C’è chi lascia il mondo con un’invenzione, chi con un’azienda, chi con un pensiero. Michele Ferrero, nato a Dogliani il 26 aprile 1925, ha lasciato tutto questo, e molto di più: un’idea concreta di futuro. A cent’anni esatti dalla sua nascita, l’uomo che ha reso Alba un punto fermo nella geografia industriale mondiale continua a vivere nei gesti di chi entra ogni giorno nello stabilimento di via Vivaro, nei sorrisi che una cucchiaiata di Nutella regala ancora, ma soprattutto nelle parole che affidava ai suoi collaboratori: “Quando parli con un individuo, ricorda: anche lui è importante”.
Era un imprenditore visionario, sì, ma anche e prima ancora un uomo di fede, legato alla sua terra e alla sua lingua. Devoto alla Madonna di Lourdes, dalla quale diceva di ricevere luce nei momenti difficili – come quello terribile della perdita del figlio Pietro, nel 2011 – aveva costruito la Ferrero come una grande famiglia. Le regole che la tenevano insieme erano semplici, ma profonde: ascolto, rispetto, umanità. Un codice etico che ancora oggi alimenta una delle multinazionali italiane più amate.
"La Valeria è la padrona di tutto", raccontava nella sua unica intervista, concessa a Mario Calabresi. "È la mamma che fa la spesa, la nonna, la zia... è il consumatore che decide se ce la fai o no." La “Valeria” era la bussola per ogni nuovo prodotto, dai Rocher agli Ovetti Kinder. E se cambia idea, spiegava Ferrero, non lo comunica con una lettera: semplicemente smette di acquistare.
Non cercava riconoscimenti. Rifiutò una laurea honoris causa dall’Università di Torino e declinò l’invito di Berlusconi a rappresentare l’Italia al G7. “Lascia perdere, ci facciamo una cena con le nostre famiglie”, fu la risposta. Preferiva restare defilato, lasciare che fossero i prodotti – e le persone – a parlare per lui.
A raccontarne la figura è stato anche il libro di Salvatore Giannella, “Michele Ferrero. Condividere valori per creare valore” (Salani Editore, 2023), prima biografia autorizzata dell’industriale albese. Una narrazione che intreccia interviste, documenti, ricordi familiari. Tra gli intervistati, il figlio Giovanni, il presidente di Ferrero Italia Bartolomeo Salomone, l’ambasciatore Francesco Paolo Fulci, lo storico segretario Gianni Mercorella, scomparso nel novembre 2022.
Emergono episodi mai raccontati. Come quando, ancora ragazzo, Michele tornò da Asti con il suo primo ordine da 10 kg di Pasta Gianduja: “Abbiamo vinto, papà!”. Oppure la scelta di assumere un “segretario pipistrello” per annotare le sue proverbiali intuizioni notturne. O, ancora, la decisione di trasferire i figli a Bruxelles dopo l’avvertimento del generale Dalla Chiesa su un possibile sequestro da parte delle Brigate Rosse.
Il 14 febbraio 2015, si spegneva a Montecarlo.
Il giorno prima, Giovanni gli aveva dato una notizia storica: la Ferrero aveva superato Nestlé, diventando il terzo gruppo dolciario al mondo. Era l’ultima grande soddisfazione.
E proprio sul filo di questa continuità – tra memoria e futuro – nel 2024 si sono celebrati i sessant’anni della Nutella, la crema che più di ogni altra incarna lo spirito di Michele Ferrero: intuizione semplice, cura estrema, attenzione al consumatore. Tra le iniziative celebrative c'è stata anche una mostra al Maxxi di Roma.
Un anniversario che ha ricordato quanto sia ancora viva l’eredità di quella “Supercrema” nata in Langa, affinata, ribattezzata e infine trasformata in un prodotto-mondo.
"La Valeria è la padrona di tutto", diceva Ferrero. Più di sessant’anni dopo, quella visione è ancora il cuore pulsante di un marchio che continua a evolversi rimanendo fedele alla sua origine.
Fu precursore della responsabilità sociale d’impresa, prima ancora che diventasse un’espressione comune. Le corriere per gli operai, le colonie per i figli, la Fondazione Ferrero per i pensionati. E soprattutto le diciassette regole affisse in fabbrica. “Non fate sentire piccoli i vostri collaboratori”, “la sedia più comoda sia per loro”, “non date le briciole del vostro tempo”. Fino a quella che è rimasta scolpita: “Un buon capo può far sentire un gigante un uomo normale. Ma un cattivo capo può trasformare un gigante in un nano.”
Quel giorno, ad Alba, le file fuori dallo stabilimento sembravano non finire. La piazza del Duomo era gremita. A più di dieci anni da allora, una piazza (ex piazza Savona) e anche il nuovo ospedale portano il suo nome, (in questo caso insieme a quello di suo figlio Pietro).
Ma ciò che resta davvero è invisibile: è nella fiducia che ha saputo trasmettere, nella cultura del lavoro che ha costruito, nell’idea che l’impresa possa essere un luogo umano.
Cent’anni dopo, Michele Ferrero resta. Con la sua lingua sobria. Con la sua Nutella. Con la sua visione. E con una regola semplice e ferma: “Fare diverso dagli altri, avere fede, tenere duro e mettere ogni giorno al centro la Valeria”.