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In Breve

| 14 agosto 2021, 15:15

Collegati ma divisi - US

Ecco, credo che in “US” i veri protagonisti siano i cloni. E che nella nostra quotidianità sia spesso facile, per ciascuno di noi, ridursi – o farsi ridurre – proprio a questo: a un’ombra, capace unicamente di odiare

Collegati ma divisi - US

“US” (“Noi”) è un film del 2019 di produzione statunitense, scritto e diretto da Jordan Peele, il nuovo padrino dell’horror hollywoodiano da qualche anno a questa parte. La storia vede come protagonisti i membri della famiglia Wilson, afroamericani arricchiti in vacanza a Santa Cruz, alle prese con una famiglia di loro cloni intenzionati a ucciderli; nel cercare di mettersi in salvo e comprendere la natura di queste “ombre” i membri della famiglia scopriranno un assurdo complotto governativo e sveleranno un’inquietante verità riguardo alla propria quotidianità.

Vedo sempre il mese di agosto, e nello specifico l’arrivo delle (sempre) tanto agognate ferie, come una sorta di spartiacque nei 365 giorni che compongono ogni nostro anno. Anche più del passaggio dell’anno, o del periodo natalizio, forse un retaggio dell’ormai tristemente lontano periodo scolastico e del fatidico “ritorno a settembre”.

Fatto sta che con questo appuntamento di “Ad occhi aperti” credo sia necessario – nel mio piccolo ovviamente – tentare di tracciare una linea. Un confine, per cercare di capire da dove ripartire tra qualche settimana… posto che credere davvero che il mondo si possa fermare perché noi andiamo in ferie sia da pazzi. Ma tant’è: un gioco, una boutade, come spesso sono queste chiacchierate.

Più che una riflessione, quindi, questa settimana mi sento di lasciarvi un consiglio. Un consiglio che riguarda nello specifico una pellicola del mio genere cinematografico preferito - l’horror – e che non è nemmeno difficile da recuperare, essendo vecchia soltanto di un paio di anni: “US”, di quel genio assoluto che è Jordan Peele.

Sì, la pellicola è per il 90% del proprio intento riferita alla situazione degli afroamericani negli Stati Uniti – come per il precedente “Get Out” - , me ne rendo conto e, anzi, è soprattutto per questo che il film mi ha catturato. Ma sotto diversi aspetti il film può anche essere inteso in senso più ampio, come critica generale alla società consumistica e repressiva e vuota e incentrata sull’apparenza in cui viviamo.

I cloni, le ombre, quelli che vengono genericamente tratteggiati come i villain della pellicola – con un ribaltamento nella scena finale che appare, a ripensarci, forse un po’ troppo classico ma che è davvero il cuore della narrazione – sono legati, “thetered”, ai propri rispettivi corpi che abitano la superficie, tanto da doverne replicare continuamente le azioni in linea generale ma senza davvero coglierne il senso, la ricchezza; emblematica in questo senso è la vita di Red, il doppio della protagonista Adelaide, che si trova a dover partorire - da sola - quando la seconda si trova a partorire e a doversi cibare di conigli crudi quando questa si trova a mangiare.

Una vita nell’ombra, cercando di replicare chi sta meglio di loro, e allo stesso tempo imparando inevitabilmente a odiarli.

Ecco, credo che in “US” i veri protagonisti siano i cloni. E che nella nostra quotidianità sia spesso facile, per ciascuno di noi, ridursi – o farsi ridurre – proprio a questo: a un’ombra, capace unicamente di odiare. Insensibile a qualunque tipo di emozione o pensiero se non al senso di vendetta. E se c’è un “US”, un “noi”, c’è inevitabilmente anche un “Them”, un “loro”.

Forse è questo il confine che bisognerebbe tracciare per bene, per capire come superarlo il prima possibile. Comprendere di contribuire, giorno dopo giorno, alla sua profondità e appianare, invece, il dislivello. Per tornare, tutti, nel posto in cui siamo sempre stati anche se l’abbiamo dimenticato: sulla stessa barca.

Buone vacanze a tutti.

Simone Giraudi

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