Circa 500 visitatori per l’apertura straordinaria del palazzo delle Arti Liberali in salita al Castello, esempio di architettura civile di fine Quattrocento, diventato in seguito carcere che ospitò una sezione femminile fino al Dopoguerra.
Una facciata famosa nell’alto centro storico, per il ciclo decorativo di affreschi a grisailles raffiguranti le allegorie del Trivio e Quadrivio, tema identificante la destinazione a scuole pubbliche al tempo del marchese Ludovico II. Ma sconosciuto all’interno, chiuso e inutilizzato da decenni dalla fine degli Anni ’80, quando era ancora abitato dall’allora direttore del penitenziario della Castiglia e dal comandante della Polizia D’Ascenzo, il cui figlio Mauro, in un gruppo di visitatori ha rivisto la casa dei suoi anni giovanili.
Complesso e labirintico l’interno.
Nel 2022 è stato acquistato dal Demanio dalla “Cosal” di Giorgio Camissassi, ingegnere saluzzese che ha voluto l’apertura per i saluzzesi con le visite guidate a cura dell’Ufficio Turismo e che sta predisponendo un’ipotesi progettuale di riqualificazione e riutilizzo (Studio Sting).
Le operazioni di pulizia interna prima del porte aperte, ha evidenziato hanno visto riempire camion di materassi, detriti, manufatti di 30-40 anni fa e prima. Grandi volumi, 3.500 metri quadri di superficie, celle cumulative con l’identificazione per categorie dei carcerati scritte in alto sulle porte: "imputati, appellanti, definitivi". Lunghi corridoi, due cortili interni, la probabile infermeria, bagni con le vecchie stufe per riscaldare i freddi ambienti, scalette interne, finestre con pesanti inferriate tipiche delle vecchie prigione, come le porte di legno con spioncino.
I pensieri sono andati alla vita certamente dura dei detenuti di questo carcere giudiziario aperto fino agli Anni 60 del ‘900, che il Comune acquistò nel 1788 per ampliare le carceri prefettoriali.
Documenti danno notizia del carcere negli Anni ‘30 dell’800, quando si apri il dibattito sulla necessità di costruire un nuovo penitenziario nella parte bassa della città, segnalando la fatiscenza dello stabile e la sua condizione malsana, che rappresentò una emergenza sanitaria.
Attraverso le piante del 1837 dell’architetto Vigliani si leggono le destinazioni d’uso dell’edificio. Al primo piano, i visitatori hanno potuto vedere i due cameroni a uso prigione delle donne (nel 1836 una sola camera con una ventina di carcerate all’anno e due stanze nel 1839).
Le poche ricerche d’archivio citano tra le recluse Caterina Venturina, “figlia dell’ospedale”, 18 anni meretrice e di una medicante. Donne, di professione lavandaia, contadina, cucitrice, di età tra i 16 e 62 anni.
Negli anni Quaranta del Novecento, il carcere di Salita al Castello ospitò anche la staffetta partigiana Lidia Beccaria Rolfi.
A tutti il palazzo delle Arti Liberali, anche e soprattutto nella parte che fu carcere, ha offerto dalle inferriate e dagli affacci scorci e panorami “nuovi” prospetticamente nuovi , sul Monviso, su via Santa Chiara su sulla chiesa di San Giovanni e sul centro storico.
“Ho rilevato l’edificio per riqualificarlo a fini anche e, non solo residenziali, in modalità e tempi ancora tutti da stabilire– afferma Camisassi –. Prima dell'inizio delle attività mi è parso opportuno renderlo accessibile e visitabile ai miei concittadini. E’ stato apprezzato. Ringrazio l’Amministrazione comunale e lo Iat per il supporto di questa giornata di apertura del palazzo”.