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Eventi | 09 febbraio 2023, 10:43

Alba, l'invenzione della felicità negli scatti di Jacques Henri Lartigue

In Fondazione Ferrero l'esposizione dedicata al grande fotografo francese in collaborazione con la Casa dei Tre Oci di Venezia e la Donation Jacques Henri Lartigue di Parigi

Alba, l'invenzione della felicità negli scatti di Jacques Henri Lartigue

La Fondazione Ferrero di Alba presenta da venerdì 17 febbraio a giovedì 30 marzo un nuovo progetto espositivo, dedicato al grande fotografo Jacques Henri Lartigue (1894 - 1986): “L’invenzione della felicità”.

La mostra è curata da Denis Curti, Marion Perceval e Charles-Antoine Revol della Donation Jacques Henri Lartigue e realizzata in collaborazione con la Casa dei Tre Oci di Venezia e la Donation Jacques Henri Lartigue di Parigi.

Dopo il grande successo veneziano alla Casa dei Tre Oci e la successiva tournée presso alcune delle più prestigiose sedi espositive italiane, come il Museo Diocesano di Milano e il WeGil di Roma, la più grande retrospettiva mai dedicata in Italia all’opera del geniale fotografo della Belle Époque approda ad Alba nel cuore delle Langhe, con uno speciale display pensato appositamente per gli spazi della Fondazione Ferrero che include un nucleo fotografico inedito dedicata alle frequentazioni piemontesi del fotografo e di sua moglie Florette Ormea, concesso in esclusiva per questa mostra dalla Donation Jacques Henri Lartigue di Parigi.

Il percorso espositivo presenta 120 immagini, tra album di famiglia e scatti iconici che Lartigue ha collezionato nel corso della sua esistenza, e abbraccia un arco temporale che va dagli inizi amatoriali, fino alla consacrazione artistica avvenuta nel 1963, quando quasi settantenne il MOMA di New York decide di dedicargli un’importante personale, curata da John Szarkowski.

La selezione include la riproduzione del film documentario "Bonjour, Monsieur Lartigue!", realizzato dalla fotografa Elisabetta Catalano in occasione dell’omonima mostra al Grand Palais di Parigi del 1982.

Alle origini del concepimento di questo progetto espositivo si trova il preciso intento di raccontare per la prima volta il legame tra l’autore francese e il territorio piemontese, offrendo così un punto di vista più intimo e familiare sulla sua produzione. Proprio alla famiglia e all’amore per la terza moglie e musa Florette Ormea Lartigue (1921 – 2000), di origini italiane ma francese d’adozione, si deve la costruzione di questa relazione profonda con le Langhe e la nascita di un insieme di scatti ambientati a Piozzo che vengono presentati finalmente al pubblico in questo contesto.

Lartigue e Florette risiedevano tra la Costa Azzurra e l’Italia e hanno trascorso diverse estati a Piozzo, un piccolo borgo situato nella valle del fiume Tanaro, città natale della stessa Florette. Negli interminabili soggiorni vacanzieri presso la Casa del Suffragio di Piozzo, Lartigue, ormai fotografo affermato, scrive, respira la realtà di paese, si dedica alla pittura e all’ampliamento del suo corpus lavorativo con fotogrammi cittadini e amorevoli immagini del figlio Dany.

Spiega il curatore Denis Curti«In seguito a interminabili ricerche sulla umanità di questo pilastro della storia fotografica internazionale ed enfant prodige dell’obiettivo mi sono tornate alla mente le parole usate dal neo-direttore del dipartimento di fotografia del MOMA di New York per descrivere la potenza comunicativa intrinseca all’approccio innovativo di Lartigue. Secondo Szarkowski è molto più semplice per un fotografo anziano essere più interessante di un fotografo alle prime armi, poiché per raccontare il presente è necessario mostrare un punto di vista ogni volta più acuto, concettualmente sostanzioso e originale, in modo da colpire realmente il nostro sguardo ormai troppo anestetizzato dalla quotidianità. È la consapevolezza di quanto il tempo sia il vero critico di una fotografia a costituire l’elemento imprescindibile nel processo di testimonianza della propria epoca.

Partendo quindi dal presupposto che l’unico modo efficace per sopperire al perpetuo scorrere del tempo risiede nella memoria e nella sua relativa conoscenza mi sono reso conto di una necessità comune a tutti gli amanti degli scatti targati Jacques Henri Lartigue: la curiosità di riuscire a oltrepassare il limite fisico imposto dallo strumento fotografico per conquistare una panoramica voyeuristica sulla personalità dell’autore e, di conseguenza, tramandare il proprio pezzo di storia.

Si tratta di un processo analogo a quello che ha portato Richard Avedon a innamorarsi perdutamente degli scatti dell’autore francese. Per il fotografo statunitense quei fotogrammi riuscivano a trasmettere l’incondizionata dedizione di un padre affettuoso e presente, evidentemente più interessato a prendersi cura della propria famiglia invece di lasciarsi schiacciare dalla pesantezza morale di una società americana schiava dello status symbol economico (i ritratti della Famiglia Avedon venivano organizzati per raccontare scene di vita inesistenti; l’idea era quella di aspettare che i vicini benestanti partissero per le vacanze così da noleggiare un fotografo per farsi immortalare, vestiti di tutto punto e accompagnati da eleganti cani di razza, davanti a sontuose case coloniali, oppure a bordo di costosissime auto sportive). Agli occhi di Avedon gli scatti di Lartigue intessevano una connessione diretta con il suo vissuto di figlio, tristemente derubato di una sincera rappresentazione iconografica familiare.»

L’opera di Lartigue si caratterizza per l’approccio “umanista”, incentrato sul racconto della dimensione privata, sulla registrazione di quegli attimi di felicità che costituiscono la vita quotidiana. “L’invenzione della felicità” è proprio questo: la capacità di trattenerla, cristallizzarla e ritornare a guardarla ogni volta che lo si desidera, magari all’interno di uno dei 120 album di famiglia realizzati dall’autore nel corso della sua vita.  

Questa mostra vuole abbracciare il visitatore sotto un manto accogliente, quasi a creare una ‘comfort zone’ interamente dedicata alla felicità che, partendo dall’universalità vernacolare di un album di famiglia, si estenda alla collettività. 

Jacques Henry Lartigue

L’invenzione della felicità

a cura di Denis Curti

17 febbraio – 30 marzo 2023

 

Fondazione Ferrero

Strada di mezzo, 44, 12051 Alba (Cuneo) Italia

 

Ingresso gratuito

Orari: giovedì e venerdì 15 – 19 /

sabato, domenica e festivi 10 – 19

JACQUES HENRI LARTIGUE

Jacques Henri Lartigue nasce il 13 giugno del 1894 a Courbevoie (nella regione dell’Île de France) da una famiglia facoltosa, il padre Henri è un uomo d’affari appassionato di fotografia. Nel 1899 la famiglia si trasferisce a Parigi. Nel 1902 all’età di sette anni, Lartigue riceve in regalo dal padre la sua prima macchina fotografica. La sua attività di fotografo inizia qui: scatta e sviluppa le proprie foto dapprima con l’aiuto del genitore e subito dopo da solo. Ritrae il mondo che gli sta attorno, parenti, amici e, più in generale, la quotidianità della borghesia. A partire dal 1904 inizia con alcuni esperimenti fotografici. L’esempio più rappresentativo di queste prove è costituito dalle sovrimpressioni per creare foto di “pseudo fantasmi”. Automobili e aeroplani, ma più in generale il movimento, diverranno poi tra i soggetti preferiti da Lartigue. In questi anni comincia a delinearsi la filosofia che poi caratterizzerà tutta la sua vita: il culto della felicità, la ricerca di un idillio che non possa essere turbato da traumi profondi. Tale ideale, che si rispecchia a pieno con il periodo della Belle Époque, viene rappresentato dalle fotografie di serate mondane e eleganti dame a passeggio al Bois de Boulogne, che lo interessano fin da giovane. Parallelamente in piena prima guerra mondiale, Lartigue decide di dedicarsi alla pittura. In questi anni, lavora anche come scenografo, illustratore e fotografo di scena, iniziando a frequentare personalità di spicco del mondo dell’arte e cinema. Grazie ad Albert Plecy, influente personalità del mondo della fotografia in Francia, nel 1954 viene fondata l’associazione Gens d’Images e Lartigue ne diviene il vicepresidente., L’anno seguente Lartigue espone per la prima volta le sue fotografie alla Galerie d’Orsay, accanto ai lavori di Brassaï, Doisneau, e Man Ray. Il suo nome comincia a circolare, ma la sua vera fortuna come autore fotografico arriva soltanto nel 1963, anno in cui il MoMA di New York gli dedica la personale The Photographs of Jacques Henri Lartigue. Il portfolio della mostra viene pubblicato sul vendutissimo numero di Life dedicato all’assassinio del presidente Kennedy, e il nome e l’opera del fotografo vengono resi noti ad un pubblico vastissimo. Altre esposizioni e la pubblicazione di vari libri dedicati alla sua opera, fra i quali The Family Album, edito da Ami Guichard nel 1966, e Diary of a Century, ideato da Richard Avedon, ne rafforzeranno in seguito la fama, al punto che nel 1974 diventerà fotografo ufficiale del presidente francese. Da allora, pur continuando a fotografare per se stesso, dedicherà molto del suo tempo alle commissioni di riviste di moda e arti decorative. Muore il 12 settembre del 1986 a Nizza, all’età di novantadue anni, restando nell’immaginario della gente come il testimone privilegiato di un’età d’oro. Nel 1979, Jacques Henri Lartigue donò la sua collezione di fotografie, diari e macchine fotografiche allo stato francese. Le opere sono conservate alla Médiathèque de l’architecture et du patrimoine, e la Donation Jacques Henri Lartigue conserva e gestisce la collezione.

C. S.

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