Se il cibo è tradizione, quello tra Università di Torino e Università di Scienze Gastronomiche è un matrimonio naturale. Ecco perché i due atenei hanno scelto di siglare un accordo che unisca le forze per ricerca, didattica e alta formazione su temi di sostenibilità e obiettivi green internazionali. L'obiettivo sarà formare insieme nei prossimi 5 anni professionisti specializzati in transizione ecologica.
Saranno coinvolti i dipartimenti più diversi tra loro: scienze alimentari, ma anche studi umanistici, scienze economiche, giuridiche e anche mediche. Inoltre i due atenei cercheranno di partecipare insieme a bandi scientifici nazionali e internazionali.
Un nuovo dottorato inter-ateneo
A questo fine nascerà un nuovo Dottorato di ricerca inter-ateneo proprio per formare nuovi profili professionali specializzati. "Vogliamo generare benefici ambientali, sanitari, ma anche sociali ed economici - spiega Stefano Geuna, rettore di Unito -. Lavoreremo sulla leva più potente dell'Università: quella della formazione avanzata".
"Siamo un'università maggiorenne, ma ancora giovane. E nonostante questo siamo già al centro di una grande comunità composta da studenti, docenti e partner strategici, oltre ad avere grandi legami internazionali, anche grande a Slow food e Terra madre", commenta il rettore dell'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Bartolomeo Biolatti. "Ecco perché non è una novità per noi parlare di resilienza e di sostenibilità ambientale, costruendo anche percorsi formativi nuovi. Cibo vuol dire ambiente, ma anche giustizia sociale e non solo. Finora abbiamo laureato già 3mila gastronomi e più della metà sono stranieri, operando in 95 Paesi nel mondo".
Petrini: "L'agroalimentare inquina più dei trasporti"
"I legami tra le due università arriva in un momento storico particolare - aggiunge Carlo Petrini, presidente dell'ateneo di Pollenzo -, dove comportamenti responsabili e sfide ambientali sono la propria. La transizione ecologica non è un evento che ha un tempo circoscritto, ma riguarderà secoli e generazioni. Ecco perché si esige da parte di tutti un'opera di cooperazione, superando il tempo della competitività tra gli enti".
"Il comparto agroalimentare è responsabile di alcuni dei maggiori elementi di negatività, basti pensare alle emissioni, che sono il doppio di quella della mobilità. Il 34% contro il 17% di produzione di CO2. Servono nuovi comportamenti e cambi di paradigma", prosegue Petrini. "E questo comparto non è solo competenza della piccola università di Pollenzo".