Le notizie che arrivano dall’Ucraina, con le immagini terribili che mai avremmo pensato riguardare l’Europa, con una guerra che da lungo tempo non conosceva la guerra (forse scuotendo anche le coscienze di molti, al pensiero che ogni conflitto armato porta con sé un insostenibile carico di sofferenza, in qualunque angolo del mondo avvenga), hanno interrogato tutti.
Amplissima e pronta è stata la risposta solidale anche nella Granda: dai cittadini che hanno aperto le porte di casa e raccolto generi di prima necessità, alle istituzioni che si sono mobilitate per offrire un sostegno, al mondo dell’impresa che ha fornito il proprio contributo. Chiaro esempio di quanto quest’ultima categoria possa fare arriva dall’imprenditore braidese Giuseppe Piumatti, titolare della Bra Servizi, azienda – operante nel settore dei servizi ecologici – in cui è affiancato dalle figlie Sonia e Sabrina.
“Stiamo vivendo un momento difficile, in cui dobbiamo essere tutti più che mai uniti. Moltissimi semplici cittadini hanno fatto l’impossibile, dimostrando grande solidarietà: chi aprendo le proprie case ai rifugiati, chi mandando aiuti, chi mettendo a disposizione le proprie competenze, magari insegnando la lingua italiana a chi è arrivato qui. Come imprenditori abbiamo anche noi promosso e aderito a raccolte di vario genere, mandato camion di aiuti, ma sarebbe opportuno dare dignità a chi sta fuggendo dall’Ucraina, offrendo un lavoro qui: questo favorirebbe anche una corretta integrazione. La maggior parte delle persone che arrivano sono donne con i loro bambini, perché la maggior parte degli uomini è rimasta a combattere… Ma tra chi arriva ci sono persone laureate, o comunque dotate di professionalità: la mia azienda ha le porte aperte per valutare un impego nella gestione dei rifiuti, nella logistica, oppure – ottenute le necessarie certificazioni – come mulettisti. Nel rispetto delle normative vigenti, penso sia un nostro preciso dovere studiare una soluzione… la politica farà poi la sua parte”.
Da cosa deriva questa sensibilità?
“A casa nostra abbiamo conosciuto l’orrore della guerra dai racconti di mio papà, che era stato internato nei campi di concentramento per tre anni e mezzo in Germania, durante la Seconda Guerra Mondiale: quando è tornato a casa pesava 28 kg… Anche per questo cerco di fare qualcosa. Diceva la mia mamma: ‘Fai del bene e non dirlo mai avanti’. Ma in questo caso è bene far sapere, perché tutti facciano la propria parte. Certo, il momento storico non è dei più semplici… Arriviamo da due anni di pandemia e una guerra non ci voleva, per l’economia… Ma posso dire che come Bra Servizi serviamo circa 60.000 aziende nel Nord-Ovest, per cui ho un discreto termometro della situazione: il lavoro c’è, perché se ci sono scarti di lavorazione, vuol dire che c’è produzione. Voglio essere ottimista… Ma al di là di quella che potrà essere la situazione futura, credo sia giusto impegnarci per dare un sollievo a chi sta soffrendo e ha più bisogno di noi e sarei felice se altri imprenditori volessero seguire il mio appello, offrendo una rete di accoglienza che tenga conto anche della possibilità di lavorare”.