Ieri sera ho partecipato al concerto per il nono compleanno del riconoscimento Unesco ai paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato. Davanti a un folto pubblico, nel meraviglioso parco del castello di Grinzane Cavour, con l’organizzazione dell’Enoteca regionale Cavour del presidente Roberto Bodrito e del direttore Marco Scuderi e la collaborazione di Alba Music Festival, si sono esibiti il giovane violinista prodigio Teo Gertler e, al pianoforte, Antonio Gomena.
Gertler è un ragazzo prodigio, un quindicenne solista slovacco-ungherese, apprezzato in Europa per la sua brillante tecnica e la sua interpretazione intensa, con il suo strumento del 1681, frutto del lavoro del maestro liutaio Andrea Guarneri di Cremona. Non da meno Gomena, un formidabile talento che ha al suo attivo esibizioni in numerosi festival nazionali e internazionali.
Mentre Gertler si esibiva sulle note della rockstar del violino Niccolò Paganini guardando sullo sfondo Serralunga, Monforte e gli altri paesi che rendono unica la vista dal castello di Grinzane ancora una volta ho avuto la sensazione di essere innamorato di quella che ho la fortuna di poter definire casa mia.
A certe cose non ci si può abituare, è impossibile provare assuefazione per la bellezza. In quell’atmosfera magica mi è venuto da pensare che queste colline siano sempre state un patrimonio dell’umanità, anche quando la terra era grama e i contadini non producevano Baroli da 100 euro la bottiglia.
Oggi tutti ce ne rendiamo conto perché vediamo un ritorno economico da tutta questa bellezza, ma non è stato sempre così, anzi, ci furono dei fieri oppositori al riconoscimento Unesco che veniva visto come un freno alla crescita della cementificazione sulle colline, in modo particolare nel Roero, dove i sindaci di Priocca, Govone e Castellinaldo arrivarono a scrivere all’allora presidente della provincia Costa di non azzardarsi a inserire i loro comuni nella candidatura Unesco.
Non era mai successo prima e il Mondo è un posto abbastanza grande.
Una miopia che è stata curata dal tempo, perché oggi quegli stessi amministratori farebbero carte false per poter cancellare il passato e le firme, con una rivincita per chi ha sempre creduto nelle opportunità che il riconoscimento Unesco poteva portare. Dal canellese, dove tutto è partito, al primo cittadino di Alba Beppe Rossetto che diede grande slancio alla candidatura per arrivare all’attuale associazione che ne tutela la conservazione con presidente Giovanna Quaglia e direttore Roberto Cerrato.
Grazie al lavoro di tante persone e nonostante l’ostracismo di pochi il 22 giugno 2014 le colline dei Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte Langhe-Roero e Monferrato sono state dichiarate Patrimonio Mondiale, cinquantesimo sito UNESCO italiano.
La notizia arrivò dal Comitato Mondiale di Parigi riunito a Doha, in Qatar, con queste parole: “Esso costituisce un eccezionale ed emblematico paesaggio culturale di vigneti collinari particolarmente armoniosi. Presenta numerose delicate sfumature estetiche e culturali, testimoniando un rapporto profondo stabilito tra le persone e il loro ambiente naturale”.
L’Unesco ci stava dicendo: “Guardate che vivete in un posto unico al Mondo anche se non ve ne siete mai accorti”. Lo ha detto con una tale veemenza che, a nove anni di distanza, quel riconoscimento ci è entrato dentro e ne facciamo sfoggio con chiunque non abbia avuto la fortuna di nascere su queste colline.
L’Unesco, alla fine, non ha portato impedimenti, sempre a dispetto dei pochi gufi di cui sopra, ma opportunità, non ha impedito la cementificazione, ha semplicemente insegnato che forse non era il caso di continuare a costruire brutte case su bellissimi bricchi e che forse costruendo un capannone industriale era meglio salire prima sulla collina più vicina per analizzare i coni visuali e fare attenzione all’impatto visivo che quel capannone poteva avere. In Toscana e in Francia si faceva da oltre 50 anni, senza che questo creasse scompensi ad alcuno.
Oggi ogni volta che ci guardiamo intorno abbiamo la sensazione, anzi, la certezza di vivere circondati dalla bellezza. Una bellezza fragile che va preservata in vista delle tante celebrazioni previste nel 2024, in occasione del decennale dal riconoscimento.
Riconoscimento che non è raggiunto e basta, ma va preservato, conservato, va narrato alle commissioni che effettuano le revisioni periodiche e che possono anche decidere di eliminare dalla lista del patrimonio dell’umanità un sito. Per questo abbiamo tutti una grande responsabilità ogni volta che ci affacciamo dal belvedere di Grinzane Cavour o sulle colline di Roero, Monferrato o Alta Langa, meno pettinate, ma altrettanto belle.
E’ importante ricordare che L’Unesco- Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, è stata istituita a Parigi 4 novembre 1946, è nata dalla generale consapevolezza che gli accordi politici ed economici non sono sufficienti per costruire una pace duratura e che essa debba essere fondata sull'educazione, la scienza, la cultura e la collaborazione fra nazioni, al fine di assicurare il rispetto universale della giustizia, della legge, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che la Carta delle Nazioni Unite riconosce a tutti i popoli, senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o di religione.
Dopo le atrocità e l’enorme perdita di vite umane causate dai conflitti mondiali della prima metà del XX, gli Stati appartenenti alle Nazioni Unite hanno voluto aprire il preambolo che istituisce l’UNESCO con la seguente affermazione: “I Governi degli Stati membri della presente Convenzione, in nome dei loro popoli, dichiarano: che, poiché le guerre nascono nella mente degli uomini, è nello spirito degli uomini che devono essere poste le difese della pace.”
La bellezza, insomma, è la cura per le brutture che avvengono nel Mondo, un monito oggi più che mai attuale mentre da anni soffiano venti di nuove guerre in Europa e allora non resta che augurare “Buon compleanno Unesco”.