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Attualità | 08 novembre 2024, 19:48

Grotte di Aisone della Riserva naturale: prime forme di vita dal Neolitico

E' quanto emerso dai tre anni di ricerche e scavi eseguiti nell’ambito di Join the time, secondo cui non si esclude nemmeno risalgano già al Paleolitico. Attesi gli ultimi risultati e conferme per gennaio 2025

Le grotte di Aisone della Riserva naturale risalirebbero al Neolitico, ma non si esclude nemmeno vi fossero già prime forme di vita nel Paleolitico. E' quanto illustrato al centro Incontri della Fondazione Crc. I primi scavi e ricerche svolte avvennero negli anni '50 per merito di Ferrante Rittatore Vonwiller, professore di paletnologia all’Università di Milano, poi negli anni '90 sono state riprese della Soprintendenza Archeologica del Piemonte.

Su iniziativa dell'Ente Gestione Aree Protette Alpi Marittime, dal 2022 sono ripartite nuove indagini, proseguite fino a quest'anno, condotte nell'ambito del progetto “Join the time: Ricostruire per capire”. La direzione è stata affidata a Umberto Tecchiati, professore del Dipartimento Beni Culturali e Ambientali dell'Università di Milano e docente di preistoria e ecologia preistorica, affiancato dal suo collaboratore presso lo stesso Dipartimento dell'Università di Milano Stefano Viola e Stefania Padovan, conservatrice della Riserva delle grotte di Aisone. 





Le ricerche rappresentano un approfondimento delle conoscenze sui contenuti archeologici di queste cavità sullo sfondo del popolamento antico dalla Preistoria al Medioevo della Valle Stura di Demonte. Alle ricerche archeologiche propriamente dette si sono affiancate attività di rilievo topografico, che rappresentano il presupposto indispensabile per una lettura integrata del territorio nelle sue componenti antropiche e naturalistiche in una prospettiva ampiamente diacronica. Studi specialistici sui resti materiali emersi dagli scavi, in particolare resti faunistici e botanici gettano luce sulla relazione istituita dalle comunità antiche con l'ambiente in cui vivevano.

Il professor Tecchiati in qualità di specialista di storia di archeologia alpina ha dichiarato: “Per me era una novità intraprendere una ricerca qui e questa impressione è stata confermata anche con i colleghi del Politecnico che contribuiscono al progetto con attività di rilievo topografico”.

I rilievi hanno interessato 2 dei 28 siti tra grotte e ripari presenti nell'area di Aisone, per un'estensione di 2 km e 500 metri di altezza con più cavità. Si tratta di scavi lenti volti alla ricostruzione ambientale dell'area.

Si ritiene che il Riparo 10 inizialmente fosse un'unica cavità collegata ai Ripari 11 e 12, che a seguito di un crollo siano stati ritrovati separati e ridotti nelle dimensioni, anche a causa di erosioni esterne e interne.


Il primo anno – spiega Tecchiati - è stata dedicato alla ricognizione e alla conoscenza del territorio e delle sue risorse, come la ricerca della selce, del cristallo di rocca e della pietra verde, importanti per la preistoria. Poi, si è cercato di capire la morfologia e l'antropizzazione. Nel 2023 e 2024 siamo intervenuti su riparo 10, 11 e 19 dove abbiamo individuato la stratificazione del terreno e i reperti. La morfologia stessa delle grotte fanno pensare al Paleolitico, come in altre grotte liguri. Per questa ragione non escludiamo che fossero già presenti prima del Neolitico a cui i reperti ritrovati ci riportano. Attesa la conferma che si tratti di presenze risalenti a 6 o7 mila anni fa. Non si può escludere su indizi che sia esistita anche presenza nel Paleolitico, anche se non trovata in scavo”.

Anche i resti faunistici dicono molto della presenza umana e delle abitudini che ne definiscono un inquadramento storico con parallelismi ad altre realtà analoghe in Piemonte o Liguria.



Il ristretto campione analizzato di circa un centinaio di reperti faunistici ha evidenziato un'elevata e numerosa varietà di specie, soprattutto selvatiche (camoscio, stambecco, cervo, cinghiale, orso, lepre e allocco) oltre che allevate (capre, pecore e maiali). Questo ha fatto pensare ai ricercatori che il gruppo di popolazione di cui si sono ricostruite le tracce nel Riparo 19 aveva attitudine pastorale che si sostentava attraverso la caccia e la raccolta di frutti spontanei e che risalga al Neolitico. Sembrerebbe trattarsi di una comunità di contadini che non lavoravano la terra in quella precisa area, ma che avessero un insediamento nei paraggi e si spostassero. In questo villaggio arrivava anche la carne degli animali cacciati che veniva portata nell'insediamento stabile tra il quinto e il quarto millennio a.C.

Si è in attesa delle datazioni C14, che si basano sulla presenza del carbonio 14 residuo e permette la datazione della materia organica. I risultati saranno noti solamente nei per i primi giorni del 2025.

Si è, quindi, giunti non solo a quando e per quanto tempo l’uomo ha abitato la Valle Stura, ma anche a come e con quali risorse e se queste arrivassero dai territori vicini o da più lontano, ricostruendo il popolamento di questo splendido angolo del Piemonte.

Sara Aschero

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