Riceviamo e pubblichiamo:
La Valle Maira, considerata l’icona della natura incontaminata e selvaggia, ha subìto, negli ultimi anni, una pericolosa regressione della biodiversità, soprattutto negli alpeggi di alta quota. Nella vallata risultano scomparse - o comunque non più ritrovate da molti anni - diverse specie quali: Eryngium alpinum L. (Regina delle Alpi), Campanula thyrsoides L. subsp. thyrsoides (Campanula gialla), Fritillaria montana Hoppe ex W.D.J.Koch (Meleagride minore), Onosma helvetica (A.DC.) Boiss. (Viperina elvetica).
L’ultima escursione esplorativa è stata compiuta domenica 18 maggio 2025 nel tratto compreso tra la frazione di S. Michele di Prazzo e i pascoli ubicati nei dintorni della borgata Decostanzi. La situazione è parsa catastrofica! Sono praticamente scomparse quasi tutte le specie alpine presenti in popolamenti vegetali abbondanti in tempi non così remoti (per la precisione, diciassette anni fa).
Si citano al riguardo: Pulsatilla alpina (L.) Delarbre (Anemone alpina), Anemonastrum narcissiflorum (L.) subsp. narcissiflorum (Anemone narcissino), Trollius europaeus L. (Botton doro), Viola calcarata L. (Viola con sperone), Gentiana acaulis L. (Genziana di Koch), Paradisea liliastrum (L.) Bertol. (Paradisia). Queste piante non sono state ritrovate nei pascoli monitorati.
Altre specie quali Gentiana verna L. subsp. verna (Genziana primaticcia), Dactylorhiza sambucina (L.) Soò (Orchide sambucina), Orchis mascula (L.) L. subsp. speciosa (Mutel) Hegi (Orchide elegante), Tulipa pumila Moench (Tulipano montano), Narcissus poeticus L. (Narciso selvatico) sono sopravvissute in sporadiche stazioni costituite da pochi esemplari.
Il caso più emblematico è rappresentato da Fritillaria burnatii (Plach.) Backh. & Backh f. (Meleagride di Burnat). La Meleagride di Burnat è una specie di fritillaria endemica dell’Italia nord-occidentale (Piemonte, Valle D’Aosta, Lombardia e Trentino Alto Adige), molto rara e difficile da coltivare negli orti botanici alpini. E’ una pianta bulbosa sempre più vulnerabile in pericolo di estinzione. Diciassette anni fa popolava il Vallone di S. Michele con migliaia di individui, che si sono ridotti progressivamente nel tempo fino ad arrivare ad un solo esemplare osservato nell’escursione del 18 maggio 2025.
Le cause di questo scempio possono essere ricondotte alle raccolte vandaliche di cui è stata oggetto, ai cambiamenti climatici, ma soprattutto al pascolamento intensivo, che ha mutato drasticamente l’habitat. Gli animali, portati in gran numero dalla pianura all’ alpeggio durante il periodo estivo, favoriscono il degrado del suolo, l’erosione, la formazione di frane, il sollevamento degli strati superficiali del terreno con l’affioramento dei bulbi che, a contatto diretto con l’aria, muoiono rapidamente.
Il pascolamento intensivo ha determinato, attraverso gli escrementi degli animali, la diffusione delle specie invasive di pianura, che hanno sostituto quasi completamente quelle di alta quota.
Taraxacum sect. Taraxacum (trassaco comune), tipico della pianura, ha invaso i prati alpini vincendo la competizione nei confronti di Taraxacum erythrospermum Andrz. ex Besser (Tarassaco a semi rossastri) e di Taraxacum lambinonii Soest (Tarassaco inciso), di cui non rimane traccia. Una situazione analoga è stata riscontrata alcuni anni fa nei pascoli del comune di Marmora.
In sintesi, si può stimare una riduzione di biodiversità intorno al 90%, che fa perdere l’interesse naturalistico del luogo, il quale si presenta monotono ed uniforme. Le pratiche di pascolamento intensivo, sempre più diffuse nelle vallate cuneesi, rischiano di provocare l’estinzione nel breve periodo delle specie vegetali endemiche che hanno reso unici e straordinari i nostri ambienti alpini.
Prof. Domenico Francesco Robasto