Attualità - 10 aprile 2015, 12:00

Mario Guasti scrive ai "Piccoli Comuni"

Il Sindaco di Manta chiede unità davanti a un Governo "smemorato"

Gentile Direttore,

di fronte ad un comportamento legislativo che ignorando il valore storico e la particolare struttura del nostro territorio decreta la morte per asfissia dei Piccoli Comuni sorge il dubbio che le competenze culturali e amministrative dei personaggi che in modo diretto e indiretto governano il Paese siano veramente adeguate al ruolo istituzionale che rivestono.

Competenza, incompetenza, superficialità, scommesse, stranezze e altro.

Ogni Comune, in vero, ha una storia che chiunque può verificare e attendere. Questi sono diversi, non ce n’è uno uguale all’altro, non sono sorti dal nulla come qualcuno può pensare segnalandosi ed emergendo con un campanile più o meno alto.

C’era un territorio, c’è stato un paese-comune, grande o piccolo che sia, che continua a esserci con le sue peculiarità che ne confermano l’esistenza e soprattutto la necessità di esistere. E’ un segno che collocato nel suo abitat rinvia a situazioni sperimentate e vissute con bisogni, necessità, economie, memorie, tradizioni e valori costruite nel tempo.

Chi pensa ai Piccoli Comuni come entità astratte, negazione di un contesto strutturato in modo simbiotico, sbaglia perché nega l’evidenza e va contro ogni buon senso. Penso a quei comuni che esistono da mille anni che hanno vissuto il loro tempo in modo autonomo, libero e creativo, caratterizzandolo con tracce indelebili, arricchendolo di contenuti e di correlazioni diventando futuro, che a sua volta si è realizzato e si è trasformato in storia.

Le illogiche e astratte considerazioni che portano invece all’associativismo imposto, all’annullamento delle singole identità comunali, all’accorpamento di queste realtà-paesi rappresenta un autentico attentato alle autonomie locali, alla vita dei nostri paesi.

E’ questo il pericolo grave cui stiamo andando incontro e che si sta attuando attraverso un disegno ormai palese e condiviso pervicacemente e trasversalmente da tutte le forze politiche, da gente esterna ai comuni che non ne conosce l’oggettività, se non per sentito dire, che parla per numeri, avvallando i ragionamenti con comparazioni che non hanno nulla di comparabile e che non possono essere prese a norma, costruendo ipotesi che si fondano esclusivamente su valutazioni di peso politico, pretestuose e riduttive, avvicinabili a certe ideologie e prassi del nostro secolo passato.

Nella loro azione, dichiarazioni e fatti, l’imposizione centralista è chiara ed evidente. I mezzi e i termini usati saltano, infatti, la Costituzione invocando una filosofia di necessità e di convenienza a loro dire salutare per il bene comune.

Il vero problema, però, è ciò che non si vede e ciò che le leggi e le norme non curano e non dicono, i rischi cui si va incontro. Quale il modo per raggiungere l’obiettivo che costoro si sono prefissato: unico modo l’imposizione coniugata con la spending rewiew.

Il momento di crisi che attraversiamo sembra dare loro ragione, bisogna risparmiare. Se mettiamo insieme diversi comuni, risparmiamo di più e si riduce la spesa. Questo discorso rappresenta la volgarizzazione del problema, perché è da tempo che i Piccoli Comuni risparmiano.

Ormai è chiaro a tutti, tranne che a loro, che la disorganicità del quadro normativo che disciplina l’esercizio associato delle funzioni fondamentali genera uno stato di totale incertezza sugli esiti di effettivo risparmio e miglioramento qualitativo dei servizi erogati. La causa è nel fatto che le norme non si curano delle situazioni esistenti, condizioni geografiche del territorio, dimensioni, distanze, omogeneità nei settori di sviluppo, tradizioni culturali, e sono state elaborate come se tutti i Comuni fossero uguali imponendo un obbligo astratto senza un’esatta valutazione costi/benefici.

E’ assodato che per chi ci governa, i Comuni sono una parola priva di significato e contenuto, sono solo un onere. La scrittrice Michela Murgia scrive: “Quando il fare si dimentica del dire, si dimentica che il suo orizzonte è l’uomo”. E ancora “perdere le narrazioni comuni significa edificare rovina”. Infatti, se viene meno la persona che come essenza attiva e non passiva, rielabora e dà valore al tutto, succede la spersonalizzazione del territorio.

Lo spopolamento, l’impoverimento e il degrado. Costoro evitano ad arte di correlare l’uomo (non solo come numero) e il territorio in modo interattivo, com’è sempre stato nel passato. Parlano dei piccoli comuni come di un dato negativo e quindi superfluo, inutile, ignorando volutamente i vantaggi che essi continuano a originare e garantire con la loro presenza.

Ragionano volentieri di paesaggio, di risorse, di turismo e di ambiente e nello stesso tempo mortificano e distruggono volutamente quel tessuto capillare umano che ha fatto da difesa degli stessi. Non hanno ancora capito che i Piccoli Comuni rappresentano un’eredità singolare e unica, contenuto vivo della nostra intera Nazione.

Per questo motivo è necessario ricordare che la spontaneità e la volontarietà sono il cardine della crescita, dello sviluppo civile e umano e che il danno che, oggi, si va a generare è causa definitiva di grave rischio per il futuro. Per ovviare a tale possibilità e, perché questo Paese non rimanga privo di trama, occorre ripartire dalla memoria, da quanto di buono è esistito nel passato per ricostruirlo, integrarlo con i mezzi e le possibilità del presente.

Più che le parole valgono i fatti. Facciamo attenzione, perché la soluzione precettiva ai “nostri problemi” (i suoi) e alla nostra esistenza il Governo già la sta attuando.

Occorre che tutti i Sindaci dei Piccoli Comuni s’incontrino di là dalle sigle, ANCI, ANPCI e altro, per fare fronte comune, rivendicando il diritto all’autonomia gestionale dei nostri territori, delle nostre risorse e delle nostre popolazioni con la certezza che tutto quello che è stato fatto non sia annullato da un’azione che per molti versi può essere definita di “epurazione”.

Grazie per l'attenzione,

Il Sindaco di Manta Mario Guasti