Egregio Direttore,
chiedo gentilmente la Sua ospitalità per esprimere quelle che sono le mie perplessità in merito alla notizia, pubblicata sul vostro quotidiano on–line la settimana scorsa, della decisione, da parte del neo presidente del Parco del Po Silvano Dovetta, di chiudere definitivamente alla caccia l’area comprendente la tenuta regionale di Staffarda, nel Comune di Revello. Detta area, fino allo scorso anno godeva, come da voi ricordato, della concessione di azienda agroturistico – venatoria, dove era possibile esercitare l’addestramento dei cani da ferma con facoltà di sparo su fauna selvatica d’allevamento (fagiani, starne, quaglie, germani reali).
In seguito alla revoca della concessione succitata, avvenuta lo scorso anno, la Provincia aveva provveduto a dichiarare la zona “oasi di protezione naturale”, con un provvedimento valevole cinque anni, come previsto dalla legge, trascorsi i quali si sarebbe potuta riaprire l’attività venatoria. Ciò, però, non accadrà perché, come detto, il presidente Dovetta, con la motivazione che “la presenza incontrollata di cacciatori che si avrebbe qualora il comprensorio di Staffarda tornasse ad essere zona di caccia, limiterebbe la possibilità di fruizione dei boschi da parte di scuole e turisti in visita all’omonima Abbazia”, ha ritenuto opportuno “anche al fine di uno sviluppo sia in termini ambientali che di turismo compatibile”, richiedere al Settore Politiche Agricole Parchi e Foreste della Provincia di Cuneo il mantenimento dello stato attuale di divieto di caccia e di oasi faunistica di protezione per tutta l’area di Staffarda.
Ora, ho esordito dicendo che questa decisione mi lascia molto perplesso in quanto è noto che “Staffarda” si estenda su una superficie di una sessantina di ettari, su cui si collocano il meraviglioso borgo medievale, che ospita l’altrettanto splendida e rinomata, nell’Europa tutta, Abbazia ma anche un’ampia distesa di campi e boschi, con soprattutto questi ultimi che non presentano condizioni naturali in grado di renderli particolarmente fruibili, come invece vorrebbe Dovetta, al turismo di scolaresche e famiglie.
Basti pensare ai rovi che li infestano, un po’ in ogni dove. Magari Dovetta intende portare a termine radicali e, almeno a mio avviso, improbabili opere di manutenzione che cambino volto a queste zone di vera e propria boscaglia ma, anche immaginando per assurdo che sia questa la sua reale intenzione, mi sfugge il particolare interesse turistico – naturalistico che esse possano rivestire, anche una volta “rimesse a nuovo”, considerando poi che di aree adibite a Parco, quindi con divieto di caccia e possibilità di fruibilità turistica di massa, ve ne sono ormai in ogni dove.
Ritengo sarebbe stato più corretto non assumere una tale decisione, facendo sì che, al termine di questi cinque anni con lo status di “oasi”, la caccia a Staffarda tornasse ad essere consentita, considerando anche che la zona del complesso abbaziale, questa sì meta di molti turisti, è già, ovviamente, tutelata dalle più basilari norme che regolano, in Italia, l’attività venatoria, inerenti la distanza da strade e abitazioni. E poi nessuna persona sana di mente si sognerebbe mai di girare fucile in spalla sul piazzale dell’Abbazia…Ma tant’è.
In attesa che, grazie alla decisione “urgente ed indifferibile”, come da lui stesso qualificata, di Dovetta i rovi, pardon i boschi di Staffarda vengano invasi da orde di turisti, grandi e piccini, magari vogliosi di incontrare dal vivo qualcuno dei tanti cinghiali che già popolano la zona, destinati ad un ovvio aumento, non mi resta che rammaricarmi per questa consistente perdita di territorio venabile, che sicuramente scrive una tra le pagine più nere nella storia della caccia piemontese.
Ringrazio e porgo cordiali saluti
Ezio Cardinale, presidente provinciale Arcicaccia - Cuneo





