I poeti non muoiono mai. L’arte è intramontabile, la bellezza rimane in opere che passano alla storia.
Il 18 ottobre 2023 Bernardo Negro se ne andava, lasciandoci in eredità tanti regali preziosi: poesie, libri, storie e personaggi. Vite piene di amore e di dolore, fiori sbocciati per miracolo sotto il cielo di Bra e donne misteriose con la pelle di rugiada, come lei… la venuta dal mare.
Nella sua esperienza di poeta, svelava l’anima segreta di Bra e dei braidesi, perché nessuno come lui ha saputo raccontare il cuore dei luoghi e della gente. Due anni dopo, il mondo è cambiato: chissà come lo racconterebbe se fosse ancora tra noi.
Amava ciò che faceva, tutta la sua vita era lì, in quella penna che ha solo una punta sì, ma quando il cuore di chi la usa batte davvero forte non può che fare sempre centro. Di Bernardo Negro vogliamo ricordare questo. Il suo cuore. E lo facciamo attraverso una poesia che ha scritto il 20 luglio 2023 e rappresenta bene il suo animo di artista raffinato.
Sarà un po’ come riascoltare una vecchia canzone che ci accompagna come un’amica invisibile e che ora, di colpo, torna a suonare. Per questo i poeti non muoiono mai. Sono in un olimpo tutto loro. Trascinati da carri di versi e di danza. Con l’affanno gioioso di chi taglia il traguardo e la speranza stretta all’anima per un mondo migliore. I versi dei poeti non sono nei libri, sono nel vento. I poeti non muoiono mai.
La mia poesia e me
La mia poesia è chiusa dietro ad una porta.
Soltanto io ne ho la chiave
ma è a doppia mandata:
una è per il pensiero e l’altra è per il cuore.
Da tanto la uso. È di quelle vecchie,
comprate allo spaccio della fantasia
tanti decenni fa. Ho aperto la porta
quando la Prima Comunione metteva in bocca
il Mistero della Salvezza.
L’ho aperta con l’ultima pagella di una non creduta sapienza.
E quando mio padre morì fu la poesia
a piangere nell’anima.
Poi era la luce dei versi che illuminava il lavoro
intristito di mia madre. È venirti tu.
Ti diedi la chiave ora che possedevi il cuore.
Tu aprivi la porta della poesia quando
un continente ti mostrava i suoi segreti:
le nevi del Kilimangiaro, la Fiesta di Pamplona,
la Sirenetta di Copenaghen, la Tour Eiffel
nella Parigi che mi abbracciavano Rimbaud
e Verlaine, Baudelaire e Mallarmé.
Aprii la porta della poesia e fui impolverato
dalla cenere Lunare, con Armstrong
che pure si era fatto poeta.
Fui poeta nei decenni con la mia eco
su voci ben ferme sugli spalti della vita:
Era l’Ungaretti della Resistenza, il Neri delle api,
e poi Seghetta, Pestarino, Isetta, Fedeli
e il Goethiano Paolo Grugni ad Alexanderplatz.
Mi sorrideva Maria Silvia Caffari, e, Mariano
dalla Savigliano delle mie radici. E poi
c’è Carlacchiani che balza suoi e sui versi
altrui con la magia tonante della voce.
Sono le voci che invocano che apra la porta
Ho aperto l’uscio della Poesia mentre
le Twin Towers crollavano e la pietà
mordeva gli istanti della rabbia e del dolore.
Apro talvolta la porta per scrivere di Bra,
la mia città che Silvia fruga in angoli di verità e di bellezza.
“Il Nuovo Braidese” è il mio diario da decenni.
Lì ho letto la rivelazione della mia età.
Pagina per pagina ho voluto aprire la porta
per leggere meglio ed “Il Caragliese” ha completato
la vista sulla Fauniera e su scalate di strofe,
già perse qua e là negli anni.
La chiave è arrugginita, ma di là ci sono
carta e calamaio, mia madre che mi aspetta,
la penombra di una luce che si chiude.





