- 20 maggio 2015, 07:15

Non scherziamo col cuoco

Disegno di Danilo Paparelli

Disegno di Danilo Paparelli

Così distanti eppure così vicini. Uomini dalle storie personali e professionali e diversissime, con un comune denominatore: il cibo. Ho avuto occasione di vedere e conoscere meglio tre cuochi e un quasi Premio Nobel durante lo scorso fine settimana al Festival tv e nuovi media di Dogliani che ha coniugato il tema della televisione con quello dell’enogastronomia.

Gialtiero Marchesi è stato l'innovatore della cucina tradizionale italiana. 85 anni portati alla grande, è rilassato, ha quel garbo che si può trovare solo nei signori di una volta, parla con tutti come fossero vecchi amici. Non è che lo si veda molto in tv, e infatti la gente al di fuori del tendone dove si tiene l'incontro con lui non lo riconosce: eppure nelle sue cucine sono passati tutti i cuochi più famosi d'Italia. Come tutti gli anziani, ha tantissime cose da dire, e d'altra parte molto ha vissuto e molto ha fatto. Passa dai ricordi professionali (fondamentale per lui è stato “studiare in Francia, alla scuola di Auguste Escoffier”) a citazioni rubate all'arte contemporanea (del resto, se non fosse diventato cuoco confessa che sarebbe diventato artista, e tanti suoi piatti infatti riprendono opere d'arte famose) perché, secondo Marchesi “la cucina è una scienza, ma sta al cuoco farla diventare arte”. Insiste molto sulla semplicità, perché “Il cuoco deve essere umile e curioso”, e sulla qualità delle materie prime. Ma fa notare l'importanza del “microclima”: “I sapori cambiano a seconda del posto dove ci si trova. Quello che si mangia a Venezia ha un altro gusto se mangiato a Milano”. Passato da un menù che non contemplava riso e pasta, ora invece fra i suoi piatti preferiti ci sono proprio gli spaghetti, ma a suo modo: in insalata, freddi, con olio, erba cipollina, scalogno e caviale.

Gli altri due cuochi sono invece molto mediatici. Vengono presi d'assalto per selfie, autografi e foto. Entrambi hanno fatto la gavetta da Gualtiero Marchesi, sono fisicamente e caratterialmente diversissimi fra di loro, hanno in comune però tante cose, come la passione, il concetto che in cucina “si fatica” e la predilezione per le materie prime che devono essere stagionali e del territorio.

Il milanese Davide Oldani fa “cucina POP”, che spiega trattarsi di “Essenziale ben fatto, buono accessibile, innovazione e la tradizione”. Il suo ristorante a prezzi accessibili per tutti è il “D'O” di Cornaredo, alle porte di Milano. Lui, se non avesse scelto la cucina, sarebbe rimasto comunque da quelle parti: in pasticceria, visto che la sua carriera da calciatore fu stroncata da un calcio negli stinchi. “Da Marchesi c'è stata una grande scuola, ha capito il cambiamento nella grande ristorazione”, dice del suo maestro. E degli spettacoli televisivi: “In tv c'è posto per tutti, chi vuol far cultura e chi vuol fare show”.

Chi fa show, ma a modo suo, è Antonino Cannavacciuolo, cuoco con il vero fisique du role attualmente impegnato nelle riprese della nuova edizione di MasterChef, mentre già il 26 maggio riprenderà la terza edizione del suo programma Cucine da incubo su Fox Life, dove salva i ristoranti sull'orlo del fallimento che si rivolgono a lui: “Non ho la bacchetta magica. Porto la mia passione, quella che c'è fin dal primo giorno quando si inizia e che deve continuare per sempre. Se anche il mio ristorante fosse in crisi mi rivolgerei alla trasmissione”. Ammonisce che si devono utilizzare i prodotti del territorio, invece di “aprire le buste di surgelati” (cosa che veramente facciamo tutti, per mancanza di tempo). I ristoratori che sono “salvati” da lui ne hanno un timore riverenziale, ma poi restano affezionati e rimangono in contatto anche dopo anni, quando Cannavacciuolo s’è finalmente tirato dietro la porta del locale rinnovato con un sonoro “ADDIOS”.

Carlin Petrini non è un cuoco, ma è uno dei personaggi più influenti nel mondo quando si parla di cibo. Meglio non riportare la sua opinione nella sua completezza (“una degenerazione totale”) su famosi format televisivi di scuole di cucina: per lui il programma televisivo di riferimento è rimasto Viaggio lungo la Valle del Po alla ricerca dei cibi genuini, prima trasmissione italiana di enogastronomia (si parla del 1956) creata da Mario Soldati. Ed è proprio dal 1956 al 1960, secondo l'istituto Italiano di Nutrizione, che “gli italiani hanno mangiato meglio”. Eppure il fondatore di Slow Food dice alcune cose che pure gli stessi chef stellati e raffinati, ciascuno all'insaputa dell'altro, hanno affermato con molta convinzione. Petrini la definisce “truffa megagalattica dei cuochi maschi”, perché, in realtà, la cucina è sempre stata matriarcale, roba (come direbbe un altro guru langarolo Oscar Farinetti) da femmine: “Milioni di donne con poche cose hanno cucinato per l'umanità”. Difatti, tutti abbiamo ricordi di mamme, nonne, zie attaccate ai fornelli, mentre di ometti, pochi o nessuno.

La cucina è fatica. “Il 22% dei bambini italiani vogliono fare lo chef ma non sanno cosa vuol dire lavorare in cucina. E' sacrificio”, dice infatti Petrini, e la stessa cosa Cannavacciuolo: “Un mestiere che non devi guardare in faccia a nessuno”(da immaginarsi detto con l'accento di Vico Equense).

Tutti concordano che la cucina sarà salvata dai contadini. Cannavacciuolo: “Prima di pensare da chef il ragazzo deve pensare da contadino e parlare con gli ingredienti. Il vero lavoro del futuro è la coltivazione”. Però, oggi, secondo Petrini, sono proprio i contadini a stare peggio, perché il cibo “non ha più valore ma solo prezzo”. E si arriva al pensiero di Oldani: “Il km 0 serve per tutelare la materia prima, fondamentale per qualsiasi ricetta, poi ognuno la prepara come vuole. Per questo bisogna tutelare la filiera del contadino”. A questo punto non mi resta che citare Giorgione Barchiesi, un altro simpaticissimo cuoco altamente mediatico, per terminare in tema: “Buon appetito a tutti !”






Monica Bruna

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A NOVEMBRE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
SU