Cronaca - 25 ottobre 2024, 10:49

Dipendente morì nell’agriturismo: la Procura chiede condanna a due anni per il datore di lavoro

Il 9 dicembre l'udienza nella quale è attesa la sentenza del processo seguito all’incidente sul lavoro che causò la morte del 23enne canalese Giacomo Rosso

Nel maggio 2019 l'incidente che provocò la morte del giovane

Nel maggio 2019 l'incidente che provocò la morte del giovane

Due anni di reclusione. Questa la pena che il pubblico ministero Laura Deodato ha chiesto nei confronti di un imprenditore classe 1960, all’epoca dei fatti titolare dell’agriturismo "Le Querce del Vareglio" di Canale, imputato per omicidio colposo nel processo seguito alla morte di un suo giovane collaboratore.  Vittima dell’incidente fu il 23enne Giacomo Rosso, anche lui di Canale. Il ragazzo si spense l’8 maggio 2019 al Cto di Torino, dove era stato portato con l’elisoccorso alcuni giorni prima, in seguito all’infortunio subito negli spazi dell’agriturismo, dove stato colpito al capo dalle pale di un mezzo meccanico che stava utilizzando per spostare alcune rotoballe di fieno. 

La richiesta di pena è quella che il procuratore aggiunto presso la Procura astigiana ha avanzato nel corso dell’udienza tenuta lo scorso 14 ottobre davanti al giudice Roberta Dematteis.

Preliminarmente il pubblico ministero ha prodotto la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione con la quale l’imprenditore era stato condannato a un’ammenda per omessa formazione del lavoratore, rimarcando intanto la gravità del comportamento che secondo l’accusa venne tenuto dall’imputato nell’incidente che portò alla morte del giovane lavoratore. Il Pm ha anche chiesto la trasmissione degli atti utili a valutare l’ipotesi di falsa testimonianza in capo a un testimone chiamato a deporre in aula durante il dibattimento. 

Nella sua arringa, l’avvocato albese Roberto Ponzio, difensore dell’imprenditore, ha invece sostenuto che il fatto non costituisce reato e argomentato circa "l’impossibilità di ricostruire con certezza la dinamica dell’evento che portò alla tragica morte del giovane, come anche la sua collocazione temporale". Secondo il difensore, nessuna contestazione può essere quindi rivolta al datore di lavoro. 

Quest’ultimo aveva reso interrogatorio nell’udienza precedente, lo scorso 30 settembre, spiegando che era effettivamente lui a dare gli ordini al sottoposto, ma che riteneva che il dipendente fosse formato, che non gli aveva mai detto di usare il bob cat dal quale fu colpito, che per lo spostamento delle rotoballe in azienda si era sempre utilizzato un mezzo Lamborghini dotato di apposite forche. 

Il processo rinviato è stato al prossimo 9 dicembre per repliche e sentenza

Ezio Massucco

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