- 24 settembre 2017, 07:30

Il sogno americano di Giovanni: quando è il calcio a farti scoprire l'America

Essendo appena all'inizio spero l'esperienza mi continui a trasmettere le stesse emozioni che sto vivendo adesso: il piacere di far parte di un gruppo di ragazzi che ama lo sport

Giovanni Giraudo

Giovanni Giraudo

Chiunque mi conosca ve lo può confermare (credo) senza alcuna difficoltà: non sono mai stato un grande appassionato di sport. E non lo so nemmeno adesso, che la giovinezza ormai l'ho abbandonata... forse da poco, è vero, ma comunque l'ho fatto.

Nonostante tutto, però, lo sport e i suoi personaggi e le sue dinamiche e il suo influenzare e farsi influenzare dalla "storia con la S maiuscola", quello sì che mi ha sempre affascinato. Forse per mia propria natura adoro le belle storie (seppur con la S minuscola, questa volta) e sicuramente l'unione di emozioni, sudore e difficoltà che porta con sé lo sport è capacissimo di dar vita a narrazioni potenti e trascinanti.

Qualcosa che, personalmente, credo Giovanni Giraudo (peveragnese di poco più che vent'anni) stia vivendo proprio in questi mesi. Ecco la nostra chiacchierata, tra sogni e cronaca reale, forse anche un po' troppo.

 

 

- Una bella esperienza quella di andare a giocare a calcio in America, no? Raccontaci come hai raggiunto questo traguardo.

Una bellissima esperienza, ormai sono passati quasi due mesi da quando ho lasciato l'Italia ed è trascorso un mese da quando ho iniziato l'università. Essere qui non è stato facile, tutto è iniziato più di un anno fa quando un mio ex compagno di squadra ha ottenuto una borsa di studio per un master in Business in un altro college: io ho visto un post su facebook di College Life Italia e da lì mi sono interessato alla cosa.

Ho contattato prima questo mio compagno e poi mi sono iscritto ad uno dei 4-5 showcase che questa società di Roma organizza in giro per l'Italia. Ogni anno il 27-28 dicembre college life Italia organizza una serie di gare amichevoli davanti ad una dozzina di coach di diverse università americane. Ho aspettato la chiamata di qualche scuola mentre compilavo una incredibile serie di documenti e alla fine verso febbraio un piccolo college in Georgia mi ha offerto una borsa di studio per ottenere un master, e la cosa mi ha motivato come non mai. A fine febbraio ho completato i miei studi di Architettura a Torino, a maggio superato un test di inglese e a giugno ricevuto il visto per partire. Ora sono qui, il mio sogno americano si è realizzato!

- Parlaci un po’ della tua esperienza vera e propria. Che cosa fai, nello specifico, quotidianamente?

In questo momento la stagione è in corso e questo significa che ogni mercoledì e sabato abbiamo una partita, le trasferte del nostro campionato possono essere piuttosto lunghe e spesso andiamo in ritiro la sera prima. Gli sport a livello universitario in America sono considerati come l'ultimo passo prima del professionismo e questo significa che le infrastrutture che la scuola ti da non sono minimamente paragonabili alle nostre università; anche il numero di allenamenti è elevato circa tutti i giorni con almeno due sedute in palestra alla settimana. L'altra parte del tempo lo occupo con le lezioni, in questo primo semestre avrò tre classi e il numero aumenterà in quello dopo.

Non sono molti i ''master student'' nel mio college e questo significa classi composte massimo da 15 persone, un rapporto studente-professore completamente diverso e un piano di studi che ti vede impegnato diversamente dalle nostre università: per esempio, qui si assegnano compiti di settimana in settimana e non ci sono gli esami di fine semestre come li intendiamo noi.

- Come si sta nella Georgia dell’America “trumpiana”? Che aria tira, specialmente a fronte dei recenti fatti di cronaca?

Bella domanda... sono ancora curioso di capirlo davvero. Quello che ho notato è una sorta di indifferenza per cosa succeda in America, per non parlare oltreoceano! Durante le proteste a Charlotte mi sono accorto che pochi ragazzi della mia squadra erano al corrente di cosa realmente fosse successo, e credo che questo disinteresse per la politica stia diventando comune un po' ovunque. Ho chiesto ad alcuni ragazzi cosa avessero votato e la risposta è stata che non avrebbero mai votato per la Clinton e che pur essendo consapevoli che Trump è un crudele uomo d'affari credono magari possa riuscire a realizzare qualcosa di più concreto di Obama.

- In parte anche tu sei stata toccata da uragani e tempeste, giusto? Ce ne vuoi parlare?

Purtroppo sì, ho avuto un assaggio di cosa può fare un uragano. La zona dove vivo io è rimasta colpita dall'ultimo strascico che ormai era diventato di forza 1, la città di Cleveland è rimasta senza luce per due giorni e il nostro college è chiuso da lunedì senza corrente e acqua calda nei vari dormitori. In alcune coste della Florida, Cuba e le isole nel Caraibi l'uragano ha distrutto qualsiasi cosa incontrasse e il mio pensiero va a loro che se la sono vista molto male questa settimana.

- Fino a quando rimarrai in America? Cosa credi ti lascerà, questa esperienza?

Il mio progetto è quello di rimanere almeno altri due anni. Essendo appena all'inizio spero che mi continui a trasmettere le stesse emozioni che sto vivendo: il piacere di far parte di un gruppo di ragazzi che ama lo sport, che viene da tutto il mondo per giocare, studiare, sognare, condividere. Sicuramente mi lascerà l'ennesimo ricordo di come il calcio, ma lo sport nella sua essenza, possa creare legami e regalare emozioni ovunque una persona lo pratichi.

simone giraudi

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