Eventi - 05 dicembre 2025, 19:34

La Baìo di Sampeyre: un viaggio tra storia, cultura e significati

L’origine, il racconto della suggestiva sfilata ed a Dronero la mostra al Museo Mallé di Jean Gaumy con le importanti riflessioni da parte di Fredo Valla

La Baìo di Sampeyre: un viaggio tra storia, cultura e significati

“Sono uno di quei fotografi che amano catturare il mondo da vicino, a contatto con le persone. Ma paradossalmente, perché l'esercizio lo richiede o perché è nella mia natura, spesso mi ritrovo un po' in disparte.” Queste le parole di Jean Gaumy.

Dal 15 novembre 2025 al 25 gennaio 2026 è allestita al Museo Mallé di Dronero (CN) la mostra “JEAN GAUMY. Baìo e Montagna”, un viaggio nella storia e nella cultura di una delle più antiche e importanti feste tradizionali delle Alpi italiane: la Baìo di Sampeyre.

L’esposizione propone 44 fotografie donate da Jean Gaumy (Pontaillac, 1948), noto fotografo francese membro dell’Agenzia Magnum e dell’Institut de France (Académie des Beaux Arts). 

UNA STORIA FINO AI GIORNI NOSTRI…

Accezione occitana equivalente a "abbadia", il termine “Baìo” trae le sue origini da "abbazia" o "badia", denominazione delle associazioni giovanili tardo medievali che avevano lo scopo preminente, almeno in valle, di organizzare feste comunitarie.

La Baìo di Sampeyre affonda le sue radici nelle tradizionali cerimonie primaverili di propiziazione. I nuovi raccolti, quel ritorno alla luce: dopo i bui mesi invernali, era gioia!

Siamo in Val Varaita e la festa, secondo la tradizione, rievoca la cacciata dei Saraceni, avvenuta prima dell'anno 1000, tramite parate in costume e danze tradizionali occitane. Un ricordo, una rievocazione storica delle incursioni di predoni Saraceni che, provenienti dalle coste della Provenza, avrebbero terrorizzato la valle: la popolazione locale, insorta in armi, avrebbe liberato la propria terra da questo pericolo.

La festa, che si è naturalmente trasformata nel tempo, comunque ha mantenuto di base il suo originale significato e soprattutto il desiderio di non perdere una memoria che è anche ed inevitabilmente identitaria. 

Oggi, con il termine “Baìo” si intende sia la festa in sé sia il gruppo dei partecipanti. La festa si svolge ogni 5 anni, l’ultima volta nel 2023, ed è composta da quattro gruppi di Baìe: quello del capoluogo (Piasso) e quelli delle frazioni di Villar, Calchesio e Rore. Ciascuno è formato da un certo numero di coppie di personaggi, di cui alcune compaiono solo in un determinato gruppo. 

I partecipanti sono esclusivamente uomini, che interpretano ruoli sia maschili che femminili, indossando elaborati costumi tradizionali. Proprio quest’ultimi, riferiti agli stessi personaggi ma appartenenti a Baie diverse, possono presentare differenti particolarità, distinguendo così in modo marcato il gruppo di appartenenza. L'alleanza, infatti, fa sì che nelle tre giornate celebrative le Baìe si incontrino, ciascuna con la propria identità. Il ballo in piazza le accomuna, ma in cerchi separati. Ogni Baìo nel proprio territorio è sovrana, con propri capi (gli Alum). I costumi sono simili ma diversi, così come simile, ma diverso, è il cerimoniale del processo al Tesoriere, che chiude la Balo il giovedì grasso. L'elemento fondamentale dei costumi è rappresentato dai nastri di seta (bindel) che ornano e impreziosiscono abiti e copricapo, determinando l'originalità.

LA SFILATA

Nel capoluogo (Piasso) la sfilata è aperta dai Covalìe (cavalieri): simboleggiano, secondo la tradizione locale, la cavalleria dell’esercito valligiano impegnata nella cacciata dei Saraceni. Ed ecco che arrivano le Sarazine, i più piccoli partecipanti alla Baìo, bambini incaricati di sorvegliare le mosse dei nemici e di segnalarne gli spostamenti sventolando fazzoletti bianchi. Le Segnurine (signorine), bambini più grandicelli, rappresentano invece le fanciulle della comunità, libere di uscire senza pericoli tra la folla. 

Viene quindi il gruppo dei Tombourin (tamburini) che scandiscono la marcia al rullo di tamburi. I Sapeur (zappatori), dalle folte barbe e armati di scure, hanno il compito di abbattere le barriere lasciate dai Saraceni in fuga, mentre i Grec (Greci), che avanzano fumando lunghe pipe, rappresentano i prigionieri dei Saraceni che, liberati dai valligiani, si uniscono alla festa popolare. 

Troviamo poi gli Escarlinìe (scampanellatori), che costituiscono la fanteria dell’esercito valligiano addestrato a combattere con pesanti mazze ferrate, ora nascoste sotto una cascata di nastri e sonagli (escarlin). Gli Espous (sposi) indossano l’abito tradizionale della valle, completato per l’occasione dall’aggiunta di nastri, invece i Signouri (signori) rappresentano i benestanti del luogo, liberi, al pari degli sposi, di passeggiare per il paese. Signour e Signoura (signore e signora) anche loro rappresentano i benestanti e sono personaggi che non sempre sono presenti nella sfilata. 

Non mancano i Sounadour (suonatori), che accompagnano il corteo con antiche musiche da ballo, animando le danze in alcuni momenti della sfilata, come ad esempio in piazza e, la sera, nei locali del paese.

A questo punto incedono gli ALUM ovvero lo STATO MAGGIORE della Baìo, la cui divisa ricorda quella dell’esercito napoleonico. Essi rappresentano il gruppo dirigente della Baìo, così formato: isa due Tenent (tenenti), che rivestono il primo grado dello stato maggiore, i due Portobondiero (portabandiera), recanti la bandiera della Baìo, i due Abà, la massima carica della Baìo ed infine lu Segretari (segretario), con il libro che racchiude gli alti ufficiali e lu Tezourìe (tesoriere), con la borsa contenente il tesoro della comunità. Ogni ALUM è scortato da una guardia del corpo, l’Uzuart (ussaro), dal singolare alto cappello a forma di mitra, ornato da uno specchio e da nastri che scendono lungo la schiena in gran quantità.

Seguono così i Moru (Mori), i prigionieri dei Saraceni che sono stati liberati, al pari dei Grec, dell’esercito valligiano, e i Turc (Turchi), cioè i Saraceni fatti prigionieri, che avanzano incatenati. Non occupano un posto fisso nella sfilata i Cantinìe (cantinieri) ovvero le truppe addette al vettovagliamento, il cui compito consiste nel rifornire di vino i partecipanti e gli Arlequin (arlecchini), forse la figura che più ha mantenuto caratteristiche arcaiche. Questi ultimi hanno in mano code di scoiattolo o finti topi che agitano davanti agli spettatori per proteggere il corteo; indossano abiti volutamente trasandati e un cappello ornato da gusci di chiocciole. 

Chiude la sfilata la coppia del Viei (il vecchio) e della Vieio (la vecchia), che indossano abiti più antichi e più dimessi rispetto a quelli degli sposi, a simboleggiare l’età avanzata. In una piccola culla un figlio in tenera età, messaggio di speranza dalla vita che continua.

E SE L’ORIGINE FOSSE BEN PRIMA DELL’ANNO 1000?

Una tradizione, quella della Baìo di Sampeyre, che proprio a Dronero, all’interno del Museo Mallé, viene celebrata con una mostra dedicata promossa da Fondazione CRC e dal Museo Mallé di Dronero con il patrocinio del Comune di Dronero, del Museo Etnografico di Sampeyre, della Provincia di Cuneo e della Regione Piemonte - nell’ambito del Progetto “Donare”, con il quale la Fondazione accoglie donazioni da parte di privati e le valorizza attivando collaborazioni con istituzioni del territorio. 

Grazie a Fredo Valla, la mostra non restituisce e racconta in modo originale il lavoro svolto da Jean Gaumy, ma scava nel profondo sull’origine e sui significati di questa tradizione: “Dall'osservazione attenta dei materiali fotografici della collezione del Museo Etnografico di Sampeyre e degli scatti realizzati da Jean Gaumy - illustra Fredo Valle - si comprende come pur nella continuità della tradizione, la Baìo e i suoi personaggi siano riusciti a esprimere una creatività controllata, con piccole varianti nei costumi a seconda dei materiali a disposizione, dell'estro artistico delle donne a cui è demandato il confezionamento dei cappelli, delle coccarde, delle fasce (schirpe) con nastri di seta (bindel o luvree) decorati da motivi floreali, coloratissimi, dell'addobbo dell'abito e dei suoi complementi. Ciò vale anche per i contenuti storici della Baìo che, a un'analisi appena un po' approfondita si mostra ricca di spunti ben più antichi dei mille anni, che le si vogliono attribuire, dalla cacciata dei Saraceni dalle valli occitane alpine. È dunque interessante guardare alla Baìo con uno sguardo laico, per coglierne la complessità, quindi la ricchezza. 

Tra gli elementi più remoti troviamo i riti della fertilità, celebrati dall'uomo che, millenni e millenni orsono, da cacciatore si fece agricoltore e che, dopo i geli invernali, implorava il ritorno della fertilità nella terra. Ne sono testimoni l'abbondanza di decori floreali, i personaggi del vecchio e della vecchia (lou viei e la vielo), simbolo di una stagione che sta per esaurire il proprio ciclo, mentre il figlioletto che la vecchia porta nella culla rappresenta la primavera che sta per venire. O la figura dell'Arlequin, con i gusci di lumaca a ornare il cappello, infine strumenti sonori come la mazza (l'escarlinhero) degli 'scarlinie, ricoperta da una cascata di nastri, con all'interno decine di campanelli (in altre regioni delle Alpi, con gli stessi campanelli si va a fine inverno a "svegliare" la terra, affinché torni a dare i suoi frutti).

Abbondano nella Baìo le memorie secolari dello scontro fra la Cristianità e l'Islam, con personaggi (i grec) che paiono evocare la caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi di Maometto II. Poi, com'è ovvio, la Baìo attinge, fin dal nome, al medioevo delle Abbadie dei Folli: sorta di contropotere anarchico, che si esprimeva in certi periodi dell'anno e in occasione dell'accoglienza di personaggi importanti. Quindi gli eserciti settecenteschi, e la grande epopea napoleonica, che tenne l'Europa in armi per un quindicennio. Questi hanno ispirato l'abito di personaggi come gli Alum, gli Uzuart e i Sapeur (questi ultimi con l'ascia a spalle sfilano tuttora nelle parate della Legione Straniera). Persino le guerre risorgimentali sono state suggerimento per la Balo con la 'spimasiero, il mazzo di piume dei bersaglieri, pendente dal cappello degli 'scarlinie, oggi eliminato perché ritenuto non conforme alla tradizione.

Antica, ben oltre il Medioevo della commedia dell'arte, è l'esclusione delle donne dal corteo, aspetto che oggi qualcuno vorrebbe superare, ma che al momento si mostra ancora un'ipotesi traumatica per la sopravvivenza stessa della Baìo. Anche a Sampeyre la Baìo ha subito dei cambiamenti. É probabile che nel tempo, forse nella seconda metà del XIX secolo, si sia voluto accentuare l'aspetto celebrativo militare: l'esercito e il popolo sfilano in festa per la cacciata del Maomettano. Mutazione forse dovuta alla piccola borghesia locale che ha voluto mondare la Baio dai suoi aspetti più rustici e dionisiaci.

É interessante tanto per chi vi partecipa, come per chi la osserva da spettatore, scoprire nella Baìo un caleidoscopio di epoche e vicende remote. Gira la ruota dei secoli e mutano via via le sopravvivenze storiche, che si mescolano e si fondono. Ed è straordinario scoprire come la Baio abbia saputo fare propri elementi nuovi, senza cristallizzarsi su un'idea di tradizione immutabile e rimanere occasione per una comunità - forse la principale occasione - per esprimere ogni cinque anni la propria identità montanara e occitana.”

La mostra JEAN GAUMY. Baìo e Montagna” al Museo Mallé è visitabile il venerdì, sabato e domenica dalle ore 15 alle ore 19. Per maggiori informazioni museo.malle@comune.dronero.cn.it

Beatrice Condorelli

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