Nelle scorse settimane abbiamo parlato di didattica a distanza alla scuola media, sia con un’insegnante che con una studentessa, alla scuola dell’infanzia, alla primaria e abbiamo raccontato la distanza dai banchi di scuola con le parole di uno studente di liceo. Ogni età ha le sue peculiarità, le sue emozioni, il suo modo di vivere le situazioni. Abbiamo quindi parlato di didattica a distanza alle superiori con Alberto, professore di inglese al Tesauro/Vallauri di Fossano.
“Sul versante scolastico il lockdown è stato strano – ci racconta -, inizialmente, quando sono usciti i primi decreti agli insegnanti è stato semplicemente imposto di rimanere a casa e di continuare con la didattica laddove possibile, ma senza direttive ministeriali chiare. Ci siamo guardati con un po’ di stupore e abbiamo inizialmente atteso che ci fossero date delle linee guida per capire come: nei primissimi giorni ci sono venuti incontro le indicazioni tempestive del Dirigente e il buonsenso. Poi la chiusura si è allungata e ci siamo attrezzati. L’unica strada possibile era quella della didattica a distanza, ma non c’erano modalità attuative univoche, le quali sono state segnalate e condivise dopo alcune settimane di tentativi e ‘sperimentazione’ con le classi: inizialmente abbiamo messo in gioco quello che avevamo a disposizione, i nostri mezzi e le nostre competenze, per non perdere il filo della didattica con i ragazzi. Personalmente ho contattato le mie classi più ‘grandi’ un sabato pomeriggio e dal 9 marzo ho iniziato a fare videolezione con tre classi su sei, e a distanza di pochi giorni ho coinvolto anche le restanti del biennio”.
Di fatto a livello ministeriale indicazioni univoche non ne sono arrivate, ma passato l’iniziale shock in cui ciascuno ha avviato la didattica a distanza con mezzi e competenze propri, è intervenuta la scuola: “Il nostro dirigente ha adottato il sistema della videoconferenza per rivolgersi agli studenti e agli insegnanti. È riuscito da un lato a rassicurare i ragazzi, dall’altro a far sì che sentissero la scuola vicina e si sentissero motivati a proseguire con il percorso di studi anche a distanza. La scuola si è inoltre mobilitata per consentire agli insegnanti che non avevano strumentazione informatica adeguata di appoggiarsi a quella dell’istituto”.
Ecco che parte la didattica a distanza con un’iniziale entusiasmo dato dalla novità: “Devo dire che i miei studenti si sono rivelati dei grandi. A oggi abbiamo sempre fatto lezione e i ragazzi sono quasi sempre tutti presenti. Chiaramente è molto diverso rispetto alla lezione tradizionale”.
Aspetti positivi e negativi di una tecnologia che in questo periodo è corsa in aiuto della didattica, consentendo l’avanzamento dei programmi, ma che ha manifestato tantissime lacune: “Spesso le connessioni non sono buone, ci sono studenti che usano il telefonino perché non hanno il computer o ce l’hanno in condivisione con i fratelli. Inizio a patire la distanza dagli studenti, il fatto di parlare con un monitor, fissando lo schermo o il puntino della webcam senza poter vedere lo sguardo di tutti i miei ragazzi. In classe mentre spiego li guardo, vedo quello che annuisce mentre parlo perché ha capito, quello che è distratto, quello che ha uno sguardo perplesso perché qualcosa non è chiaro. In videolezione tutto questo non è possibile. Per quanto mi riguarda non sto mai seduto dietro la cattedra mentre spiego, ora rimango seduto per l’intera mattinata e mi alzo dalla scrivania con gli occhi infuocati, e questo periodo si sta rivelando particolarmente difficile”.
Sicuramente si può dire missione compiuta per il messaggio mandato agli studenti: la scuola, il sapere, l’apprendimento non si fermano, gli insegnanti non si fermano e mantengono il collegamento con gli studenti: “Credo che questo periodo abbia dimostrato che una didattica a distanza può funzionare, ma non può essere esclusiva. Ha funzionato e sta funzionando in questo periodo di emergenza, ma abbiamo spesso dovuto adattare tempistiche e programmi e personalmente mi sono sorte alcune perplessità in merito all’efficacia della valutazione a distanza. Normalmente in un quadrimestre siamo chiamati a dare tre voti scritti e due orali, in questo periodo ho interrogato e ho corretto moltissimi elaborati scritti, ma la valutazione di uno scritto a distanza è sottoposto a troppe variabili”.
Un po’ di preoccupazione la desta l’ipotesi di un nuovo anno scolastico all’insegna anche solo parziale di lezioni a distanza: “Se all’inizio è stato anche un po’ divertente nel suo essere ‘fantascientifica’, alla lunga la DAD (didattica a distanza) è piuttosto faticosa sia per noi insegnanti che per i ragazzi. Me ne rendo conto giorno dopo giorno: anche quegli studenti che sono partiti come razzi senza risparmiarsi all’inizio ora stanno incassando il colpo. Senza demonizzare la didattica a distanza, perché serve e può funzionare, ma il contatto con i ragazzi manca, lo schermo che divide si sente molto ed è ogni giorno più ingombrante. Abbiamo tuttavia capito che ci sono attività che si possono davvero fare a distanza. La risposta dei ragazzi è stata molto buona e la maggioranza dei miei studenti si è data davvero un gran da fare. Credo che uno dei punti di forza che abbiamo avuto sia stato il mantenimento dell’orario scolastico che ha costituito un filo tra quello che c’era prima e quello che c’è ora. È chiaro che in questa situazione emergenziale è stata funestata da connessioni non sempre stabili, competenze digitali ‘da rinfrescare’ o da acquisire ex novo, limiti dei programmi, mancanza di dispositivi, ma è stato un esperimento sociale che può in qualche misura funzionare, ma deve essere regolamentata a livello nazionale. È chiaro che in questa situazione ci sono settori che hanno sofferto ancora di più della scuola e dunque siamo andati avanti con iniziative dei singoli istituti che sono state apprezzate”.
Dopo due mesi il peso della reclusione si fa sentire sia sulle spalle dei docenti che dei ragazzi, ma a breve arriveranno anche le vacanze a far riposare gli occhi da tanto uso dei monitor. Il pensiero conclusivo di Alberto nella nostra chiacchierata va ai suoi studenti: “Per quanto mi riguarda, salvo casi eccezionali, si sono dimostrati davvero all’altezza della situazione. Forse perché per la loro generazione usare questi dispositivi è naturale, ma si sono adattati molto bene. Devo davvero rendere onore ai ragazzi che si sono mobilitati da subito. Hanno immediatamente capito che aria tirava e hanno immediatamente preso la direzione giusta. Ci hanno dimostrato di essere in gamba, svegli e responsabili”.





