Agricoltura - 16 ottobre 2018, 07:45

Quelle gustose mele della Valle Bronda, nel Saluzzese, tutelate e promosse dal Consorzio nato nel 1987 (FOTO)

Una produzione di 5000 quintali all'anno venduta direttamente da ogni singola azienda che ha diritto a usare il marchio dopo gli attenti controlli previsti dal severo disciplinare. Per dare maggiore sicurezza ai consumatori è stato introdotto l'obiettivo del residuo chimico zero. Ne abbiamo parlato con il vicepresidente del Consorzio Giovanni Mellano

Noemi e Clara Mellano nel frutteto di mele Jonagold

Noemi e Clara Mellano nel frutteto di mele Jonagold

La circonvallazione che corre fuori le mura del centro abitato di Saluzzo conduce in Valle Po e, alla svolta successiva, nella piccola ma incantevole Valle Bronda. La costituiscono i Comuni di Brondello, Pagno e Castellar e la località di San Lazzaro ancora appartenente al territorio dell’antica “Capitale” del Marchesato. Lungo il percorso si possono assaporare le meraviglie di splendidi paesaggi rurali incastonati nella cornice delle colline sullo sfondo.

E proprio le aziende agricole con i loro campi e le coltivazioni di mele sono una delle caratteristiche più importanti e storiche della zona. Distese dal verde intenso delle piante sulle quali brillano le tante sfumature colorate dei frutti. Immagini capaci di regalare le magiche emozioni di una natura incontaminata. La mela è sempre stata coltivata in Valle Bronda ed è conosciuta non solo a livello locale, ma raccoglie molti estimatori anche al di fuori del Saluzzese e della provincia di Cuneo. La contraddistingue un sapore delizioso, inconfondibile e particolarmente gradevole conferitole dalla composizione del terreno e dal microclima di un’area che si estende dai 320 ai 450 metri di quota. Le varietà sono diverse: dalla più conosciuta Golden Delicious con la buccia gialla alle rosse tra cui la Red Delicious, la Gala, la Jonagold, la Elstar, la Fuji e la Morella. A cui si aggiungono le più acidule renette.

Davvero uno straordinario patrimonio che aveva bisogno di tutela e valorizzazione. Per questo motivo nel 1987 si è costituito il Consorzio Produttori Mele di Valle Bronda formato dai frutticoltori della zona e con un proprio marchio registrato. Il ruolo di presidente l’ha sempre ricoperto, e lo ricopre ancora adesso, Riccardo Soleri, 72 anni, imprenditore agricolo di Pagno. Il vice è Giovanni Mellano, la cui attività è a San Lazzaro di Saluzzo. I soci all’avvio del percorso erano tredici, dopo sono saliti a una trentina. Con il passare del tempo alcune aziende hanno chiuso per l’avanzare dell’età dei titolari e altre hanno preferito scegliere strade diverse.

Ora gli aderenti, autorizzati  a usare il marchio, sono otto (oltre a Soleri e Mellano, Gianni Bodello, Camillo Bonetto, Paolo Costa, Rosangela Giusiano, Giuseppina Michelis e Ilario Rinaudo). Ma lo spirito che li accomuna è sempre quello degli inizi. A sottolinearlo è il vicepresidente Mellano, 62 anni, aiutato nel periodo di raccolta della frutta dalle figlie Sara, Noemi e Clara. “Siamo tutti e otto agricoltori con attività prevalente la coltivazione delle mele, ma, soprattutto, siamo un gruppo di amici e di colleghi che si aiuta a risolvere i problemi e ad affrontare nel modo migliore possibile i vari impegni. Il Consorzio, come ogni organismo costituitosi in modo ufficiale, deve avere chi lo rappresenta. Però, nessuno di noi è attaccato alla poltrona. Anzi”.

I soci appartenenti al Consorzio sono individuabili attraverso il pannello appeso all’ingresso dell’azienda.  

I PRIMI PASSI VERSO LA QUALITA’ E LA SICUREZZA ALIMENTARE

Il Consorzio è stato costruito mettendo insieme e condividendo le esperienze di alcuni frutticoltori della zona maturate a metà degli Anni Ottanta. E su quel percorso, portato avanti con il sostegno del professore dell’Istituto Agrario di Verzuolo, Aldo Galliano, e poi continuato nei decenni successivi con altri direttori e docenti,  è anche nata la filosofia alla base di quel nuovo modo di occuparsi delle coltivazioni. “Volevamo individuare - spiega Mellano - una strada che consentisse di promuovere il lavoro delle nostre aziende: tutte molto piccole - 4, 5, 10 ettari al massimo - e quindi, ognuna per conto suo, in difficoltà ad ottenere la necessaria visibilità sul mercato e la giusta remunerazione per le proprie produzioni”.

Ma non solo. “Fino ad allora le malattie delle piante si debellavano con la lotta convenzionale: almeno venticinque trattamenti chimici all’anno con sostanze anche molto tossiche. Eravamo in mano ai rivenditori di antiparassitari i quali ci consigliavano come operare. E a volte lo facevano più per i loro interessi che non a nostro favore o per difendere l’ambiente. La situazione scappava di mano. Per cui, un primo passo importante è stato il passaggio alla lotta guidata”.

Nel concreto? “Grazie alla frequentazione dei corsi Inipa Coldiretti e aiutati dai tecnici dei Centri di Assistenza Tecnica, sempre di Coldiretti, abbiamo compreso l’esigenza di migliorare le condizioni ambientali, produttive e gestionali delle nostre piccole aziende. Gli stessi tecnici, anche in collaborazione con l’Università di Torino, hanno impostato e sviluppato il percorso dell’intervento sulle colture solo in caso di effettivo bisogno. Meglio se preventivo. E i trattamenti sono diminuiti da venticinque a una decina all’anno: un primo traguardo fondamentale per quei tempi”.

In seguito? “Si stava sviluppando la lotta integrata: cioè la lotta ai parassiti e alle malattie delle piante utilizzando in pochi casi la chimica di sintesi, ma soprattutto prodotti naturali e insetti utili a eliminare quelli dannosi. Un percorso di mantenimento degli equilibri che ci insegna tutti i giorni Madre Natura. Un primo risultato entusiasmante, capace di darci lo slancio per continuare su questa strada, è stato sconfiggere il ragnetto rosso: un acaro molto distruttivo per le colture frutticole”.

Tra l’altro, quest’ultima, un’esperienza particolare? “Avevamo notato che nei frutteti abbandonati vicino ai boschi il ragnetto non c’era più. Ci siamo chiesti per quale motivo. La ragione era dovuta al fatto che, in quelle coltivazioni non più interessate da trattamenti chimici, era tornato a farsi vivo il fitoseide: un predatore dell’acaro, però scomparso da quando si usavano i veleni in quanto molto sensibile al loro contenuto. Allora andavamo a tagliare i rami di quelle piante ricche dell’insetto “buono” e le collocavamo sui nostri meli per fare in modo che, senza utilizzare sostanze chimiche, quell’insetto potesse viverci sopra. E in 2-3 anni abbiamo risolto il problema del ragno”.

Avete poi aggiunto altri metodi? “Contro la carpocapsa, il verme che intacca l’interno della mela, abbiamo iniziato a usare la confusione sessuale. Si appendono sulle file del frutteto delle strisce che diffondono l’odore dell’ormone della femmina. Il maschio rimane disorientato e non si accoppia più. In questo modo i lepidotteri non si riproducono e vengono a mancare le larve che sono il vero danno della frutta, perché la scavano rendendola immangiabile”.  

IL DISCIPLINARE E IL RESIDUO ZERO

Per ottenere la qualità e la sicurezza alimentare il Consorzio si è dotato di un disciplinare molto severo. Inoltre, con il passare degli anni i frutticoltori associati hanno ulteriormente affinato le tecniche di miglioramento della qualità e della sicurezza alimentare delle mele introducendo il residuo zero. Cosa significa? “Per la lotta contro i parassiti dannosi o le malattie delle piante - afferma Mellano - utilizziamo solo insetti o, prevalentemente prima della fioritura, prodotti il più possibile naturali che non lasciano residui di fitofarmaci chimici. Quindi, ai fini sanitari la sicurezza delle mele è assolutamente garantita. Inoltre, il regolamento prevede il divieto assoluto di impiegare diserbanti di sintesi. Il tappeto erboso può essere mantenuto oppure tagliato, ma solo con le attrezzature meccaniche. L’importante per noi è il rispetto della natura, che significa anche il rispetto di noi stessi impegnati ogni giorno a lavorare nei frutteti. Dove possono correre liberamente i bambini in quanto non ci sono veleni”.

I controlli? “La prova del fuoco avviene proprio attraverso i controlli effettuati dai tecnici i quali fanno i prelievi dalle mele e li mandano ad esaminare a laboratori specializzati. Se i risultati danno residui zero puoi vendere il prodotto utilizzando il marchio del Consorzio, altrimenti non è possibile”.  

LA MELA… CHE SA DI MELA

Quali sono i pregi della mela della Valle Bronda? Risponde Mellano: “Possiamo individuarne soprattutto due: la qualità sanitaria, garantita dai controlli, e quella gustativa. Le mele sono vive, genuine, buone e profumate. Non usando poi conservanti per allungare loro la vita e prodotti di cosmesi per renderle più belle  e colorate il sapore ne guadagna. Come dice il nostro slogan produciamo “La mela…che sa di mela”.

Però, potrebbero sorgere problemi di difetti o il marciume? “I nostri clienti lo sanno e proprio per questo motivo le acquistano più volentieri. Infatti, sono consapevoli di mangiare un prodotto naturale. Una piccola imperfezione non cambia il sapore. Ed essendo mele vive, non vanno abbandonate in cantina, ma conservate con attenzione. Tagliando, se succede, le parti che iniziano a deteriorarsi”.  

LA PRODUZIONE E LA VENDITA

I soci del Consorzio producono 5000 quintali all’anno di mele garantite dal marchio. La vendita avviene principalmente nel Saluzzese e in provincia di Cuneo, ma sono tanti anche i clienti del Torinese, del resto del Piemonte e della Liguria. A cui si aggiungono alcune realtà delle regioni confinanti. Il Consorzio si occupa di tutela e di promozione e non di immagazzinare, confezionare e distribuire il prodotto. La commercializzazione viene gestita dal singolo frutticoltore direttamente in azienda oppure attraverso i negozi o i gruppi di acquisto. “La scelta - sottolinea Mellano - ha un doppio risvolto. Il positivo è che ognuno ci mette la propria faccia davanti al cliente. Una garanzia in più per il Consorzio sulla certezza del lavoro svolto bene dal socio. Il negativo sta nel fatto che mettendo insieme tutta la produzione forse la si potrebbe valorizzare meglio e raggiungere degli obiettivi maggiori. Per questo motivo, strada facendo, abbiamo perso qualche azienda non d’accordo con l’impostazione decisa”.

Comunque siete soddisfatti dei risultati ottenuti? “Assolutamente, sì. La vendita diretta, pur laboriosa e impegnativa per ogni singola azienda, dà delle straordinarie soddisfazioni. Vedere le famiglie che arrivano la prima volta, si informano, comprano pochi chili da assaggiare e dopo tornano entusiaste e fanno la provvista è una gioia immensa. Qualcuno, poi, si mangia una mela, appena acquistata, già nei nostri cortili: e questo costituisce il miglior premio per i sacrifici fatti e il tanto lavoro svolto. E funziona bene il passaparola”.  

COSA RAPPRESENTA LA MELA PER LA VALLE BRONDA

Mellano: “Adesso è un elemento distintivo importante della Valle Bronda. Ma quando siamo partiti ci guardavano quasi con sospetto: qualcuno rideva; altri ci deridevano. Quando hanno visto che facevamo sul serio e alla base del nostro impegno c’era la concretezza di voler lavorare bene e a favore del territorio, tutti si sono resi conto di non trovarsi di fronte a una stravaganza pubblicitaria”.  

LE PROSPETTIVE FUTURE

“L’obiettivo - dice Mellano - è quello di mantenere attive le attuali aziende del Consorzio. Se poi riuscissimo a far entrare qualche giovane frutticoltore, con il nostro stesso entusiasmo, sarebbe un bel successo”.  

COSA SERVE  DALLE ISTITUZIONI

Mellano: “E’ la stessa richiesta fatta a livello nazionale da Coldiretti e non solo: valorizzare e tutelare  maggiormente i nostri fantastici prodotti perché sulle tavole italiane spesso arriva di tutto e di più da ogni altra parte del mondo”.  

Dei produttori di mele della Valle Bronda come Mellano colpisce soprattutto la tenacia con la quale svolgono il loro prezioso lavoro. A cui si unisce una passione unica e incontenibile, consapevoli di avere in mano un frutto davvero straordinario però coltivato con tanti sacrifici e un impegno costante e coraggioso.        

Sergio Peirone

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