Un’Italia capace di dire no, di camminare a testa alta tra le potenze, di parlare il linguaggio della pace e della mediazione: è questa l’Italia che Sergio Moscone, sindaco di Serralunga, ha evocato nel suo intervento a Roma, nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, dedicato alla figura di Giorgio La Pira, giurista e sindaco di Firenze, durante un incontro che ha visto la partecipazione di studiosi, amministratori e rappresentanti delle istituzioni. Un pomeriggio denso di riflessioni e riferimenti storici, incentrato su una figura che – ha ricordato Moscone – “rischia di essere rimossa proprio nel momento in cui ci sarebbe più bisogno di ascoltarla”.

L’inizio degli anni della Prima Repubblica, secondo Moscone, ha rappresentato un momento di alta formazione politica e culturale, con personalità come La Pira, Mattei, Fanfani, Moro, Berlinguer, La Malfa, Spadolini, uomini capaci di visione e di autonomia strategica. “In quel tempo – ha detto – l’Italia sapeva dire dei no. Anche all’atlantismo, anche agli Stati Uniti. Giocava un ruolo da ponte nel Mediterraneo. Poi tutto si è perso. Oggi ci servirebbe una voce così”.
Al centro del suo intervento, Moscone ha indicato due cardini che guidavano La Pira: “una bussola con due aghi”, ha detto. Il primo, quello della fede, intesa come coerenza profonda tra ciò che si crede e ciò che si fa. Il secondo, quello della Costituzione, in particolare dei principi fondamentali, con una forte sottolineatura all’articolo 11, che rifiuta la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. “Quel principio è anche suo”, ha ricordato.
Dalla storia alla testimonianza concreta: Moscone ha poi richiamato l’impegno del Comune di Serralunga d’Alba nella promozione dei valori di pace, citando il tricolore per la pace, la bandiera per la pace che garrisce davanti ai Caduti, l'appello fatto al governo contro il riarmo che ha ricevuto la risposta del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
In un contesto dove – ha detto – “il riarmo viene ormai proposto come via alla ricchezza e al lavoro”, Moscone ha espresso una posizione chiara: “Oggi ci fanno credere che produrre armi, persino costruire strumenti di morte, possa generare benessere, stipendi, pensioni. È la negazione di tutto ciò che ci è stato detto per decenni. Prima si diceva che l’intervento pubblico in favore del lavoro avrebbe aumentato il debito e portato recessione. Ora costruire armi sarebbe sostenibile e produttivo. È un’assurdità.”
A questa voce si aggiunge, secondo Moscone, il sentire profondo di molte persone comuni, che però non trovano spazio nel dibattito pubblico: “La gente è stanca. La voce della pace esiste, ma viene sistematicamente zittita dai grandi partiti e dai grandi media. È la voce di chi non ha rappresentanza". Moscone non parla di opposizione, ma di pensiero critico: “Questa non è una voce contro, è una voce che fa pensare”. Ed è proprio il pensiero, oggi, ad avere più bisogno di spazio.








