Continua l’appuntamento periodico con una nuova rubrica all’interno dei quotidiani del nostro gruppo editoriale Morenews: Progetto Campioni.
Paola Mascherin ci racconterà i profili dei giovani atleti più interessanti del nord ovest, per provenienza o militanza.
Oggi conosciamo Sara Bonifacio, pallavolista classe 1996 dell’Agil Volley nativa di Alba. Sara ci racconta i suoi primi passi sotto rete e l’amore per la pallavolo, che dopo tanto impegno l’ha portata a raggiungere obiettivi importanti, tra cui vestire la maglia della Nazionale Italiana.
Sara, come ti sei appassionata alla pallavolo?
“Quando avevo 6 anni ho frequentato il primo corso di minivolley ma non mi era piaciuto particolarmente, infatti ho smesso poco dopo. A 12 anni ho ricominciato a giocare per fare qualcosa insieme alle mie amiche, ho dato alla pallavolo una seconda possibilità e alla fine mi sono appassionata.”
Chi è il tuo idolo e a chi ti ispiri?
“Questa domanda me l’hanno fatta diverse volte negli anni ma non ho mai avuto una vera e propria risposta definitiva. Ho avuto la fortuna di giocare e conoscere tante professioniste durante la mia carriera e preferisco prendere esempio da tutte le piccole diversità che ognuna porta in campo. Non mi sono mai focalizzata su qualcuno in particolare anzi, mi piace guardare i migliori e prendermi qualcosina da ognuno di loro.”
Quando hai capito che nella vita avresti voluto fare della tua passione la tua professione?
“Io sono rimasta a giocare a casa nella mia cittadina fino a 14 anni, poi sono andata al Club Italia a Milano. Lì mi è stata richiesta una dedizione e un impegno diverso, ho vissuto fin da subito la pallavolo in un modo più professionale che mi ha dato una reale prospettiva di professione. Essendo in un contesto dove tutti sono a disposizione per farti crescere come giocatrice capisci di avere un prospetto futuro importante e di potercela fare. Inoltre ho sempre saputo che nella mia vita la protagonista sarebbe stata la pallavolo, in un altro contesto non mi ci vedevo, era ed è tutt’ora il mio mondo.”
Che cosa ti appassiona della pallavolo?
“Mi appassiona che sia uno sport molto tecnico, è richiesto grande focus, velocità e precisione, anche se alla fine un'azione di pallavolo dura pochi secondi. Per rimanere a certi livelli nonostante l’esperienza bisogna sempre esserci con la testa, stare sul pezzo ed è una cosa molto stressante psicologicamente, ma a me è sempre piaciuto. La pallavolo richiede grande mentalità e a volte è facile perdersi un po’, ma per essere al meglio bisogna sempre esserci con la testa.”
Pensi di essere nata con un talento?
“Con un talento forse no però penso che non sia da tutti fare certi sacrifici. Ci vuole coraggio per scegliere di andare via di casa molto giovani per inseguire una passione e farne il centro della tua attenzione.”
Com’è andare via di casa molto giovane?
“Per certi versi una grande fortuna, un’ambiente del genere ti apre gli occhi a tante cose. Mi è sempre stata richiesta molta professionalità e a volte è stato pesante, sicuramente mi sono persa delle tappe importanti della mia adolescenza. Sono cresciuta in fretta e rispetto ai miei coetanei vedevo le cose in maniera diversa, forse più matura. Ho avuto la fortuna di vivere esperienze straordinarie e conosce tante persone di nazionalità diverse, ho avuto l’occasione di viaggiare tanto e avere uno sguardo sul mondo esterno. Ho fatto esperienze per cui sono molto grata e che mi hanno mostrato diverse realtà.
Che tipo di impegno richiedeva conciliare studio e sport?
“Per me è stato molto faticoso, tante volte la scuola non ti dava una mano ma il fatto che giocavo era quasi un intralcio allo studio. Tutto sommato penso di essere stata abbastanza fortunata, ho avuto alcuni professori comprensivi e che capivano, altri invece no. Ovviamente la presenza agli allenamenti è richiesta sempre e se dovevo studiare facevo le ore piccole.”
Com’è stato passare dalle giovanili a una prima squadra?
“Molto difficile ma in senso positivo, è totalmente diverso perché ti ritrovi a condividere lo spogliatoio con gente che magari è all’ultimo anno di carriera, gente che ha vinto tutto e ovviamente fa un certo effetto ma è incredibile.”
Quanto è importante il gruppo nella pallavolo?
“Quando il gruppo squadra funziona è completamente un'altra cosa, non saprei neanche come spiegarlo. Quando lo spogliatoio è coeso e ricco di spirito di gruppo c’è proprio un'energia diversa, le cose vengono meglio e quando vanno male è più facile rialzarsi. Si scende in campo con una fiducia diversa.”
Dopo tanti anni di pallavolo cosa continua ad alimentare la tua passione per questo sport?
“Sicuramente il raggiungimento degli obiettivi. Io sono tanti anni che gioco a Novara, sono contenta di stare qui e mi piace l’ambiente. Sono emotivamente attaccata a questa maglia e ci tengo molto a vincere qualcosa. In passato è già successo e sogno in futuro di alzare altri trofei con questa società.”
Come hai superato e consigli di superare i momenti bui?
“I momenti bui ci sono sempre, fanno parte dello sport e della vita, tante volte si cerca subito una soluzione frettolosamente ma secondo me a volte serve solo tempo. Capiterà sempre qualcosa di poco piacevole ma l’importante è non perdere la testa e la lucidità, a volte c’è bisogno di farsi scivolare addosso le cose. Bisogna andare avanti, senza fasciarsi la testa e avendo la consapevolezza che le cose andranno meglio.”
Cosa provi quando sei in campo?
"Provo sempre un po’ di nervosismo, quell’ansietta che muove un po’ la pancia e che penso sia necessaria. Avere tensione secondo me significa tenerci, avere voglia di dimostrare quello per cui ti alleni e di raggiungere gli obiettivi.”
Come vivi lo spogliatoio?
“Non sono mai stata la prima delle estroverse, quando ero più piccola ero un po’ più timorosa e silenziosa, crescendo mi sono aperta e lo vivo più tranquillamente. Quest’anno siamo un gruppo fantastico, riusciamo a capirci bene e sono proprio contenta dello spirito di questa squadra.”
Che significato hanno per te vittoria e sconfitta?
“La vittoria è il primo obiettivo di ogni squadra e dello sport in generale. Si gioca per vincere e farlo aiuta a costruirti la giusta mentalità per continuare a portare a casa dei risultati. La sconfitta può essere presa nella maniera sbagliata e demoralizza, ma in fondo se si perde è perché gli avversari hanno giocato meglio e sono stati più bravi. La sconfitta necessita l’intelligenza e l’umiltà di mettersi lì e analizzarla, per capire gli sbagli e ricavarne qualcosa di buono per la partita successiva. Una sconfitta può aiutare molto se presa nel modo corretto.”
Cosa si prova a vestire la maglia della Nazionale?
“È un grande gratificazione personale. Secondo me in Nazionale rispetto al club conta molto il talento individuale perché ad essere chiamata è la persona, quindi come obiettivo personale è fantastico. Vestire la maglia azzurra e rappresentare il tuo paese è un onore. Quando ho cominciato a giocare mai avrei immaginato di arrivare a farlo.”
Che cosa ti fa capire che tutti i sacrifici che hai fatto ne sono valsa la pena?
“Sicuramente l’emozione di quando porti a casa un risultato perché ripenso a tutto ciò che ho fatto per arrivare dove sono ora, allo stesso tempo però è anche riduttivo; io non penso che se non si vinca qualcosa non ne sia valsa la pena, ma ritengo fondamentale come ci si senta a livello personale. Io mi sento appagata dalla mia vita e mi piace la persona che sono diventata. Se sono così una grandissima parte è legata al mio lavoro e alle scelte che ho fatto. Essere soddisfatti e appagati di sé stessi è la cosa più importante.”
Cosa diresti a chi ha il tuo stesso sogno?
“Consiglierei di decidere con la propria testa senza farsi condizionare da nessuno, di non prendere decisioni per assecondare il volere di qualcun altro invece del proprio. Bisogna avere la capacità di darsi delle priorità, e quando si è giovani non è così semplice, io da piccolina sapevo già che la pallavolo era qualcosa di importante che mi avrebbe fruttato in futuro. Sapevo che mi avrebbe arricchito indipendentemente da dove fossi arrivata. La capacità di sacrificarsi e di impegnarsi per un sogno, qualsiasi esso sia, ti dà quell’indipendenza che ti servirà in futuro e la libertà di pensare e scegliere con la propria testa.”
Il ricordo più bello che hai della tua carriera?
“Sicuramente l’anno in cui abbiamo vinto lo scudetto qui a Novara, erano i primi anni che giocavo ed è stato fantastico, un'emozione incredibile. Mi porto nel cuore anche la vittoria della Coppa CEV con Busto e l’accesso alla Champions, eravamo un gruppo squadra fantastico e ho passato momenti bellissimi.”