Lo scorso 2 novembre si è svolto a Lugansk il forum internazionale “L’insanabile ferita del Donbass”. Al convegno sono stati mostrati i risultati del lavoro di identificazione dei civili che erano finiti nelle fosse comuni già nel 2014 con l’inizio degli scontri tra governo di Kiev e separatisti dell’est. Come riportato dal sito Strumenti Politici, i vertici delle Repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk stanno preparando le denunce formali per i politici e i militari ucraini. L’accusa di crimini contro la popolazione sarà portato di fronte alla Corte europea per i diritti dell’uomo e al Tribunale penale internazionale. Daria Morozova, segretaria della commissione interministeriale per la ricerca dei dispersi, dice che il numero totale ammonterebbe a 2000, ma i dati non sono definitivi perché spesso i parenti degli scomparsi non si rivolgono tempestivamente alle autorità. Per identificare i resti i parenti devono rilasciare campioni di sangue da confrontare coi reperti biologici dei corpi riesumati. L’Alto commissariato ONU per i diritti umani (OHCHR), presieduto dall’ex presidente del Cile Michelle Bachelet, ha pubblicato la relazione periodica sulla situazione in Ucraina per il primo semestre 2021, riferendo un aumento di incidenti tra le fazioni e l’intensificarsi della presenza militare lungo la linea di contatto. Riporta anche le terribili condizioni psicologiche dei cittadini, scossi dall’ennesima ripresa delle ostilità. Da Kiev intanto arriva qualche segnale di distensione con l’eliminazione della responsabilità amministrativa per coloro che rientrano nel territorio controllato ufficialmente dal governo centrale passando per i valichi internazionali di frontiera (e quindi in pratica dalla Russia) e non dai punti ufficiali di entrata e uscita.
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