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Provincia | 23 aprile 2023, 12:11

Farinel/ Il 25 aprile l’Italia celebra la Liberazione dal nazifascismo. Una festa che non può dividere

«Il 25 Aprile è una festa fondante. Io vorrei che diventasse anche una festa di futuro», ha dichiarato il presidente leghista del Veneto Luca Zaia ribadendo come non sia possibile fare dei distinguo in una giornata in cui si celebra la liberazione dal nazifascismo

Farinel/ Il 25 aprile l’Italia celebra la Liberazione dal nazifascismo. Una festa che non può dividere

A gettare acqua sul fuoco delle immancabili (ma di cui faremmo volentieri a meno), polemiche che ogni anno popolano giornali e telegiornali ci ha pensato uno dei leader del centrodestra, il presidente della regione Veneto Luca Zaia.

L’uomo che in tanti vorrebbero come futura guida del Carroccio, intervistato dal Corriere della Sera, ha parlato di una “Festa fondante” e ha aggiunto: «Dato che siamo al 78esimo festeggiamento, non dimentichiamo mai che dall’8 settembre 1943 in questo paese si è combattuta una guerra di Resistenza. Ed è fondante perché la liberazione dal nazifascismo è una cosa per cui non hanno combattuto soltanto coloro che erano in armi. Ma ha coinvolto, donne, bambini, civili. E vanno ricordati gli ebrei sterminati e anche i non italiani che hanno partecipato. È stata una guerra del mondo. Ma è anche attualità».

Zaia dice semplicemente una cosa che dovrebbe essere ovvia per qualsiasi persona di buon senso in qualsiasi angolo d’Italia e di qualsivoglia colore politico, perché il 25 aprile si celebra la liberazione del nostro paese da un invasore antidemocratico.

Ci possono essere dei distinguo? A mio parere no. Abbinare le fragole con gli asparagi può piacere o meno, si può preferire un colore a un altro, tifare una squadra e disprezzarne un’altra, a qualcuno potrebbe persino non piacere la bagna caoda, ma non ci si può dividere sul 25 aprile, perché il 25 aprile rappresenta qualcosa di estremamente chiaro: la liberazione dell’Italia dal regime nazifascista. Non è qualcosa di opinabile, non ha colori o partiti politici, a meno che non si preferisca rinunciare a tutte le proprie libertà per vivere in un regime nazifascista. Tranquilli nessuno, nemmeno il più nostalgico degli ignoranti, può immaginare come si sia vissuto nella nostra provincia e nel resto d’Italia durante l’occupazione nazifascista.

La nostra provincia non a caso è stata scelta tra le 100 italiane dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per trascorrere il 25 aprile, questo non può che essere un motivo di orgoglio per ogni cuneese. La prima carica dello Stato, 82 anni a luglio, martedì mattina sarà all’Altare della patria, a Roma, di buon’ora per poi arrivare a Cuneo alle 11. Sentire qualche cuneese parlare del disagio per l’annullamento del mercato di fronte alla possibilità di vivere una giornata storica fa veramente riflettere.

A Cuneo Mattarella sarà prima al parco della Resistenza e poi al Teatro Toselli per la cerimonia ufficiale. In mezzo si concederà una visita privata al museo-casa Galimberti, dove l’eroe nazionale Duccio Galimberti pronunciò lo storico discorso: «La guerra continua fino alla cacciata dell’ultimo tedesco». Galimberti sarà poi ucciso dai nazifascisti il 3 dicembre 1944 a Centallo e con il suo sacrificio, e quello di tanti ragazzi cuneesi, farà sì che Cuneo venga insignita della medaglia d’oro al valor militare il 1° agosto 1947.

Nel pomeriggio il presidente della Repubblica visiterà il Memoriale della deportazione di Borgo San Dalmazzo e visiterà il museo “Memo4345”, dedicato agli ebrei deportati da Borgo tra il 1943 e il 1944.

Cosa successe a Borgo San Dalmazzo in Il 21 novembre 1943 lo ha ricordato bene Pier Giuseppe Accornero nell’articolo pubblicato su “La voce e il tempo”: «Quel giorno furono ammassate sul piazzale della stazione ferroviaria 329 persone, uomini, donne, bambini: ammassati sui carri bestiame, furono condotti prima al campo di Drancy, presso Parigi e poi ad Auschwitz, dove 311 di loro furono uccisi. Erano ebrei stranieri, in fuga dalla Francia, rinchiusi da due mesi nel campo di concentramento allestito a Borgo. Il 15 febbraio 1944, altri 26 ebrei furono deportati da questa stazione, diretti a Fossoli e poi Auschwitz o Buchenwald. Solo due di loro sopravvissero. Nel 2000 Borgo San Dalmazzo ha ricevuto la medaglia d’oro al merito civile per l’aiuto offerto agli ebrei».

Mattarella sarà in seguito a Boves, teatro del primo eccidio nazifascista il 19 settembre 1943 che fece di Boves la prima città martire. Oltre 350 abitazioni date alle fiamme 25 innocenti uccisi barbaramente tra cui don Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo che diedero la vita per salvare la popolazione. Al primo eccidio ne seguirà un secondo che lascerà sul terreno 59 morti. Come scrive Accornero: «Giovedì 16 settembre 1943 il maggiore delle SS Joachim Peiper piomba a Boves, raduna gli uomini e abbaia la minaccia: “I ribelli nascosti sulle montagne si consegnino o Boves sarà distrutta”. Punta il cannone e spara contro i monti verso il santuario Sant’Antonio e colpisce la statua del santo. La sera del 19 settembre 1943 tutta Boves brucia: un orrendo rogo e 24 assassinati, tra cui il parroco Bernardi, 46 anni, e il viceparroco Ghibaudo, 23 anni, che vengono beatificati a Boves il 16 ottobre 2022, dal cardinale Marcello Semeraro. I sopravvissuti, allora ragazzini, ricordano i due preti che portano in salvo più persone possibile, fanno fuggire bambini e anziani, benedicono e assolvono la gente che corre impazzita per le strade».

Ci si può dividere di fronte a quanto successo a Cuneo, a Borgo San Dalmazzo e a Boves? Ci possono essere dei distinguo di fronte ai corpi trucidati di cinque giovani partigiani della Brigata Garibaldi Luciano Robino, Bruno Albione, Ernesto Torre, Carlo Vizzo e un milite ignoto, trucidati dai nazifascisti a Santo Stefano Belbo ed esposti in piazza a Canelli come un trofeo il 14 giugno 1944? No, è l’unica risposta possibile. Buona Festa della Liberazione a tutti gli italiani.

Marcello Pasquero

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