L’invenzione del primo personal computer, chiamato Programma 101, è una storia tutta italiana, fatta di ricerca scientifica e di applicazione industriale, che risale al 1965. Sì, con buona pace di Apple, della IBM e della Hewlett-Packard.
Prima dell’invenzione della “Programma 101” i computer erano giganti. La macchina compatta di Olivetti lanciata nel 1965 ha rivoluzionato la storia, tanto che la NASA ne acquistò diversi esemplari per fare i calcoli della traiettoria Terra-Luna dell’Apollo 11.
Gastone Garziera, classe 1942, appartiene a pieno titolo a questa storia, attore co-protagonista di quel team che diede alla luce il primo personal computer al mondo. Figlio di una famiglia di contadini veneti, con mamma e papà che hanno sognato per lui un futuro diverso e gli hanno permesso di renderlo realtà.
Nel 1961, dopo essersi diplomato all’Istituto Tecnico Industriale Statale Alessandro Rossi di Vicenza, a soli 19 anni Garziera ottenne l’opportunità lavorativa che gli avrebbe svoltato la vita (e non solamente la sua). Inevitabile, dunque, il trasferimento a Ivrea, dove la magia della Olivetti prendeva vita e dove Gastone vive ancora oggi.
Lo abbiamo incontrato al Museo della Scrittura Meccanica di Bra ed ecco che cosa ci ha raccontato. Ci diamo del tu.
Come sei arrivato alla Olivetti?
«Arrivai alla Olivetti nel 1961 e venni assegnato alla divisione elettronica. Mi fecero fare il corso obbligatorio ai laureati e diplomati, di circa 4 mesi, in cui parlavano tutti i capi progetto del Laboratorio. Fu, per me, una cosa meravigliosa. Io feci la Scuola Radio Elettra, sono elettrotecnico: dunque motori elettrici, alternatori, linee di trasmissione dell’energia elettrica, le valvole e alcuni concetti in bassa corrente. Credo questo mi abbia aiutato quando feci il colloquio con Mario Tchou».
Al netto delle storie personali e delle vite che si intrecciano, ciò che resta sono i progetti. Se oggi il pc fa parte della nostra quotidianità è grazie al lavoro che hai condotto con Perotto e De Sandre per dare vita alla P101, che avrebbe dominato i mercati negli anni ‘60. All’epoca vi eravate resi conto dell’impatto che avrebbe avuto in futuro il vostro prodotto?
«All’inizio non pensavamo di fare qualcosa di straordinario, ma la consapevolezza crebbe nel tempo e fu uno dei motivi che rese possibile tutto ciò, perché eravamo spinti ad immaginare qualcosa di innovativo, a non aver paura di tirar fuori tutto quello che ci passava per la testa e che ci sembrava utile. Era una sfida, perché ti dava la responsabilità. Ricordo quando Perotto ci disse: “Ragazzi, cerchiamo di capire cosa possiamo fare insieme per raggiungere l’obiettivo. Dobbiamo pensare a un prodotto all’avanguardia a livello tecnico, che sia così poco ingombrante da poter stare su una scrivania e tanto facile da usare, che non richieda lunghi corsi di formazione, diversamente dai mainframe (i calcolatori di grandi dimensioni, ndr), ma soprattutto deve costare il meno possibile”».
Quando pensi ad Adriano Olivetti cosa ti viene in mente?
«Adriano Olivetti nel suo essere imprenditore, accanto all’innovazione, non perdeva mai di vista il benessere della comunità e dell’uomo. Ricordo biblioteche aziendali fantastiche, in cui chi studiava in università e lavorava trovava anche copie dei libri di testo utili a prepararsi agli esami. Grande l’attenzione anche all’aspetto ludico, sportivo e culturale: c’era il Gruppo Sportivo Ricreativo Olivetti, che organizzava attività di gruppo e gite. «Abbiamo fatto anche visite ai musei per vedere Van Gogh, Renoir e Picasso, attività che ho amato moltissimo, dato che, accanto alla passione per l’elettronica, ho sempre avuto anche quella per la pittura. Anche sul lato welfare sessant’anni fa la Olivetti era avanti: offriva un check-up medico annuale per dipendenti e famiglie, dentista, nidi aziendali con educatori preparatissimi, maternità prolungata e pagata, pari opportunità tra uomini e donne e una mensa con pasti preparati da un gruppo di nutrizionisti».
Quali erano gli aspetti più innovativi dell’azienda?
«Mentre negli Stati Uniti il campo dell’elettronica era in rapidissimo sviluppo, in Italia si trattava ancora di un ambito pionieristico. Erano cose così innovative che non c’erano neanche scuole che preparassero su quegli argomenti. Così la Olivetti ci ha formato internamente, organizzando dei percorsi specifici. Quella fu solo una delle tante cose che la rendevano così all’avanguardia».
Qual era l’obiettivo della Olivetti con la P101?
«Offrire un prodotto “a misura d’uomo”, ben lontano dai grandi calcolatori a cui le persone erano abituate nel 1965. L’informatica, all’epoca, era vista come una pratica possibile solamente nei grandi laboratori o comunque in ambienti di un certo tipo e un calcolatore era un dispositivo che le persone comuni non potevano raggiungere. La Olivetti Programma 101, invece, mirava già all’epoca a essere posizionata ovunque all’interno della casa, viste le sue dimensioni ridotte».
Hai vissuto a cavallo di due secoli profondamente diversi, che effetto ti fa essere testimone di tante trasformazioni? Cosa ne pensi dei social network?
«Sono strumenti nuovi, credo che come tutte le nuove tecnologie e strumenti, sia necessario del tempo per utilizzarle nel modo migliore, nonché imparare a difenderci ed evitare gli usi impropri».
La “P101” ti ha fatto guadagnare riconoscimenti importanti, il primo che ti viene in mente?
«La Laurea Honoris Causa in Computer Science, classe LM-18 - Informatica, presso l’Università degli Studi di Bari intitolata ad Aldo Moro».
Che dire… giù il cappello e complimenti!
UN PO' DI STORIA
Sessant’anni fa l’idea di tenere un computer sulla scrivania o nella camera dei bambini era poco più che un’intuizione visionaria, seguita con determinazione da una geniale squadra di ingegneri di una delle aziende più importanti al mondo nel campo delle macchine da scrivere e da calcolo. Garziera, classe 1942 anni, vicentino di Sandrigo è una delle memorie storiche degli anni in cui l’Olivetti svolse un ruolo di punta a livello mondiale nella sperimentazione e nell’applicazione delle emergenti tecnologie elettroniche. Non era l’unico a lavorare al progetto, dato che c’erano anche Pier Giorgio Perotto e Giovanni De Sandre, ma sicuramente il suo apporto è stato fondamentale per la riuscita del tutto.
L’intuizione di Olivetti
La nascita della Programma 101 cominciò quando Olivetti chiese a Pier Giorgio Perotto di provare a realizzare una macchina da calcolo. Allora, c’erano ancora in produzione le macchine di Natale Cappellaro, fatte di lamiera metallica, tranciata e piegata per fare i gate di ferro. Quindi, si mise a cercare, nella prima metà degli anni ‘50, qualcosa che potesse far superare i limiti di quella tecnologia e dare alla Olivetti gli strumenti per progredire con l’evoluzione dei suoi prodotti. Egli cominciò ad approfondire, in particolare, il discorso dell’elettronica. A capo del laboratorio di ricerche arrivò Mario Tchou, che insegnava alla Columbia University.
P 101, una storia nella storia
La storia degli inizi della Programma 101 è quasi romanzesca. Per ragioni finanziarie, la Olivetti aveva ceduto la sua divisione elettronica alla General Electric, che non era assolutamente interessata a dei “computer italiani”. Ma il gruppo di sviluppo, formato da Perotto, Garziera e De Sandre, non voleva che il progetto, ancora allo stadio embrionale, finisse nel nulla, perciò s’inventò un trucco. Durante la notte, venne cambiata la classificazione della macchina da “computer” a “macchina calcolatrice”. E, visto che la divisione calcolatori non era parte dell’accordo con General Electric, fu possibile proseguire per qualche mese cruciale nello sviluppo della futura P 101.
La nascita della Olivetti Programma 101
Passo avanti al 1964. La P101, chiamata fino a quel momento Perottina in omaggio all’ingegnere elettrotecnico Pier Giorgio Perotto, venne assemblata negli stabilimenti di Ivrea, promettendo grandi prestazioni in rapporto alle sue dimensioni ultracompatte. Non solo, si presentò anche in una veste accattivante, grazie al design di Mario Bellini, creativo avviato a diventare figura di punta nel suo ramo, mentre stampante e tastiera furono opera di Franco Bretti, progettista della Olivetti.
Il primo computer pensato per le persone
L’informatica, all’epoca, era vista come una pratica possibile solamente nei grandi laboratori o comunque in ambienti di un certo tipo e un calcolatore era un dispositivo a cui le persone comuni non potevano ambire. Quello che fa della Perottina un passo in avanti fondamentale del concetto e nella progettazione dei computer è il suo essere stata il primo computer della storia ad essere basato sul rapporto con le persone. Sia la direzione aziendale che i progettisti condividevano lo stesso obiettivo: creare per la prima volta un computer rivolto alle persone comuni, non solo a tecnici e scienziati.
Dalla meccanica all’elettronica
Garziera ha raccontato che l’idea era assolutamente rivoluzionaria, dato che allora i computer erano grandi mainframe chiusi in stanze climatizzate e manovrati da un élite di tecnici specializzati in camice bianco. Per raggiungere questo scopo, lui, Perotto e De Sandre, idearono una piccola memoria con un filo di ferro, mentre per l’ingresso e l’uscita dei dati si pensò a una cartolina magnetica, che poteva servire anche come memoria permanente o archivio dei dati, praticamente l’antenata dei dischetti, dei floppy disk e delle chiavette Usb. I programmi erano codificati su queste strisce di plastica, larghe circa 8 centimetri e lunghe 30, che potevano contenere 240 istruzioni ed erano piccole, semplici da usare e decisamente pratiche. Le bande magnetiche stavano su un lato, come nei moderni bancomat, lasciando l’altro a disposizione per scriverci annotazioni ed il nome dei programmi che contenevano. La P101 non aveva un monitor o qualcosa che gli assomigliasse, ma utilizzava una piccola stampante su rotolo di carta come dispositivo di visualizzazione.
Primo computer da tavolo al mondo
Quando oggi guardiamo le specifiche tecniche e la capacità della macchina, è difficile pensare che fosse davvero un computer. Per via della sua RAM limitata a 1.920 bit, la Programma 101 era soprattutto una macchina pensata per fare calcoli aritmetici (somme, sottrazioni, divisioni, moltiplicazioni e radici quadrate), però, come i computer moderni, poteva anche fare operazioni logiche, salti condizionati (e non) e stampare il contenuto di un registro per mezzo di un linguaggio di programmazione alfanumerico sviluppato appositamente. In effetti, nei primi anni ‘60, questo era ciò che distingueva i computer dai calcolatori.
Inizio dell’era dell’elettronica
La nascita dell’era dell’elettronica per Garziera ha una data ben precisa. «A fine 1964, presentammo la P101 al nostro capo, Natale Cappellaro, che dopo un attimo di silenzio, posò la mano sulla spalla di Perotto e disse: “Caro Ingegnere, vedendo questa macchina, io capisco che l’era del calcolo meccanico è finita”».
La presentazione a New York
Il lancio avvenne il 14 ottobre 1965 a New York con un successo clamoroso. Subito prima di rivelare la “macchina misteriosa”, una pubblicità americana della Programma 101 recitava: «Benvenuti nel mondo di domani. State per fare un viaggio fuori da questo mondo ed in quello del futuro», un’altra mostrava un uomo d’affari ed una bella ragazza in costume da bagno lavorare su una Perottina direttamente ai bordi di una piscina… Dopo la presentazione organizzata al Waldorf-Astoria Hotel, seguì una dimostrazione alla Bema Show: gli articoli che riportarono la notizia del primo computer da tavolo furono centinaia. La stampa ne celebrò le dimensioni ridotte, l’idea della scheda magnetica, il programma e la facilità dell’uso. Il New York Journal American scrisse: “Potremmo vedere un computer in ogni ufficio prima che due macchine in ogni garage. Con la Programma 101 un manager ora può avere la sua segretaria che divide le spese di tutti i reparti di un’azienda con velocità istantanea e sul suo tavolo”».
Tutti pazzi per la Programma 101
Nel 1966 vennero prodotte oltre duecento Programma 101, il 90% all’estero soprattutto negli Stati Uniti, al prezzo di 2 milioni di lire in Italia e 3.200 dollari in America, con la produzione in rapidissima salita fino ad arrivare a 44mila esemplari. I concorrenti della Olivetti però non restarono a guardare: il 10 giugno del 1967 la Hewlett Packard versò 900mila dollari all’azienda eporediese, riconoscendo così di aver violato il brevetto della Programma 101 con il suo nuovo modello HP 9100.
Laurea Honoris Causa
Una formidabile intuizione, quella della “P101”, che ti ha fatto guadagnare la Laurea Honoris Causa in Computer Science, classe LM-18 - Informatica, presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Le motivazioni che hanno portato a questo riconoscimento riassumono bene il lavoro svolto dal progettista: «Nel corso della sua carriera, Gastone Garziera ha partecipato, con ruoli sempre più rilevanti, alle attività informatiche della Olivetti, da cui sono scaturite macchine d’avanguardia per l’epoca e di estremo interesse storico oggi, anche alla luce di come le tecnologie informatiche si sono poi sviluppate, specialmente dopo l’invenzione del microprocessore. Gli incarichi ricoperti, anche con ruoli di direzione, hanno spaziato dall’hardware al software, includendo anche attività di ricerca, alcune delle quali hanno portato allo sviluppo di tecnologie informatiche innovative ed allo stato dell’arte dell’epoca, testimoniate anche da numerosi brevetti a suo nome. Negli anni recenti ha instancabilmente lavorato per la diffusione della cultura informatica, per la costruzione di una coscienza storica dell’industria informatica italiana e della sua rilevanza mondiale, per la diffusione della cultura informatica in generale specialmente presso i giovani, e per il restauro di strumentazione informatica storica».