Un mare rosso, quasi sanguineo. Non c’è di mezzo nessun set cinematografico di Tarantino. Solo fiori, fiori e ancora fiori. Nello specifico migliaia di papaveri svolazzanti che, con i loro petali delicati, ondeggiano al vento nelle campagne del Roero. Ecco, proprio lì, sembra di trovarsi dentro un quadro di Monet. Pura poesia.
Cantata dai musicisti e dai poeti, raffigurata da pittori e disegnatori, la bellezza selvatica del papavero è qualcosa che colpisce sempre. Vedere per credere lo scatto di Tino Gerbaldo, che ci restituisce lo spettacolo incredibile messo in scena dalla natura tra i mesi di maggio e giugno.
Perché questa pianta erbacea, che cresce spontaneamente nei campi e sui bordi di strade e ferrovie, è simbolo del sonno e dell’oblio, ma anche della passione profonda, evocata da quel rosso fiammeggiante.
«Attraverso i papaveri danzanti, alla mia anima arrivava una brezza che con tocco soave la cullava», scriveva il poeta John Keats. E quando il grano sarà maturo, con la sua spiga dorata, la magia sarà doppia.