Siamo ancora al Bimbo Kaba & More, la nota caffetteria nel centro della capitale ucraina di Kyiv. Qualche giorno fa abbiamo sentito la storia di Anya, che in questo momento è la direttrice del locale. Oggi incontriamo Danilo, un altro giovane dipendente della sede principale del “Bimbo”.
Danilo Maistrenko ha 24 anni, vive e lavora a Kyiv dal 2015 ma è nato a Bakhmut, città dell'Ucraina orientale che fa parte dell'oblast' di Donetsk e capoluogo dell'omonimo distretto. Si trova nella ormai famosa regione del Donbass, teatro del conflitto russo–ucraino già dal 2014. Dall’inizio della guerra, Bakhmut è stata tra i principali obiettivi dell’esercito russo, ad oggi è considerata il simbolo della resistenza ucraina.
"La vita fino al 24 febbraio è stata bella, anche spensierata – racconta Danilo – avevo tanto progetti e molti sogni. Sembrava una vita normale, anche se qualche momento di ansia era sopraggiunto qualche giorno prima, perché sentendo le voci riguardo alla possibilità di un evento come quello che c’è poi stato un minimo di beneficio del dubbio verrebbe a chiunque. Poi certo ti rispondi che non può essere reale".
"Il 24 febbraio, come molti ucraini, ero a casa che dormivo. Ricordo di essermi svegliato di soprassalto, con la sensazione di aver sentito un forte rumore, come un’esplosione. Sul momento pensai che fosse solo un sogno. Purtroppo, di lì a poco ci furono altre esplosioni e iniziarono ad arrivare messaggi: non era un sogno, era tutto vero. Fui preso da un forte senso di disperazione, gli allarmi aerei tagliavano l'aria come un coltello rovente e nei momenti di silenzio si potevano sentire soltanto i rumori delle rotelle dei trolley, delle valigie e delle auto. In un paio d'ore la città sembrava essersi estinta".
"Tutto questo era assurdo. Mi sembra di vivere sul set di un film post-apocalittico. L’unica cosa che mi dava un minimo di sollievo era sapere che i miei erano lì vicini. All’inizio avevo anche pensato di andare via da Kyiv. Poi però ho deciso di rimanere, ho riflettuto e pensato che ovunque fossi andato, comunque la guerra mi avrebbe trovato e probabilmente le speranze di sopravvivenza sarebbero state maggiori nella capitale del Paese. Avevo fiducia nelle nostre forze armate”.
Anche Danilo, come già raccontato da Anya, rimane diversi mesi a casa, il lavoro fermo poiché la caffetteria aveva deciso per la chiusura, ma rimane anche in costante contatto coi suoi colleghi. Kyiv, nonostante la situazione cerca comunque di ripartire, alcuni negozi riaprono e con loro anche il “Bimbo”.
“C’è stato un momento – racconta Danilo - in cui abbiamo capito che anche noi avremmo potuto ricominciare a lavorare. Anzi, a essere onesti volevamo lavorare. Da una parte avevamo bisogno di soldi per vivere, ma soprattutto sentivamo il bisogno di avere una sensazione di vita normale. All’inizio è sembrata una vacanza, un momento di gioia, avevamo un barlume di speranza, la sensazione che ho provato è stata come il primo respiro dopo una lunga immersione nell'acqua fredda. La vita sembrava avesse ripreso a scorrere in me e nei miei colleghi. I visi e i sorrisi dei clienti della nostra caffetteria non mi hanno mai regalato tanta felicità.
"Dal punto di vista pratico del lavoro, all’inizio è stato strano, diverso da come eravamo abituati. Il caffè si preparava con quello che era rimasto delle scorte, i dolci li compravamo anziché prepararli noi ed eravamo un numero di dipendenti più piccolo. Ora tutto è più 'normale'. C’è maggiore stabilità e continuità negli approvvigionamenti, i clienti aumentano, anche se ovviamente siamo lontani dai livelli che avevamo prima del 24 febbraio dello scorso anno. Le interruzioni di corrente complicano un poco il lavoro, ma grazie ai generatori si riesce a sopperire. Certo è che non è facile dal punto di vista commerciale. I prezzi stanno aumentando, ma i profitti rimangono quelli che sono".
"Le esplosioni continuano, si fanno sentire, ma oggi riesco a distinguere quando l’esplosione è a causa di un’azione della contraerea o quando, purtroppo, viene colpito un bersaglio. Al momento per fortuna si tratta per la maggior parte di esplosioni causate dalla difesa aerea e questo è rassicurante, si vede che siamo in buone mani”.