Agricoltura - 03 settembre 2017, 09:35

A poco più di un anno dalla creazione del brand Piemunto il consumatore ha imparato ad apprezzare sempre di più il latte di altissima qualità piemontese

Può sembrare impossibile, ma un alimento semplice come il latte ha spesso, dietro, delle storie complesse

A poco più di un anno dalla creazione del brand Piemunto il consumatore ha imparato ad apprezzare sempre di più il latte di altissima qualità piemontese

Oggi finalmente abbiamo imparato ad essere esigenti e a pretendere di sapere cosa mettiamo sulle nostre tavole, a voler conoscere la provenienza di un prodotto, a distinguere fra un prodotto di qualità ed uno scadente. Oggi, per il latte esiste in Piemonte, da poco più di un anno, il marchio Piemunto, che racchiude più di 150 prodotti ed è proposto in varie catene di grande distribuzione, Carrefour, Crai e Coop, e sta riscuotendo sempre più successo nei consumatori.

Un marchio ideato dalla Regione che garantisce la qualità del latte prodotto in Piemonte, universalmente riconosciuto di altissima qualità e tutta la filiera collegata, quindi tutte le persone che lavorano a vivono di quel prodotto, tutelandone anche tutti gli aspetti inerenti la sostenibilità ambientale, economica e sociale del territorio. Ma per arrivare a ciò, in provincia di Cuneo, è bello conoscere la storia che ha portato a questo traguardo…

Perché da marzo del 2015, dopo la controversa vicenda delle quote latte qualcuno approfittò della situazione. Diciamo che molti caseifici, soprattutto industriali, pensarono di poter gestire la nuova situazione a proprio loro unico ed esclusivo vantaggio. Poi ci fu la concorrenza dei mercati esteri, che proponevano ai caseifici latte a prezzi da fame. Insomma, molti allevatori piemontesi di vacche da latte rischiavano di essere spazzati via in un sol colpo. E se questa fosse una favola inizierebbe con “C’era una volta un mangimista”…

Ma nella realtà, come ci hanno raccontato alcuni allevatori, ci fu semplicemente un uomo che, essendo soprattutto uomo di passione, si impegnò in prima persona a dare una mano, ma anche una bella scrollatina, ad un categoria, quella degli allevatori, che rischiava di rompersi ancora di più le ossa dopo tutte le vicende legate alla quote latte.

Una mattina di inizio autunno del 2015 Paolo Druetta, il mangimista, venne chiamato da 4 allevatori che volevano provare, dopo tante divisioni, a riunirsi. Il motto fu uno solo: “Non deve accadere più che una buona tazza di latte su tutte le tavole costi il sangue di così tanti allevatori che devono poter mettere anche loro sulle loro tavole qualcosa da mangiare per i loro figli”.

Si partì alla volta di una battaglia che impegnò il gruppo oltre ogni intenzione iniziale. Quando nel marzo del 2015, dopo 32 anni di vincoli imposti dall'Unione Europea alla produzione degli allevatori, cessarono le quote latte, l'Italia fu costretta a fare i conti con agricolture molto più forti e competitive come quelle di Germania, Polonia e Olanda. Il rischio fu di rimanere travolti.

Ma peggio ancora fu il trovarsi, in casa, una concorrenza sleale, ad opera di alcuni caseifici industriali della zona che, per solo profitto, impostarono una politica di acquisto del latte che sfruttava le partite a prezzi ribassati, partite che arrivavano dall’estero, e che lasciavano fuori quei produttori locali che “non si inchinavano” al prezzo più basso. E fu questo “fare” che iniziò a portare piccoli produttori di latte sull’orlo del baratro.

Paolo Druetta, che per via del suo lavoro si trovava ogni giorno a stretto contatto con gli allevatori, pensò si trattasse di un’enorme ingiustizia. E iniziò ad esprimere “ad alta voce” il suo pensiero nelle discussioni sul tema. Semplicemente fece capire a molti di loro che la “forza” sarebbe potuta stare dalla parte dei produttori unendosi condividendo e collaborando tra di loro.

i riunirono a Macello con un centinaio di altri allevatori, appartenenti a diversi sindacati, e non. E questo fu il vero inizio della riscossa.

A Macello si capì che si poteva tornare a lavorare, vivere, sperare. Gli allevatori si stavano rendendo conto che il loro latte era di qualità e che questa avrebbe avuto la meglio; si trattava solo di organizzarsi, e di riavvicinare sindacati agli allevatori. Piano piano prese il via una consapevolezza fra tutti gli allevatori del territorio che iniziarono a rialzare la testa proprio nel momento in cui stavano per perdere tutto.

Non ci vollero 6 mesi che, riunione dopo riunione, si costituì un “movimento spontaneo” fatto di 500 allevatori e, ad ottobre del 2015 allevatori e sindacati, compattati e tutti insieme, andarono in Regione per parlare con l’Assessore Ferrero.

Gli “addetti ai lavori” capirono che c’era qualcosa che stava cambiando e, soprattutto, era arrivato il momento di fare qualcosa per salvaguardare una ricchezza di uomini e prodotti del territorio piemontese.

Occorreva fare qualcosa per arginare una perdita che, diversamente, sarebbe diventata una tragedia. Ma niente da fare, all’inizio del 2016 il mercato del latte, e chi lo sfruttava, proseguiva a muoversi in modo poco lineare e trasparente, però intanto il gruppo di allevatori continuava a crescere fino a contarsi in 700.

Una vera “task-force”. Ricordate il 1° aprile 2016 quando Carlo Godino buttò via quasi 4000 lt di latte? Il prezzo del latte era sceso a 18 centesimi, a Carlo come a molti altri, il caseificio non aveva rinnovato il contratto, e per ritirare il suo latte, gli vennero offerti 18 centesimi al litro… “ma con questi non si copre nemmeno il costo alimentare!” era la denuncia dell’allevatore nelle interviste di quel giorno.

Per fortuna quel giorno, Carlo e la sua famiglia, non furono lasciati soli dagli altri allevatori, stava nascendo qualcosa di più, un movimento trasversale che avrebbe lavorato a 360 gradi nel interesse del latte piemontese.

Intanto il movimento spontaneo voluto dagli allevatori per gli allevatori, si costituì ufficialmente il 25 aprile 2016 e si diede un nome, “Noi siamo voi Piemonte”, stilando uno Statuto che parla di filiera, di allevatori, di latte, di informazione al consumatore, di caseifici e di Regione.

Senza volerlo si erano buttate le basi di Piemunto, poi diventata una idea dell'assessore Giorgio Ferrero, che aiutasse a contraddistinguere i prodotti fatti con il latte Piemontese. Venne il momento anche di guardare con più attenzione e consapevolezza al “prezzo del latte”.

Il mangimista conosceva perfettamente i costi di produzione, ma non capiva quali effettivamente fossero le entrate degli allevatori, e quindi fece una domanda sola al gruppo: mi invii la tua fattura?

Paolo ricevette una marea di fatture fatte ai diversi caseifici, ma serviva un comune denominatore, perché nella giungla e approfittando di un mercato in crisi, ogni caseificio aveva adottato un sistema diverso per calcolare il prezzo, cioè per pagare sempre meno il latte alla stalla in Piemonte, si capì quindi di doversi “istruire” e rendersi capaci di “gestire i numeri”.

Oggi esite Simulat, il borsino del latte, creato da Paolo Druetta coordinatore di “Noi siamo voi”, che permette agli allevatori che si collegano ad una piattaforma, di conoscere il prezzo del latte, suddiviso per tipologie di qualità e di non farsi più fregare, come accaduto in passato, da qualche caseificio che si crede più furbo.

Ed è da tutto ciò che si è arrivati ai giorni nostri, anche a Piemunto che rappresenta tutti noi: un territorio e la forza ed il coraggio delle sue genti, dalla testa dura di un paio di allevatori ed un mangimista.... Ma altre cose stanno per accadere….

i.p.

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