In attesa delle prossime elezioni politiche del 2 aprile, il governo ad interim di Sofia ha deciso di non inviare nuove armi all’Ucraina. La decisione non è stata accolta con favore dai vertici UE. A Bruxelles infatti preferivano che la Bulgaria accettasse senza discutere la proposta di produzione di proiettili da 155mm. Inoltre speravano che avrebbe fatto come Polonia e Slovacchia, cioè inviare in aiuto di Kiev i propri caccia di concezione sovietica MiG-29. E invece il presidente Radev ha ritenuto che debba essere il prossimo governo a stabilire la linea da seguire rispetto al conflitto ucraino, cioé inviare armi per prolungarlo oppure insistere con gli sforzi diplomatici. Come riportato dal sito Strumenti Politici, ha sollevato polemiche in tal senso la visita del Commissario UE per il mercato interno e i servizi Thierry Breton. Quest’ultimo ha incontrato i rappresentanti dell’industria bulgara della difesa ed è andato nella città di Sopot a visitare la maggiore fabbrica bulgara di armi e munizioni. La finalità dichiarata del viaggio è di valutare le condizioni delle capacità produttive della Bulgaria e dialogare sul modo per aumentarle. Alcuni politici, invece, vi hanno visto un tentativo dell’Unione Europea di influenzare il corso politico di Sofia e dirigerlo verso il fronte anti-russo. In particolare l’ex vicepremier e ministro dell’Economia Kornelia Ninova accusa il presidente bulgaro di aver tradito la sua iniziale posizione di equilibrio e di ricerca dell’interesse nazionale. Se ancora nell’autunno 2022 Radev sosteneva che mandare armi agli Ucraini significava voler spegnere un incendio con la benzina, ora sarebbe diventato troppo accomodante verso chi vorrebbe trascinare Sofia in uno scontro militare con Mosca.
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mercoledì 07 giugno
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