Riceviamo e pubblichiamo dalla dirigente scolastica dell'IIS Giolitti Bellisario Mondovì Donatella Garello.
++++++++++++
Ho conosciuto Sami Modiano nell’estate del 2018, a Rodi. E’ stato un incontro fortuito: ho visitato la sinagoga e lui era lì, come ogni estate per alcune ore ogni giorno, ad accogliere i visitatori e a raccontare della sua vita, della sua famiglia, della deportazione a Birkenau e dell’orrore vissuto. Quell’incontro è stato sconvolgente per me (come per tutti) perché Sami ti fa partecipare alla sua storia in un modo così intimo e profondo - commuovendosi lui stesso più volte durante il suo racconto - come se esistessi solo tu, lì insieme a lui, tanto che questa sofferenza viva che lo scuote ancora oggi diventa la tua: piangi con lui e vorresti abbracciarlo e consolarlo.
Saputo del mio lavoro nella scuola, Sami mi ha chiesto di raccogliere io stessa il testimone e di trasmetterlo ai miei studenti, fin che potrò, perché ormai sono pochi i sopravvissuti che possono portare la loro testimonianza (Sami ha quasi 93 anni).
E così ho fatto: ho parlato di Sami Modiano ai miei allievi, li ho invitati a leggere il suo libro e ad ascoltare la sua storia attraverso le interviste e i documentari presenti in rete, a scrivergli.
Ho mantenuto i contatti con lui e con sua moglie Selma: un paio di telefonate ogni anno - sempre così emozionante parlare con loro - lettere e qualche piccolo prodotto della scuola spedito loro a Natale.
Alcuni giorni fa - in occasione di un viaggio a Roma per visitare i miei figli – ho chiamato Sami. Volevo fargli avere i piccoli doni di Natale della scuola e incontrarlo ancora. Sapevo che non sarebbe stato facile, tra l’altro avvicinandosi il giorno della memoria si infittiscono i suoi impegni, soprattutto gli incontri nelle scuole. Ancora una volta ho avuto modo di meravigliarmi di fronte alla generosa disponibilità di questo grande uomo e di sua moglie, che accolgono tutti e si scusano per di più, se potranno dedicarmi solo un’ora.
Mio figlio Mattia mi accompagna ad Ostia, dove abitano Sami e Selma; abbiamo appuntamento in un bar, vicino alla loro abitazione. Ci abbracciamo con grande emozione, siamo accolti con sorrisi e parole di benvenuto, come se fossimo di famiglia.
Sami ci racconta della sua salute, del Covid che lo ha costretto a un ricovero all’ospedale
Spallanzani, il giungo scorso, e di come - una volta guarito - abbiano potuto andare ancora a Rodi in estate, là dove era iniziata la sua vita felice, con la sua famiglia, là dove ha avuto inizio il viaggio verso l’orrore, nel 1944. Ma Sami non si limita a parlare di sé, chiede di me, della scuola, della mia famiglia, ci fa partecipi dei suoi prossimi impegni e coinvolge anche la mia scuola in un evento che avrà luogo a febbraio, on line, in collegamento con decine di migliaia di studenti per rispondere alle loro domande. E’ difficile descrivere la semplicità e insieme profondità di questo incontro e il privilegio di essere lì con loro. Sami mi dice che il nostro incontro è breve, ma io devo sentirmi parte di una famiglia più grande, che raccoglie uomini e donne in prima fila nel dovere della memoria della Shoah e dell’impegno quotidiano per il “MAI PIU’”.
Chiedo a Sami se vuole indirizzare un saluto ai miei allievi e ai membri della mia comunità scolastica: ho con me solo il cellulare, ma lui aderisce subito alla mia richiesta, si leva il berretto (siamo nel dehor all’aperto, fa freddo ....) e indirizza il suo saluto. Il breve video è “artigianale” ma le parole di Sami sono forti e chiare, pronunciate con il tono e il cuore di chi non si fermerà fino al suo ultimo respiro, pur di raggiungere più ragazzi possibile, per trasmettere il testimone della memoria.
Consegnamo i piccoli doni dell’istituto Alberghiero di Mondovì, mentre Selma ci regala un piccolo vassoio di dolci locali, per ringraziarci ... L’abbraccio di saluto è forte e affettuoso, Sami dice che ci incontreremo ancora e io mi commuovo per queste parole.
Insieme a mio figlio attraverso la strada verso la piccola stazione che ci riporterà a Roma:
le lacrime scendono copiose, tutti e due siamo senza parole. Ci voltiamo ancora a salutare con la mano, mentre risuona l’arrivederci di Sami: “Caminando y hablando”: andiamo avanti e parliamo.