Da tempo volevo dedicare una puntata di questa rubrica al ciclismo, allo sport che più amo. Uno sport intriso di fatica e sudore, fatto di cadute e rinascite, di trionfi e di terribili crolli, di pochi grandi campioni e tanti gregari, uno sport profondamente denso di poesia e lirismo che è metafora della vita stessa.
L’emozionante tappa di ieri, già entrata nella storia del Giro d’Italia, mi ha fatto capitolare: come avrete capito il giorno in cui scriverò di ciclismo nel Farinèl è oggi.
Per chi se la fosse persa o non fosse appassionato di due ruote, la corsa Rosa ha approcciato la penultima tappa, la cronoscalata di Monte Lussari con un padrone, il gallese Geraint Thomas, uno dei più grandi interpreti delle corse a tappe degli ultimi tre lustri e due sfidanti: lo sloveno Primoz Roglic, stella di prima grandezza nel firmamento delle due ruote, plurivittorioso alla Vuelta e a un passo dal trionfo al Tour de France nel 2020 e dall’altra l’emergente Joao Almeida, la quota portoghese di quel movimento di ciclisti che tra Benelux, Slovenia, Colombia e Portogallo, appunto, promette di dominare le corse a tappe per un decennio.
Dopo 20 giorni di gara, quasi 100 ore di corsa, due cronometro, più di 20 mila metri di dislivello e tremila km sul sellino i tre moschettieri sono divisi da qualcosa come trenta piccolissimi, effimeri, secondi, eppure sufficienti a tracciare la differenza tra il trionfo e la disfatta.
Sono lontani i tempi della frase di Nicolò Carosio rimasta negli annali: «Primo Fausto Coppi, in attesa di altri concorrenti trasmettiamo musica da ballo», per la cronaca il primo dei secondi arrivò dopo 14 minuti.
Nel ciclismo moderno, che dopo il truffatore Armstrong e i troppi occhi chiusi sulle vergogne del doping di fine anni Novanta e inizio anni Duemila, oggi si è dato una bella ripulita tornando a recuperare in credibilità e seguito, si vince o si perde per una manciata di secondi.
Lo sanno bene i campioni delle due ruote che per una ventina di giorni hanno centellinato le forze per non rischiare il fuori giri per dare tutto nella cronoscalata di ieri, sabato 27 maggio.
Lo sceneggiatore è uno bravo e anche un po’ fortunato perché si arriva alla penultima tappa, quella decisiva, in un contesto a dir poco perfetto, con traguardo, in uno dei luoghi più belli e incontaminati del nostro meraviglioso paese, letteralmente a pochi passi dalla Slovenia, due milioni di abitanti, con la concentrazione di sportivi più alta del Mondo.
Secondo, con 26 secondi di ritardo da Geraint Thomas, a dispetto del nome, è Primoz Roglic, che proprio a causa di una cronoscalata ha perso il Tour de France e ora promette battaglia. A sospingerlo oltre 100 mila sloveni. Si dice che per un giorno Monte Lussari abbia superato gli abitanti della capitale Lubiana esagerando, chiaramente, ma nemmeno troppo.
L’avvio è compassato, i primi 10 km sono i più pedalabili prima dell’inferno del tratto finale: 8 km a una media del 10% di pendenza con picchi del 22%, sul cemento, livello di difficoltà estremo.
Alberto Contador, non l’ultimo arrivato, vincitore di Giro, Tour e Vuelta, assicura: “E’ la salita più dura su cui abbia mai pedalato”.
Al primo rilevamento cronometrico Thomas e Roglic si equivalgono, lo sloveno ha rosicchiato due secondini, è necessario un cambio di rotta, ma tutto lascia pensare che la tappa si possa chiudere senza un cambiamento sostanziale dei valori in campo.
Al secondo intermedio, quando mancano 4 km all’arrivo, Roglic ha 16 secondi di vantaggio, ne deve ancora recuperare dieci, quello che sembrava improbabile sta diventando realtà. Il pubblico lo capisce e si esalta, i tornanti e gli strappi del Monte Lussari, grondano passione e sospingono il capitano della Jumbo Visma.
Si gioca tutto sul filo dei secondi in un finale non adatto ai deboli di cuore. A poco più di 2.200 metri dall’arrivo ecco che il fato sembra metterci lo zampino, Roglic, complice un avvallamento, commette un errore, cambia, probabilmente, troppo velocemente rapporto e la catena esce dalla propria sede.
Il campione sloveno mette il piede a terra, perde ben 23”. Un’eternità. Tutto il vantaggio guadagnato in oltre mezz’ora di fatica. È finita. Lo sanno i compagni di squadra che si disperano, lo sanno i commentatori che assegnano la vittoria a Thomas, la prima volta per un trentasettenne nella storia del Giro.
L’unico a non saperlo è Primoz Roglic, che si alza sui pedali e torna a sfidare il destino non rassegnandosi all’ineluttabilità.
Negli ultimi 2.200 metri del corridore della Jumbo Visma c’è tutto e c’è prima di tutto la dimostrazione che non possono esserci limiti per chi crede nelle proprie capacità e nel proprio potenziale. Lo sloveno sembra fluttuare più che pedalare, macina il cemento e vola verso il traguardo.
Il primo responso fa sognare i tifosi sloveni: Roglic frantuma il primato di Joao Almeida di ben 75 secondi, un’eternità nel ciclismo moderno, nonostante il problema meccanico. La sensazione è già di avere assistito a un’impresa sportiva che finirà nella storia del ciclismo, ma manca ancora la ciliegina.
Resta solo da aspettare l’ultimo a partire, il leader della corsa, Geraint Thomas. ll tempo fermato da Primoz Roglic è di 44'23". Il corridore gallese ha in dote un “tesoretto” di 26 secondi.
La Slovenia si ferma, il cuore di un intero paese smette di battere quando il cronometro di Geraint Thomas supera i 44’ e 23”. Mancano ancora 300 metri all’arrivo e allora è possibile sognare che sia avvenuto qualcosa che pochi minuti prima sembrava impossibile. La lancetta dei secondi arriva a 30, poi a 40, lo spartiacque è a 44’ e 49”. Mancano nove secondi al trionfo di un popolo intero.
Quando il cronometro supera i 44’49” Geraint Thomas è a 130 metri dall’arrivo. Passeranno altri 14”, di fiele per il gallese, dolcissimi per Roglic e per tutta la Slovenia che esplode di gioia.
«La gente mi ha dato qualcosa in più. La speranza, la voglia di lottare. È incredibile. Non pensavo fosse tutto perduto dopo il problema meccanico, certo, non l’avevo programmato, ma è successo, ho rimesso su la catena e sono ripartito», commenterà, raggiante, Primoz Roglic, arrivato al ciclismo a soli 22 anni, dopo essere stato campione di salto con gli sci.
Il primo a complimentarsi con la nuova maglia Rosa sarà proprio l’uomo che l’ha indossata fino a pochi minuti prima: Geraint Thomas e a stupirsi è solo chi non conosce il ciclismo, questo sport intriso di sudore e poesia che riesce ancora a raccontare grandi imprese, trionfi, ma anche sconfitte a loro modo epiche e piene di dignità.
Chiudo con una citazione che mi sta particolarmente a cuore: “Cadrò, cadrò sempre. Cadrò fino all’ultimo giorno della mia vita, ma sognando di volare”. In questa meravigliosa frase del poeta e giornalista Alfonso Gatto, c’è l’unicità di uno sport come il ciclismo che riesce ancora a emozionare e a far sognare generazioni di appassionati.