A seguito di 16 ore d sciopero, 10 mesi di trattativa e manifestazioni in tutta Italia – l’ultima durante il Pitti di Firenze lo scorso 13 gennaio – il Sistema Moda Italia (Smi) di Confindustria e i sindacati del settore Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil hanno siglato un’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto tessile, abbigliamento, moda , scaduto nel marzo del 2016.
L'intesa – che varrà fino al 31 dicembre 2019 - prevede un aumento complessivo pari a 90 euro (minimi e welfare contrattuale). L'aumento sui minimi salariali è di 70 euro, suddiviso in tre tranche: dal 1 aprile 2017, 25 euro; dal 1 luglio 2018, 25 euro; dal 1 luglio 2019, 20 euro.
Sul versante del welfare contrattuale, a far data dal 1 gennaio 2018 verrà istituito il Fondo integrativo sanitario di settore, prevedendo 12 euro per tutti i lavoratori, interamente a carico delle imprese. Previsto inoltre un incremento di 8 euro per il Fondo pensionistico complementare “Previmoda”, sempre a totale carico delle imprese. Aumentato anche l'elemento perequativo che passa dagli attuali 200 euro a 300 euro per tutte quelle imprese che non effettuano la contrattazione di secondo livello.
L’ipotesi di accordo riguarda 420.000 i lavoratori e 40.000 imprese: in provincia di Cuneo sono oltre 2mila gli occupati in questo settore, tra le maggiori aziende Federal Mogul di Mondovì, l’Itt di Barge, la Miroglio e la Tecnofabric di Costigliole Saluzzo.
“Abbiamo superato – hanno dichiarato i segretari generali Filctem, Femca, Uiltec, Emilio Miceli, Angelo Colombini, Paolo Pirani – quelle pregiudiziali inizialmente poste da una verifica ex-post, dove il salario non sarebbe stato più definito dal contratto nazionale, trovando una soluzione condivisa tra le parti e ripristinando quel clima di buone relazioni industriali solido, partecipativo, che ha contraddistinto il settore in tutti questi anni. Ora il reddito di migliaia di lavoratrici e lavoratori e il loro welfare contrattuale è salvaguardato, dopo anni che la crisi lo aveva falcidiato. Un settore – ricordano i tre leader sindacali – che solo negli ultimi cinque anni ha perso oltre 100.000 posti di lavoro”.