C’è chi – è il caso del sindaco di Pistoia – ha vietato l’insediamento nel proprio centro cittadino di attività quali money transfer, internet point, sexy shop, fast food e kebab, chiudendo anche all'installazione di nuove slot machine e imponendo insegne scritte rigorosamente in italiano.
Limiti simili li ha imposti Genova, il cui concentrico è Patrimonio dell’Umanità Unesco e dove, in forza di un’intesa sostenuta anche da Regione e Camera di Commercio, un assessore della Lega ha promosso regolamenti con divieti modulati a seconda del pregio della zona interessata: un perimetro all'interno del quale in ogni caso non sarà possibile aprire negozi cosiddetti "etnici" e altre attività considerate "non decorose".
Se nel 2012 il "Decreto Monti" aveva in sostanza liberalizzato le licenze commerciali, togliendo di fatto ai Comuni qualsiasi potere – che non fosse di ordine urbanistico – sulla concessione di autorizzazioni all’apertura di nuove attività di terziario sul proprio territorio, sulla materia negli ultimi mesi si registra il poderoso passo indietro consentito dagli spiragli inseriti nella normativa dal "decreto Madia": normativa ai più conosciuta come riforma della pubblica amministrazione, ma nel cui ampio novero sono alla fine entrate regole riguardanti le dichiarazioni di inizio attività che regolano il commercio.
Da qui una controffensiva che sta vedendo protagonisti molti Comuni turistici italiani, promotori di regolamenti ai quali ora anche la capitale delle Langhe guarda con sempre maggiore interesse.
Giusto venerdì scorso il tema è stato oggetto di discussione nella 3ª Commissione del Consiglio comunale, in forza di un ordine del giorno sul commercio e l'artigianato presentato dai gruppi di Forza Italia e della lista civica Per Alba.
Il documento è stato illustrato dal consigliere Gionni Marengo: "Abbiamo voluto presentare questo documento per tutelare il commercio e l'artigianato tipico del nostro territorio – spiega l’avvocato ed esponente di Forza Italia – così come prevede la nuova normativa del novembre 2016 denominata 'salva centri storici'. Si tratta del Decreto Legislativo 222/2016, che sostanzialmente consente ai Comuni che vantano un importante patrimonio culturale, archeologico, architettonico e turistico di vietare o vincolare a una specifica autorizzazione comunale esercizi commerciali o artigianali che per loro natura siano incompatibili col tessuto economico e culturale del territorio. D'altra parte, Alba, annoverata oggi quale 'città creativa Unesco per la gastronomia' non può non munirsi di un regolamento che tuteli le specificità del proprio territorio. Tale normativa è un tassello importante che va a contenere il dilagare della liberalizzazione sfrenata prevista nel 2012 dal Governo Monti".
Più che ai casi citati, aggiunge Marengo, la proposta del centrodestra albese guarda all’esempio di quanto realizzato in quel di Firenze, altro centro tutelato dall’Unesco, dove un regolamento di questo tipo è operativo già dal maggio 2017. "Si tratta – continua il consigliere – di ragionare con molta attenzione ai paletti applicabili nel combinato disposto tra queste modifiche normative e il riconoscimento di Alba quale "città creativa Unesco", con l’idea di salvaguardare una specificità di una risorsa, il turismo enogastronomico, che ormai rappresenta la principale risorsa del nostro terziario".
La proposta prevede in ogni caso un iter articolato, che con tutta probabilità non verrà esaurito prima del rinnovo amministrativo previsto in primavera.
Il prossimo passo, da calendarizzare entro la fine dell’anno, riguarda l’audizione in Commissione delle categorie interessate, a partire dall’Associazione Commercianti Albesi, dalla sede di zona di Confartigianato e dal comitato di commercianti Alba Sotto le Torri.





