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Farinél | 19 marzo 2023, 12:15

Farinel/ “Colpiti da un improvviso benessere” che non possiamo dare per scontato

Gigi Rosso sarà ricordato martedì 21 marzo alle 20.45, in occasione della presentazione di Vinum, manifestazione di cui fu tra gli ideatori. Sarà l’occasione con cui la città di Alba, l’Ente Fiera e la Fondazione Radici ricorderanno uno di quei ragazzi diplomati alla scuola Enologica di Alba nel dopoguerra. Ragazzi come Renato Ratti, Beppe Colla, Giacomo Tachis, Michele Chiarlo e molti altri che hanno riscritto la storia dell’enologia piemontese

Gigi Rosso - foto da: archivio Radici

Gigi Rosso - foto da: archivio Radici

“Colpiti da improvviso benessere”, era la frase che ripeteva spesso il patriarca del vino Gigi Rosso per evidenziare la repentina ascesa delle colline di Langa, ma anche per ammonire riguardo a una condizione raggiunta, ma non per forza meritata, né, tantomeno, acquisita.

Gigi Rosso sarà ricordato martedì 21 marzo alle 20.45 nella sala storica del Teatro Sociale “G. Busca” di Alba, in occasione della presentazione di Vinum, manifestazione di cui fu tra gli ideatori. Sarà l’occasione con cui la città di Alba, l’Ente Fiera e la Fondazione Radici celebreranno, nell’ambito del progetto “Per Aspera ad Astra” voluto dall’assessorato alla città creativa Unesco, uno di quei ragazzi diplomati alla scuola Enologica nel dopoguerra. Ragazzi come Renato Ratti, Beppe Colla, Giacomo Tachis, Michele Chiarlo e molti altri che hanno riscritto la storia dell’enologia piemontese.

Lunedì scorso, 13 marzo, mi è stato chiesto di presentare un incontro con alcuni di quei ragazzi diplomati tra il 1949 e il 1955 nell’aula magna della scuola Enologica, alla presenza dei diplomandi delle classi seste. L’incontro è stata l’occasione per ripercorrere la stagione d’oro della scuola simbolo della città di Alba, una scuola che deve tornare ad essere al centro dei pensieri delle istituzioni, ma anche dei produttori che tra le storiche mura dell’istituto albese hanno messo le basi per diventare grandi.

La storia di Gigi Rosso è emblematica ed è la storia di un giovane ambizioso non rassegnato a una vita da attore non protagonista, come tanti suoi compagni di studi, tra cui pochissimi già proprietari di cantine.

Gigi Rosso dovette aspettare addirittura la soglia dei 50 anni per regalarsi una propria cantina, lo raccontò alla Fondazione Radici nelle interviste che realizzammo prima della sua scomparsa, nel 2018, quando Radici ancora non esisteva, se non come idea (o sogno) nella mente del figlio, l’editore Claudio Rosso, del fotografo Bruno Murialdo e del sottoscritto.

Gigi, come tutti lo chiamavano, nel 1946 era stato cresciuto dal nonno che aveva avuto quattro figlie e che lo aveva introdotto all’agricoltura e all’allevamento. Non avendo grandi possibilità economiche il nonno iscrisse il nipote alla “Scuola di Avviamento di tipo Agrario", che durava tre anni. Divorato dall'ansia di emergere, Gigi studiò tutta l'estate, e a ottobre diede gli esami di terza Avviamento, in tre mesi.

A quel punto il nonno capì che lo studio per quel ragazzo poteva essere la strada per affrancarsi da una povertà che nel dopoguerra sembrava nel destino di ogni langhetto, tirò la cinghia e iscrisse il nipote alla scuola Enologica, la scuola dove studiava l’elite dei produttori, non di Alba o del Piemonte, ma del Mondo intero.

Gli sforzi del nonno vennero ripagati e Gigi Rosso si diplomò come primo enotecnico del proprio anno, con una fornitura di 50.000 lire - a quei tempi - e una medaglia d'oro di Marone Cinzano, che era allora presidente della Scuola Enologica.

A consegnargli il diploma fu invece il grande Pinot Gallizio, professore di Erboristeria e Aromateria Enologica e liquoristica, solo in seguito artista di grande fama.

L’amico di sempre e per sempre era Renato Ratti, ma in quegli anni si diplomarono personaggi come Beppe Colla, Giacomo Tachis, Michele Chiarlo, Maurizio Gozzellino, l’inventore del Crodino, enotecnici che hanno rivoluzionato il mondo del vino piemontese e non solo, capaci di superare difficoltà e crisi, passati attraverso pagine epiche come la nascita delle doc e la realizzazione dell’acquedotto delle Langhe, ad opera di un altro grande del territorio Giacomo Oddero, ma anche superando pagine vergognose come lo scandalo del Metanolo.

Quel movimento partito dalla scuola Enologica, con l’affermazione della Ferrero, permise alle campagne di non spopolarsi e agli stessi residenti di questa zona di capire che quel vino che si produceva sulle colline del basso Piemonte poteva avere una commercializzazione e un futuro roseo. Un vino che, si sarebbero accorti in seguito, non sfigurava di fronte a nessun’altro, nemmeno ai nettari della Toscana o della Borgogna.

Tanti ragazzi partiti con la valigia di cartone che hanno portato i vini fuori regione e poi oltre confine, prima che i Bruno Ceretto e gli Angelo Gaja allargassero ulteriormente gli orizzonti portando Barolo e Barbaresco ad essere tra i vini più conosciuti e ricercati del Mondo, da Manhattan a Pechino, da Aruba alla Polinesia Francese.

Più si sale, però, e ce lo insegna Icaro, più si rischia di cadere rovinosamente se non si hanno ali solide a cui affidarsi. Ali che, nel nostro caso, sono tenute insieme da una grande storia che i giovani produttori di oggi devono conoscere e da cui non possono prescindere.

Chi nel 1955 si diplomava enotecnico oggi ha quasi 90 anni, Bruno Ceretto ha superato i 1.000 mesi, Angelo Gaja ha spento nel 2020 le 80 candeline.

Dietro di loro si muovono generazioni di produttori che hanno saputo consolidare il patrimonio ricevuto dai patriarchi che nel dopoguerra hanno riscritto la storia del nostro territorio, ma non sarà possibile vivere di rendita per sempre. Ora siamo di fronte a un’altra rivoluzione, l’ho capito ascoltando le domande dei ragazzi delle seste della scuola Enologica. Gli ostacoli per i diplomandi di oggi rispetto a quelli del dopoguerra sono diversi, non si chiamano povertà, Peronospera o Filossera, ma siccità e cambiamento climatico.

Una rivoluzione che potrebbe ripartire, ancora una volta, dalla scuola Enologica di Alba.

Chiudo con le parole di Gigi Rosso, che, essenziali e precise, come chi le ha pronunciate, ci invitano a conoscere e raccontare la storia della nostra terra: «Ad ogni modo, sarà, per chiunque lo vorrà descrivere, questo fenomeno della Langa, una cosa irripetibile, perché è quasi impossibile che in una medesima zona si ritrovino un prodotto come il Nebbiolo da Barolo e quello da Barbaresco, che nello stesso territorio si trovino decine di produttori che in modo coordinato o meno, puntino tutti alla crescita delle Langhe e che, contemporaneamente, ci sia uno sviluppo industriale a un livello planetario, come quello della Ferrero o della Miroglio di Alba. Abbiamo vissuto e aiutato una storia che sarà raccontata per molti anni».

Marcello Pasquero

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