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Attualità | 21 marzo 2022, 08:00

La storia di mamma Marina e di quel cuore diviso tra Italia e Ucraina [FOTO]

La mamma è arrivata a Torino con uno dei due figli: l’altra è rimasta in Ucraina con la nonna

La storia di mamma Marina e di quel cuore diviso tra Italia e Ucraina [FOTO]

Lo sguardo si fissa fuori dal finestrino, quasi a cercare quello che gli occhi non possono vedere ma che il cuore percepisce nitidamente: i propri cari lasciati in Ucraina. Un marito, una figlia, una famiglia.

Marina, tra la speranza e un cuore diviso

Si sforza di sorridere Marina. Mentre sale le scale dell’aereo tiene stretto con una mano il documento d’identità che le consente di viaggiare. Di volare lontana dalle bombe e di guardare al futuro con speranza. Nell’altra mano si divincola il piccolo George, di soli tre anni. Lui è uno dei nove bimbi trasportati da Iasi, in Romania, a Torino, per essere curati all’ospedale pediatrico Regina Margherita. Mentre l’aereo di Alba Star sorvola montagne imbiancate, il pensiero di Marina va al marito lasciato in Ucraina e all’altra figlia, che ora si trova vicino a Odessa insieme alla nonna. Una zona in cui la guerra spaventa ogni giorno di più, vista l’importanza strategica della città che affaccia sul mare.

La sua è la storia di una famiglia divisa dalla brutalità della guerra, dall’atrocità di quel conflitto bellico arrivato alle porte di casa loro: Marina e la sua famiglia abitavano vicino alla centrale nucleare di Nicopol, oggi conquistata dall’esercito russo.

"Il nostro medico di Kiev ci ha detto di andare a curarci a Torino"

La situazione vicino a noi era tranquilla, ma tutto attorno terribile”, racconta la donna. George, sempre vicino a lei, non sta mai fermo. È un trionfo di vita: gioca, batte le mani, fa l’occhiolino. È per lui, per permettergli di proseguire cure indispensabili che la mamma ha abbandonato il suo paese e si è diretta a Torino, in Piemonte: “Il nostro medico è di Kiev e ci ha detto di andare in Italia per trovare un posto in cui far curare nostro figlio: lì, con gli ospedali bombardati, non era possibile proseguire la terapia”.

Il ruolo dei volontari

L’arrivo in Piemonte è stato reso possibile da Natalia Vilcu-Bajurean e dalla sua associazione di volontariato: “Ci occupiamo di bambini con leucemia e tumori: portiamo i rifugiati ucraini negli ospedali moldavi o in altri paesi, come in questo caso l’Italia”.

Abbiamo a che fare con diverse situazioni differenti tra loro: bimbi che arrivano dagli ospedali, chi da cure palliative che non possono essere garantite in guerra. Noi li trasferiamo fuori dal confine, la nostra associazione li aiuta a trovare una soluzione sanitaria adeguata”, spiega la presidente dell’associazione.

Nonostante il cuore sia diviso a metà, il sorriso della mamma non lascia mai trapelare paura, timore, incertezza. Un atteggiamento di protezione per il suo bimbo, il piccolo George, e di quella sua incredibile voglia di vita. Di normalità. Di pace.

 

Andrea Parisotto

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