In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti» (Mt 21,33-43).
Oggi, 8 ottobre, la Chiesa giunge alla XXVII domenica del tempo ordinario (Anno A, colore liturgico verde). A commentare il Vangelo della Santa Messa è don Paul Remjika, sacerdote dell’Arcidiocesi di Bamenda (Camerun), per qualche tempo in servizio nella parrocchia di Santa Lucia, a San Giovanni in Fiore (Cosenza).
Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di Luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole che sono come scintille per accendere le ragioni della speranza che è in noi.
Eccolo, il commento.
Nel passo del Vangelo, Gesù racconta la parabola della vigna ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo. Da questa parabola si evince, da un lato, l’infinita bontà, pazienza e misericordia di Dio nei suoi rapporti con gli uomini.
Dall’altro lato, troviamo gli abissi di malvagità e ingratitudine a cui l’uomo può arrivare. Al suo popolo eletto dell’Antico Testamento Dio aveva dato la sua rivelazione, la sua protezione, una propria patria in Canaan, e tutto questo per prepararli al futuro Messia. In cambio chiedeva solo la loro collaborazione. Ma essi avevano altri piani: volevano un regno sulla terra.
Eppure Dio fu paziente; perdonò più volte le loro infedeltà. Inviò un profeta dopo l’altro per richiamarli alla ragione, ma essi maltrattarono questi messaggeri e rifiutarono di ascoltare gli avvertimenti. Infine, ai crimini di infedeltà e ingiustizia aggiunsero l’omicidio del Figlio di Dio.
L’immagine del popolo d’Israele come vigna del Signore era un’immagine profetica familiare. Il profeta Isaia usa questa immagine nella prima lettura: «La vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele» (Is 5,7). Nostro Signore aveva certamente in mente questa immagine quando parlò con questa parabola. Intendeva mostrare ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo che, pur essendo stati in passato il popolo eletto da Dio, avevano perso ogni diritto al nuovo regno di Dio a causa della loro infedeltà e disobbedienza nei suoi confronti.