Il film parla di videogiochi, ovviamente, ma credo non sia né giusto né sensato ridurre la discussione al solo mondo videoludico (che in realtà è un puro pretesto). Parla in effetti più di quanto la società, in quel futuro che non è più tanto lontano, abbia abbattuto completamente le differenze tra reale e virtuale, tanto che non si può più distinguere quale sia l’uno e quale sia l’altro: in molti i casi è impossibile, sia per i personaggi che per i fruitori del film, comprendere se ci si trovi all’interno del videogioco o nella realtà narrativa.

Ma la battuta e il concetto che più mi sono rimasti impressi, e che credo ben si sposino con lo stato dell’arte attuale dei social network è: “Devi partecipare al gioco per sapere perché partecipi al gioco”.

Penso davvero non ci sia definizione migliore: “Devi usare un social network per capire perché usi un social network”, non esiste una ragione specifica e aprioristica. In sostanza, devi “giocare” per comprendere il senso della tua stessa esistenza.

A ben pensarci, è proprio così? Non esiste più differenza tra il nostro aspetto virtuale e quello concreto? O forse è quello che ciascuno di noi spera più di ogni altra cosa, l’infinito e oscuro baratro verso cui ci stiamo muovendo come fruitori di un mezzo di comunicazione? Di essere anche solo per un istante, per davvero, come ci mostriamo al resto del mondo? Di smettere di essere persone e diventare avatar?

Credo sia abbastanza ovvio, a questo punto, che Facebook e affini non possano aspirare davvero a essere moderne versioni del foro di matrice classica, dove discutere della res come cittadini adulti e responsabili e coscienziosi. Non c’è spazio per la dialettica, c’è spazio unicamente per gli strepiti, almeno in quelle piattaforme che si basano sulla condivisione di testi di lunghezza medio-breve; ed ecco quindi fiorirne delle altre, in cui il focus sia su immagini o brevi video, simboli e figure che eleviamo a mitologia senza comprenderne davvero il significato.

Devi partecipare al gioco per sapere perché partecipi al gioco. Il brutto è che, poi, non puoi più dimenticartelo.

simone giraudi

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