A gennaio 2021, quando vigeva la ‘zona arancione’ e dunque, servivano motivazione valide per uscire dal proprio comune di residenza, ci fu un controllo della Polizia (per la verifica del rispetto delle normative anti-Covid) lungo la strada provinciale che porta a Verzuolo.
A bordo della sua auto, un Suv, venne fermato Marin Dajani. L’uomo, 49enne operaio in Svizzera ma di origine albanesi, aveva nascosti tra i sedili anteriori 23kg di cocaina sotto forma di panetti avvolti nel cellophane, tra i 500 grammi ed un chilo ciascuno.
Le autorità lo arrestarono e lo condussero in carcere a Cerialdo e qui venne messo in custodia cautelare. Dajani, assistito dagli avvocati Pier Mario Morra e Fabrizio Cardinali, venne rinviato a giudizio con rito abbreviato davanti al tribunale di Cuneo con l’accusa di detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio aggravata dall’ingente quantitativo.
A fronte della richiesta di condanna a 12 anni di reclusione da parte della Procura, rappresentata dal p.m. Francesca Lombardi, il giudice dell’udienza preliminare Sabrina Nocente ha condannato l’imputato a 7 anni di reclusione, oltre al pagamento di 60mila euro di multa. Il gup aveva anche sostituito la misura cautelare in carcere con i domiciliari.
Nella sentenza emessa in primo grado si legge che “non sono emersi elementi sufficiente a dimostrare che l’imputato ricoprisse posizioni di maggiori rilievo”, dunque il ruolo di Dajani è riconducibile a quello di “corriere estemporaneo”, come spiegato dall’avvocato Morra.
L’impugnazione è già stata depositata alla Corte d’appello di Torino. Ora si attende la pronuncia di secondo grado.