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Schegge di Luce | 29 maggio 2022, 10:48

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di fra Andrea Nico Grossi da Saluzzo

Commento del Vangelo della Messa di domenica 29 maggio, solennità dell’Ascensione del Signore

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di fra Andrea Nico Grossi da Saluzzo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio. (Lc 24,46-53)


Oggi, domenica 29 maggio è la solennità dell’Ascensione del Signore (anno C, colore liturgico bianco). A commentare il Vangelo della Santa Messa è il sacerdote Andrea Nico Grossi dei Frati Minori della chiesa di San Bernardino, in Saluzzo.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di Luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole in perfetto stile francescano, che sono come scintille per accendere le ragioni della speranza. Eccolo, il commento.

Attraverso la liturgia noi riviviamo gli eventi della vita di Gesù: a Natale eravamo a Betlemme ad adorare il Dio bambino; per l’Epifania abbiamo visto i magi entrare a Gerusalemme per incontrare il Re dei Re; a Pasqua eravamo davanti al sepolcro vuoto con Maria; in questi quaranta giorni abbiamo incontrato il Signore vivo, che ci è apparso e ci ha parlato «Delle cose riguardanti il regno di Dio»; oggi Lo contempliamo mentre ascende al cielo.

Perché tutto questo? È solo uno spettacolo da vedere senza pagare il biglietto? Le nostre chiese sono teatri più o meno belli, dove un regista più o meno capace dirige attori più o meno adeguati? No! Noi viviamo questi eventi attraverso la mediazione dei gesti, dei segni e delle parole liturgiche, per lasciarci raggiungere da Dio ed entrare nel Suo progetto di salvezza per il mondo. Siamo qui, affinché attraverso di noi, sia santificato e non profanato il nome del Signore; sia edificato il Suo regno e non quello dell’anticristo; perché sia fatta la Sua e non la nostra volontà. Non siamo e non possiamo essere spettatori.

Oggi chiediamo allo Spirito Santo di farci fare l’esperienza di coloro che andarono sotto la croce «A vedere questo spettacolo», ma «Ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto» (Lc 23,48). Ciò che hanno appena vissuto li ha feriti, toccati in profondità: sono andati per passare il tempo, vedendo morire degli uomini e ritornano cambiati da quella vicenda.

Anche a ciascuno di noi personalmente Gesù dice: «Saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni» (Lc 24,47s). Noi siamo chiamati ad essere annunciatori, ma questo sarà possibile solo se siamo testimoni, ossia se come l’evangelista Giovanni possiamo dire: «Quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita… quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi» (1Gv 1,2s).

I discepoli «Se ne tornarono a Gerusalemme con grande gioia» (Lc 24,52). Evidentemente non percepiscono l’ascensione di Gesù come una separazione, forse perché sentono risuonare nel cuore le parole di Gesù: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Anche noi allora dobbiamo tornare a casa non con il volto triste come i discepoli di Emmaus, bensì pieni di gioia, con la consapevolezza che il Cristo è con noi. Come?

Attraverso i Sacramenti, la Parola di Dio, i pastori ed i poveri. Non sono mediazioni simboliche; Cristo è realmente presente e agisce realmente attraverso il Sacramenti. È Lui che battezza, diventa cibo, perdona, si fa presente attraverso i pastori e accompagna nella malattia. E che dire della Parola? I proclamatori Gli prestano la voce, ma è Lui che parla per consolare, provocare, mettere in crisi, orientare l’esistenza…

San Francesco aveva talmente ben presente tutto questo che amava e rispettava i sacerdoti, anche quelli che definiva “poverelli”, ossia poco degni, proprio perché dietro la loro inadeguatezza riconosceva il Cristo; per questo si nutriva della Parola, fin tanto da saperla quasi a memoria; si era messo dalla parte dei minori, ossia di quelli che la società del tempo, come ogni società, emarginava, buttava fuori dai propri confini.

Signore Gesù insegnaci a cercarti dove Tu sei e non a continuare ad errare qua e là «Come pecore senza pastore»; donaci occhi capaci di riconoscerTi, anche se le mediazioni non sono sempre adeguate e all’altezza, se è stato possibile per Francesco di Assisi e tanti santi, perché non dovrebbe essere possibile a noi?

Non vogliamo più essere spettatori passivi, ma protagonisti con Te della salvezza di questo mondo, che ha tanto bisogno di Te e della Tua bellezza.

Silvia Gullino

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