“Rigadin”. Era soprannominato così dai suoi amici di osteria Matteo Olivero e, proprio in questo modo si firma in alcune sue opere. Una riga tracciata ed a seguire quel “Din”, inconfondibile come anche inconfondibile è di lui quella sua M in maiuscolo del nome.
Di lui quel tratto particolare e quei tocchi di colore che, accostati, rievocano luci ed ombre, ma soprattutto sensazioni.
Nato ad Acceglio, precisamente in borgata Villa il 16 giugno 1879, Matteo Pietro Olivero giunse a Dronero nel 1880, a seguito del trasferimento dei genitori. Qui trascorse l'infanzia e frequentò le scuole elementari. Nel 1888 il padre, Matteo senior, morì ed è da quel momento che mamma Lucia e figlio Matteo divennero inseparabili.
Un legame, quello con la figura materna, che segnò profondamente la vita di questo straordinario pittore. Lucia Rosano seppe comprendere il genio del suo ragazzo e ne assecondò la vocazione alla pittura, che era emersa già durante la frequenza della Regia Scuola Tecnica a Cuneo e che fu resa possibile da un nuovo trasferimento nel 1891. Dopo aver completato questa fase dei suoi studi, il giovane Olivero fu spinto dal desiderio di formarsi come artista e la madre, con la vendita dei beni di famiglia, si procurò i mezzi per stabilirsi con lui a Torino.
Ammesso all'Accademia Albertina il 4 dicembre 1896, durante il triennio del “Corso preparatorio di Pittura” Olivero si fece apprezzare per il suo impegno. La situazione mutò nel triennio del “Corso superiore”, iniziato il 5 dicembre 1899. Ideali umanitari che lo portavano a frequentare anche zone malfamate, nonché il personale orgoglio per i primi successi alle esposizioni, indussero il meritevole allievo a disertare le lezioni e nel 1902 il fallimento della prova finale.
Nel 1905, il trasferimento a Saluzzo e l'incontro con Alexis Mérodack-Jeaneau, che in quegli anni si era evoluto in una collaborazione, comportò per Olivero l'alternanza di mostre in Francia e committenze locali. Anche a Cuneo, con l'amicizia con Ermete Revelli e la sua famiglia, la conoscenza con Emilio Bissoni, destinato a diventare suo critico assiduo, portarono il pittore a eseguire per una coppia in vista, i Galimberti, un nucleo di paesaggi, tra i quali Pace vespertina che venne selezionato per la VIII Biennale di Venezia nel 1909.
Incontri ed occasioni importanti e, nello stesso tempo, momenti di profonda depressione, si susseguirono nel corso della vita di questo pittore i cui tratti e pennellate segnano un’impronta di stile un’unica nel suo genere, richiamo attraverso i colori a luci ed ombre, fuori e dentro sé.
RITRATTO DELLA MADRE NEL COSTUME DELLA VAL VARAITA, 1924
È senza dubbio uno dei suoi più grandi capolavori l’opera del 1924 “Ritratto della madre nel costume della Valle Varaita”.
Celebra la devozione filiale ambientandola in uno scenario impossibile che combina tre amatissime valli: la natia Valle Maira, la Valle Po e la Val Varaita. Della prima è raffigurato un meleto, lo stesso di uno studio esposto dalle Collezioni Civiche di Saluzzo, della seconda è invece lo sfondo con il Monviso e della terza infine è il costume tradizionale indossato da sposa indossato dalla mamma, con il ligneo cofanetto dotale nelle mani. Giovinezza e vecchiaia insieme, ma soprattutto un’immagine senza tempo, oltre il tempo.
La signora Lucia morì il 27 marzo 1930. Nonostante le premure degli amici, da quel lutto Olivero non si riprese mai più, ponendo fine ai suoi giorni mentre era ospite a casa Burgo, il 28 aprile 1932.
UNA MOSTRA OMAGGIO
A maggio avevamo visitato in anteprima, presso il Museo Mallé di Dronero, alla mostra “Matteo Olivero: un percorso di arte e di vita", accompagnati dalla direttrice del museo e curatrice dell’esposizione Ivana Mulatero (leggi qui).
Unione di progettualità, studio accurato e importante collaborazione per un totale di 90 opere esposte, tra dipinti, bozzetti, sculture, disegni e documenti: la mostra ha riscossa davvero un grande successo. L’ideazione è stata una sinergia tra Museo Mallé, Mamo Educational Foundation e Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, con il contributo della Fondazione CRT e il sostegno del Comune di Dronero e della Regione Piemonte. Curata da Ivana Mulatero, direttrice del Museo Mallé, e da Antonio Musiari, docente titolare di Storia dell’Arte dell’Accademia Albertina di Torino e coordinatore del Comitato Scientifico dedicato all’opera di Matteo Olivero, la mostra si è avvalsa del comitato organizzatore composto da Maria Grazia Brondino, Carmen Valoti, Francesco Revello, Oriana Zagnoni Zerbini e Piero Zagnoni.
Tra passato e presente, diversi sono fili del passato che si intrecciano nell’esistenza di Matteo Olivero con Dronero: qui infatti giunse bambino per frequentare i primi anni di scuola e proprio in casa Mallé, oggi museo, il 7 aprile 1881 fu redatto il testamento del padre registrato dal notaio Paolo Mallé, nonno di Luigi Mallé.
Arte e preziosi documenti: vita che si racconta e che interroga ciascuno sull’importanza dell’accorgersi, del custodire.
Al Mallé quest’oggi, domenica 7 settembre, alle ore 15:30 si terrà l’ultimo importante appuntamento: l’incontro con il restauratore Cesare Pagliero e la rivelazione del soggetto nascosto del dipinto "Marina di Sturla", che verrà mostrato al pubblico. A seguire, nelle sale della mostra, il concerto dell'Ensemble Vocale Vocaleight ed i commenti critici del Prof. Antonio Musiari.
Per informazioni: museo.malle@comune.dronero.en.it / 0171.908704/291014 - 3478878051/ www.museomalle.org