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Bra e Roero | 31 luglio 2022, 08:01

Schegge di Luce: pensieri sui Vangeli festivi delle Sorelle Clarisse di Bra

Commento al Vangelo della Messa del 31 luglio, XVIII Domenica del Tempo ordinario

Nella foto le Sorelle Clarisse con gli amici di Bra e di Boves

Nella foto le Sorelle Clarisse con gli amici di Bra e di Boves

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 

E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». 

Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». (Lc 12,13-21). 

Oggi, 31 luglio, la Chiesa giunge alla XVIII Domenica del Tempo ordinario (Anno C, colore liturgico verde). A commentare il Vangelo della Santa Messa sono le Sorelle Clarisse di Bra. 

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella loro riflessione per “Schegge di Luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole in perfetto stile francescano, che sono come scintille per accendere le ragioni della speranza. 

Eccolo, il commento. 

Il discorso di Gesù, in questo passo di Vangelo, è introdotto dalla domanda di un tale che lo pone in mezzo ad una situazione di tensione: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». La brama e la cupidigia, quando sono presenti nel cuore umano, finiscono per alimentare i conflitti, per accecare gli occhi, che non riescono più a vedere né i fratelli né il prossimo. Ecco perché Gesù oggi ci sprona ad aprire lo sguardo, a vivere vigilanti: «Fate attenzione e guardatevi da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». 

Noi umani siamo preda di una facile illusione: credere che la pienezza della vita ci venga da ciò che possediamo, dal denaro, dalla proprietà, e non da ciò che siamo. Da cosa ho vita? In che cosa rendo la mia vita stabile, vera? Non possiamo chiedere vita alle cose che ne hanno meno di noi, alle cose che sono solo transitorio momento di possesso. Questo non significa che la cura dei beni su questa terra non conti niente. L’amore per la povertà ed i bisognosi è possibile solo per chi non considera importante il denaro, ma chi considera importanti le persone, la custodia della vita umana. Purtroppo nella storia dei nostri giorni tocchiamo con mano che il dare troppo peso all’economia ci porta ad essere sempre più aggressivi e intolleranti con i poveri, con chi è diverso da noi, perché si è angosciati di mettere al riparo ciò che abbiamo, di rendere comoda una vita che alla fine non sarà più nelle nostre mani. 

«La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante…»: Gesù racconta la parabola dell’uomo ricco che fa di tutto per accumulare i beni per sé. Arriva ad ottenere il suo scopo e si sente nella realizzazione del suo desiderio di accumulo, soddisfatto, autosufficiente, sicuro di sé, fino a poter dire a se stesso: «Ora che disponi di molti beni, per molti anni, riposati, mangia, bevi e divertiti!». 

Se la nostra vita dipende da ciò che abbiamo siamo nel punto sbagliato, perché arriverà il momento in cui perderemo tutto quello che abbiamo: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». Siamo chiamati a puntare su ciò che resta: oggi se il Signore mi chiedesse la vita, che cosa veramente ho? Che cosa resterebbe della mia esistenza, di me? Chi ha accumulato per sé con un folle egoismo, chi non si è «Arricchito presso Dio», cioè condividendo i suoi beni, sarà nella solitudine eterna. Anche San Francesco, nelle Ammonizioni, scrive: «Beato il servo che restituisce tutti i beni al Signore Iddio, perché chi riterrà qualche cosa per sé, nasconde dentro di sé il denaro del Signore suo Dio, e gli sarà tolto ciò che credeva di possedere» (Amm 18,2: FF 168). 

Colui che da ricco che era si è fatto povero per arricchire noi con la sua povertà, ci mostra, con la sua totale adesione al Padre, la bellezza di una vita che non trattiene nulla per sé, nemmeno il dono della vita oltre ogni morte di cui ci fa partecipi. Solo così avrà saputo essere dono e genererà vita per tutti, nella grazia di non essere per sé, ma vita per il mondo. 

Silvia Gullino

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