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Attualità | 09 giugno 2022, 07:38

Da Cuneo a Londra, la ricerca di Giuseppe Marra apre rivoluzionarie possibilità per lo studio della Terra

La tecnica pensata per monitorare i fondali oceanici ha trasformato un cavo sottomarino di 6.000 km di lunghezza tra UK e Canada in una lunga serie di sensori per la rilevazione di terremoti, maree e correnti oceaniche: i risultati pubblicati sulla prestigiosa rivista Science

Il ricercatore cuneese Giuseppe Marra

Il ricercatore cuneese Giuseppe Marra

Nonostante il 70% della superficie della terra sia ricoperta d’acqua, i fondali oceanici restano quasi del tutto inesplorati e privi di strumentazione per il loro monitoraggio. È infatti troppo complicato e dai costi proibitivi istallare sensori permanenti sui fondali. Questa mancanza di dati dalle profondità oceaniche limita la nostra comprensione della struttura interna della terra e dei suoi processi dinamici, come i terremoti e le correnti oceaniche.

La nuova tecnica sviluppata dal team di ricerca guidato dal ricercatore cuneese Giuseppe Marra - in forza al National Physical Laboratory di Londra - potrebbe cambiare tutto questo, aprire una nuova era per lo studio della Terra e, potenzialmente, salvare in futuro migliaia di vite umane in caso di tsunami. La tecnica permettere infatti di trasformare l’esistente ragnatela di 1.3 milioni di chilometri di cavi sottomarini, utilizzata per la trasmissione di dati via internet tra Paesi e continenti, in migliaia di sensori per il monitoraggio di terremoti e correnti marine. La fibra ottica utilizzata in questi cavi è infatti sensibile alle perturbazioni ambientali esterne che modificano, anche se in maniera infinitesimale, la velocità della luce che viaggia al suo interno. Usando tecniche di misurazione interferometriche ad altissima precisione, simili a quelle usate per la rilevazione delle onde gravitazionali, il team di Marra è in grado di misurare queste piccole variazioni anche su cavi lunghi migliaia di chilometri di lunghezza.

Quattro anni fa, con un precedente articolo su Science, lo stesso team aveva dimostrato la possibilità di rilevare terremoti usando cavi terrestri e un breve cavo sottomarino. Nel nuovo studio pubblicato ancora su Science lo scorso 20 maggio, che vede la partecipazione anche di Google, che ha intuito le possibilità rivoluzionarie della tecnica, Marra e il suo team hanno spinto la tecnica molto oltre.

Il team non solo ha dimostrato la tecnica su un cavo sottomarino tra UK e Canada di quasi 6.000 chilometri di lunghezza, ma ha trasformato il cavo in decine di sensori, anziché uno solo, come nello studio precedente. Questo nuovo risultato apre nuovi scenari per la ricerca in molte aree scientifiche. Nell’articolo il team dimostra la rilevazione non solo di terremoti, ma anche di maree, onde e correnti nelle profondità oceaniche.

La possibilità di misurare le correnti apre nuovi scenari per lo studio della circolazione oceanica con potenzialmente importanti conseguenze per lo studio del riscaldamento globale. Alcuni scienziati infatti sostengono che la corrente del Golfo stia rallentando, con potenziali conseguenze catastrofiche per il clima globale. La tecnica di Marra potrebbe aiutare a verificare se il rallentamento sta effettivamente avvenendo.

Sebbene non sia ancora dimostrato in questo nuovo studio, la tecnica potrebbe potenzialmente anche salvare migliaia di vite umane in futuro. L’abilità di rilevare i terremoti sui fondali marini con i cavi ottici potrebbe infatti permettere l’allerta della popolazione costale in anticipo rispetto ai metodi tradizionali.

I risultati rivoluzionari della ricerca hanno attratto molta attenzione dei media, tra cui la BBC, Le Monde, Wired e molte altre testate internazionali. Alla ricerca hanno partecipato, oltre a Google, anche l’Università di Edimburgo, il British Geological Survey e l’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica di Torino.

“Le implicazioni di questi nuovi risultati sono moltissime, dalla sismologia allo studio dei cambiamenti climatici e potrebbe portare a nuove scoperte scientifiche – racconta Marra –. Con questa nuova tecnica, per la prima volta, sarà possibile monitorare cosa succede sui fondali oceanici senza dover istallare nuovi dispositivi, ma sfruttando l’immensa rete di cavi già esistente. Oltre alle enormi possibilità scientifiche di questo nuovo modo di monitorare la Terra, spero che la nostra futura ricerca riesca a dimostrare la rilevazione degli tsunami. Se ci riusciremo, potrebbe salvare la vita a migliaia di persone in futuro. Penso non ci sia ricompensa più bella per uno scienziato”.

comunicato stampa

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