Era partito fortissimo, con un esordio d’anno caratterizzato da vendite in crescita del 10%. Poi, come tutti i prodotti del nostro agroalimentare votati in special modo all’export, ha dovuto fare i conti con gli effetti del lockdown e la chiusura di ristoranti e frontiere, che hanno spento quell’abbrivio impattando pesantemente su dati di vendita di un primo semestre 2020 chiuso con un tutto sommato positivo +3%, rispetto all’analogo periodo del 2019.
Sono i numeri che il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani ha appena diffuso per offrire un aggiornamento sulla situazione di mercato del Barolo Dogc, precisando la portata di alcune rilevazioni che nelle scorse settimane erano state erroneamente diffuse dall’Ismea.
Tra queste, il valore dello sfuso, il cui prezzo ad oggi varia dai 5,50 ai 6 euro al litro, con una flessione di circa il 15-17% rispetto allo stesso periodo del 2019: "Un valore – spiegano dal Consorzio – in linea con la situazione post-pandemica di molte altre denominazioni di pregio", a partire dal Brunello, e comunque lontana da quel 40% di calo riportato dalla stampa specializzata sulla scorta di quella erronea reportistica.
"Anche le giacenze, considerato il periodo di invecchiamento obbligatorio richiesto dal disciplinare, risultano in linea con la media degli ultimi anni", dice ancora il Consorzio, per il quale "le condizioni in cui si trova la denominazione non hanno per il momento richiesto interventi tempestivi".
"Il Consorzio e il suo Consiglio di Amministrazione analizzeranno con attenzione sia l’evolversi della situazione commerciale sui vari mercati, sia i dati post-vendemmia, sempre nell’ottica di preservare la buona salute della Docg", conclude l’organismo presieduto da Matteo Ascheri e diretto da Andrea Ferrero, con riferimento anche all’adozione di misure – su tutte quella della riserva vendemmiale del 10% per Barolo e Barbaresco (leggi qui) – che nelle scorse settimane lo stesso Cda aveva proposto per contrastare il rischio di crisi nelle future vendite del prodotto, ma che non sono state per il momento accolte dalle rispettive assemblee dei produttori.
Un segnale quest’ultimo che rappresenta in qualche una spia del moderato ottimismo con cui molte cantine vorrebbero guardare alla ripresa, pur in uno scenario ancora caratterizzato dalle forti incertezze indotte dal permanere dell’emergenza sanitaria in numerosi decisivi mercati internazionali, a partire da quello statunitense.
Migliori valutazioni si faranno con la prossima vendemmia, quindi, culmine di un’annata che nei vigneti degli undici comuni ricompresi nel disciplinare della Dogc sembra intanto partita col piede giusto. Per valutare è davvero troppo presto, ma la giusta dose di piogge e interessanti escursioni termiche tra il giorno e la notte sono buoni presupposti per una raccolta potenzialmente ricca in quantità e qualità.





