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Attualità | 15 settembre 2023, 07:06

Piemontese in crisi: “Prezzo fermo al 2018. Manca la collaborazione tra operatori delle filiere che la commercializzano"

Da anni è a quatto euro al chilo, nonostante i costi di produzione siano aumentati. Arap e Anaborapi confermano come il problema evidenziato sia reale, ma restano amareggiati per le modalità della lettera degli allevatori: “Noi chiamati in causa, ma siamo tecnici che lavorano per far sì che il prodotto continui ad essere di qualità"

Piemontese in crisi: “Prezzo fermo al 2018. Manca la collaborazione tra operatori delle filiere che la commercializzano"

La crisi della Piemontese, sollevata dal margaro e allevatore di Canosio Michele Colombero attraverso una lettera inviata agli organi di stampa e sottoscritta in tre giorni da circa 50 aziende, ha portato a galla una situazione che anche le associazioni legate alla categoria evidenziano.

In particolare Arap (l’Associazione Regionale Allevatori Piemonte che raccoglie circa 6.300 soci, di cui 3.900 legati alla Piemontese) e Anaborapi (l’Associazione Nazionale di Allevatori di Bovini di Razza Piemontese) citati nella missiva e il cui lavoro è stato definito “fallimentare” confermano come il problema sia reale, ma si smarcano dalle critiche ricevute.

“Da allevatore - sostiene il presidente Ananaborapi, Andrea Rabino, 39enne e allevatore di 230 capi di razza Piemontese di Villafranca D’Asti - condivido pienamente le preoccupazioni ed anche lo sconforto di Colombero, non condivido assolutamente l’attacco ad Anaborapi ed Arap, due organizzazioni di tipo tecnico che da sempre lavorano per gli allevatori.”

Dello stesso avviso il direttore di Arap Tiziano Valperga il quale si dice “Amareggiato, perché siamo stati chiamati in causa in una discussione in cui si critica la promozione della Piemontese, un aspetto che non ci compete, nonostante lo portiamo avanti con molti eventi sul territorio."

"Prima ancora che la lettera fosse pubblicata - prosegue Rabino di Anaborapi - l’abbiamo ricevuta, ci siamo dati subito disponibili ad un incontro: ad oggi non abbiamo ricevuto risposta. Sono convinto che sia importante lavorare per portare avanti questioni concrete anziché fare proclami che al più favoriscono chi specula sulla nostra produzione e non si lascia certo intenerire dai nostri problemi".

"Parliamo ad esempio dell’IGP 'Vitellone Piemontese della Coscia' - continua Rabino -  ritengo che la prestigiosa denominazione di origine che abbiamo ottenuto a fine 2016 ed, ahimè, abbiamo lasciato ferma per troppo tempo, sarebbe in grado di valorizzare la nostra produzione, favorendone la commercializzazione in particolare in quelle zone del nostro paese dove essa è ancora poco conosciuta. Accanto a questo, l’IGP permetterebbe l’accesso ad importanti risorse comunitarie, attualmente  precluse alla filiera della Piemontese”.

Mentre non commenta le affermazioni del lupo, definite nella lettera del margaro di Canosio: “Una zecca su un’animale in fin di vita” così come le dichiarazioni sui contributi Pac “lenzuolo con cui abbiamo coperto le criticità del nostro lavoro che ha fatto gola a tutti” e che si è “accorciato tremendamente”

Sul discorso qualità del prodotto il presidente di Anaborapi è d’accordo con Colombero: non si deve mai perdere di vista. 

"Lavoriamo con i nostri tecnici - dichiara il direttore di Arap Valperga  - per la raccolta di dati nelle aziende e per far sì che il prodotto sia sempre di maggiore qualità. Perché, vogliamo dirlo chiaramente, la qualità della Piemontese è alta anche se abbiamo ancora margini di miglioramento. Ma non si deve arretrare, dobbiamo sempre cercare di alzare l’asticella.”

"Il problema - sostiene Valperga - è che manca la collaborazione tra gli operatori delle filiere che commercializzano la Piemontese. Ognuno rema per sé quando, specie in momenti difficili come questo, sarebbe fondamentale collaborare e unire gli sforzi. C’è una crisi del mercato perché il prezzo della Piemontese è lo stesso, se non inferiore, dal 2018. Parliamo di un 4 euro al chilo peso vivo per il vitellone. Gli svezzati da ristallo sono scesi, in molti casi, sotto i mille euro, quando anni fa erano a 1.300-1.500. Questo in un contesto, vedi l’ultimo anno, dove i costi sono aumentati per inflazione, materie prime e, anche, per la siccità. A questo presumiamo si possa aggiungere che il potere di acquisto delle famiglie sia diminuito e che quindi ha inficiato in negativo sui prodotti di alta gamma, come le carni da razze autoctone.”

“Per rilanciare la Piemontese occorre puntare sui punti di forza - conclude Valperga - che sono principalmente la qualità della carne e la sostenibilità dell’allevamento. La piemontese infatti è allevata con sistemi sostenibili che prevedono il pascolo e in molti casi l’alpeggio, sistemi funzionali al corretto presidio del territorio radicati da sempre in chi alleva Piemontese certificata. Occorre inoltre uscire dai nostri confini e cercare sbocchi di mercato fuori dall’areale tipico dell’allevamento della Piemontese."

Daniele Caponnetto

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