Attualità - 08 marzo 2013, 15:14

Riflessioni in tempo di Pasqua

La crisi che ci travolge non è la crisi dell’economia, della politica, delle istituzioni. E’ la crisi dell’uomo

Riflessioni in tempo di Pasqua

Viviamo in un  tempo di estrema confusione. L’incertezza, l’insicurezza pervadono ogni  settore  della nostra vita. I disagi quotidiani si manifestano in forma sempre più acuta, ad essi si aggiungono l’ansia e l’angoscia per il domani. In casi sempre meno rari si giunge alla disperazione. Un’analisi  della situazione è difficile, arduo individuarne tutte le cause e responsabilità. Ma è indubbio che all’origine di questo malessere c’e una filosofia sbagliata. La nostra vita, da parecchio tempo ormai, si estrinseca, anche nella quotidianità, in azioni ,scelte, decisioni, che, a prima vista insignificanti, protratte nel tempo possono produrre effetti disastrosi.

Una delle espressioni più usate quando si critica il tipo di vita che stiamo conducendo  è “consumismo”, esagerazione, esasperazione, esaltazione del consumo e quindi dei consumi. Di questi si è solo considerato il costo immediato, prevalentemente finanziario, con una miopia che ha impedito di vedere più avanti, di capire verso quale baratro ci stavamo dirigendo, quali tristi scenari ci saremmo trovati innanzi. Naturalmente non tutto il male vien per nuocere, anche il negativo ha risvolti positivi. Consumi non necessari, frivoli, futili, han prodotto  lavoro e pane senz’altro necessari. Quello che si è creata è stata però una  confusione di valori che ha posto l’uomo in quanto tale in secondo piano, per farne emergere principalmente la sua figura “consumatrice.” Una linea di confine tra utile e superfluo è impossibile da tracciare, dipende da punti di vista ed esigenze soggettive, da condizioni economiche, sociali, professionali.

Quando però non si hanno come confronto punti di riferimento autentici, solidi, collaudati, il cammino intrapreso non può condurre a mete tanto splendenti. L’estetica ha prevalso sull’etica. In ogni espressione della nostra vita l’apparire conta più dell’essere, la sontuosità dell’eloquenza vale più della saggezza esposta con semplici dimesse parole, la televisione, tranne poche eccezioni, propina programmi leggeri, a volte demenziali, al solo scopo di catturare il nostro istinto più che il nostro intelletto, con trasmissioni abilmente pianificate in funzione della pubblicità in esse inserita. La parola “crescita”, splendida nei suoi significati più autentici, di evoluzione armonica di organismi, di continue conquiste culturali, morali spirituali intellettuali è stata declassata a  significare quasi esclusivamente l’aumento del prodotto. E’ sulla bocca di politici ed economisti, legata più che altro al PIL. Se questo cresce, bene; altrimenti sono guai per l’economia e quindi per noi. Ma il PIL è un indice solo di quantità, la qualità è difficile da esprimere con un numero. Da queste considerazioni derivano conseguenze paradossali ,contraddizioni assurde, interrogativi inquietanti. Una vera crescita della società deve investire armonicamente tutti i suoi settori, tutte le sue espressioni. La crescita puramente “materiale” di per sé è insignificante, utile alla bella figura del ministro di turno,a fargli superare l’esame di “economia” a conferire altro prestigio alla sua carriera politica.

Questa Pasqua calata in tempi così pieni di inquietudine, con prospettive nient’affatto serene, mi suona come un appuntamento per tanti anni disatteso, o non visto e tantomeno vissuto nella sua vera luce, nel suo autentico significato. Le campane a festa devono  richiamare il nostro pensiero, distolto da troppe distrazioni, sul significato della morte e della vita di Cristo. E’ morto come uomo, dopo esser vissuto come uomo. E’ morto quando è giunta per Lui l’ora del sacrificio, ma anche quando, come uomo, aveva ormai detto quello che a ogni uomo doveva dire. In contrasto col nostro mondo caotico, del vangelo colpisce la semplicità. Sono semplici le persone, le cose le azioni, i gesti i pensieri. A far da contrappunto al nostro modo di pensare, alle nostre ambizioni, alle nostre vuote estetiche ai nostri falsi valori, nel vangelo diventano grandi i piccoli, gli umili. Sorprende come il basso profilo morale di scribi, farisei, mercanti, lapidatori di prostitute trovi oggi riscontro in quello di tanti personaggi a essi omologhi. Funzionari e politici corrotti, avidi finanzieri, benpensanti ipocriti si contano a non finire, e il male forse più grande sta nel fatto che, a meno che non si sia vittima  del loro spregiudicato agire, suscitano ammirazione, riverenza, accondiscendenza, perfino emulazione e connivenza.

La crisi che ci travolge non è la crisi dell’economia, della politica, delle istituzioni. E’ la crisi dell’uomo. L’uomo alienato dalla sua essenza più profonda, affascinato da allettanti traguardi, ammaliato dalle procaci sirene del successo, corre dietro  a chi sa meglio sedurlo. L’omologazione del pensiero, l’ammasso delle idee lo hanno privato della sua autonomia di giudizio ed è incapace di reagire alle lusinghe di coloro che complottano per impadronirsi della sua mente e sfruttarlo fino in fondo. Le popolazioni, le società di qualsiasi epoca e regione hanno sempre avuto nel loro seno uomini buoni e uomini cattivi, pur sotto forme e connotazioni diverse. Gli scribi del tempo di Cristo oggi usano i computer e i templi dei mercanti d’allora sono le sedi delle banche e delle multinazionali. E’ ora che riscopriamo noi stessi con un esame di coscienza, che ci riappropriamo della nostra intelligenza, che ritornando agli antichi valori evangelici ricostruiamo il nostro profilo umano e Cristiano. In questi tempi malati Pasqua è l’occasione per considerare il sacrificio di Cristo più profondamente di quanto abbiamo fatto finora,di prendere il vangelo come riferimento nella nostra quotidianità per superare le contraddizioni le debolezze le tentazioni che di continuo ci affliggono. Cristo è venuto a redimerci e a insegnarci la strada della redenzione, e la sua risurrezione sarà la nostra risurrezione se risponderemo al suo grande sacrificio con i sacrifici di ogni giorno, se penseremo anche al nostro prossimo, se anche nei piccoli gesti , nelle piccole scelte  terremo conto degli effetti che potranno ricadere sulle generazioni future. Cristo è vissuto come uomo e il suo esempio non può lasciare indifferente neppure il non credente. Purchè creda nell’uomo.

Piero Tomatis

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