Gentile direttore,
ho letto con grande emozione il racconto di Nonno Mario, della sua difficoltà nel rispondere al nipote. Ma ancora di più mi ha emozionata la risposta che ha dato nella seconda lettera.
Non ho vissuto i fatti direttamente, ma sono figlia di un'orfana della guerra, nipote di una donna che ha cresciuto i suoi figli da sola poichè il marito è stato rapito e ucciso da coloro che sono stati chiamati eroi, coloro che da eroi si nascondevano fra i boschi. Non hanno ucciso un uomo di 30 anni e con lui hanno ucciso la sua famiglia, costretta a vivere nella paura, costretta a scappare con ciò che avevano addosso quando la loro casa è stata bruciata.
Ma non solo, eroi al punto di non restituire il corpo alla moglie che per mesi lo ha cercato fra le file degli eroi, poichè dicevano che era passato a combattere con loro. Corpo reso un anno dopo, alla fine della guerra. Corpo seppellito dopo aver conosciuto la galera in quanto moglie di un uomo che non poteva essere chiamato eroe.
Eroi che hanno continuato a vivere fieri del loro operato. Uomini che, con l'età e un bicchiere di vino in più, si sono vantati davanti a noi di ciò che avevano fatto.
Oggi io non voglio sapere chi ha fatto le cose peggiori, ma vorrei che il tempo restituisse dignità e serenità a tutte le vittime della guerra. Ogni corpo ha lasciato dei figli e delle lacrime.
Nel Giorno della Memoria si ricordino i crimini della guerra, si ricordino le vittime della guerra, ma i crimini e le vittime di tutti.
m.s.





