Cuneo e valli - 27 gennaio 2017, 14:15

Se si votasse a giugno quanti dei 9 parlamentari cuneesi tornerebbero a Roma?

Lo scenario politico è radicalmente cambiato rispetto alle elezioni politiche del febbraio 2013. Le modalità che si prospettano per il voto, ancora una volta, lasciano scarso margine di scelta al cittadino elettore

Se si votasse a giugno quanti dei 9 parlamentari cuneesi tornerebbero a Roma?

I rumors di possibili elezioni anticipate a giugno – dopo il pronunciamento della Consulta - si fanno sempre più insistenti. Il Pd di Matteo Renzi (non la sinistra interna), il Movimento 5 Stelle, la Lega e Fratelli d’Italia spingono con decisione in questa direzione, convinti come sono che non esistono le condizioni parlamentari per addivenire, in tempi ragionevolmente brevi, alle modifiche che consentirebbero di armonizzare le elezioni di Camera e Senato.

Qualche maligno osserva che il partito trasversale del non voto resta forte e vorrebbe comunque arrivare a superare la soglia di settembre, quando deputati e senatori attualmente in carica avranno raggiunto il tetto per maturare pensione e vitalizio.

Vedremo come evolverà la situazione nei prossimi giorni e, soprattutto, quali decisioni assumerà il Capo dello Stato, cui compete, in ultima analisi, lo scioglimento delle Camere. In attesa di capire gli eventi, esaminiamo qual è oggi lo stato dell’arte della rappresentanza cuneese a Roma.

Le ultime elezioni politiche, che si svolsero il 24 e 25 febbraio 2013, videro nel Cuneese l’elezione di tre senatori: Andrea Olivero (Scelta Civica, attuale viceministro delle Politiche Agricole), Patrizia Manassero (Pd) e Michelino Davico (Lega Nord).

Oltre a questi, sei deputati: Enrico Costa (Forza Italia, attuale ministro per gli Affari Regionali), Mino Taricco e Chiara Gribaudo (Pd), Mariano Rabino e Giovanni Monchiero (Scelta Civica), Fabiana Dadone (Movimento 5 Stelle).
Due di questi, dal momento della loro elezione, hanno cambiato casacca: Davico ha abbandonato il Carroccio per passare al gruppo misto Gal (Grandi Autonomie Locali); Costa ha seguito Angelino Alfano nell’Ncd (Nuovo Centro destra).
I due gruppi politici che ottennero dal verdetto elettorale la maggior rappresentanza nella Granda furono Scelta Civica e Partito Democratico, con un senatore e due deputati ciascuno.

Come cambierebbe oggi la mappa del potere politico cuneese?

Molto dipenderà dalle modalità con cui si andrà alle urne, ma quel che si può asserire fin d’ora, con buona dose di certezza, è che il meccanismo di selezione dei candidati resterà ancora una volta esclusivo appannaggio degli establishment dei partiti romani e che gli elettori avranno ben poca voce in capitolo.

A ciò si deve aggiungere la constatazione che il quadro politico di quattro anni era radicalmente diverso da quello odierno, prova ne sia il fatto, ad esempio, che Scelta Civica, il partito dell’allora premier Mario Monti, oggi è ridotto al lumicino e dilaniato da lotte intestine.

Non è poi marginale considerare, sulla scorta di quel che si evince da un primo esame delle ipotetiche modalità di voto, la soglia di sbarramento: 3% per le liste che partecipino alla coalizione, 8% per quelle che volessero correre autonomamente. Alla luce di queste prime considerazioni (senza pretese) è curioso chiedersi: quali degli attuali parlamentari faranno ritorno nella capitale o anche soltanto verranno ricandidati dai loro partiti per gli ambìti scranni di Montecitorio o Palazzo Madama?

Giampaolo Testa

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