Torna il divieto di “l'abbruciamento dei residui vegetali” in Piemonte.
Come previsto dalla legge regionale sugli incendi boschivi approvata nell’ottobre 2018 dall’allora Giunta regionale di Sergio Chiamparino, e dal Piano sulla qualità dell’aria del Bacino padano, su tutta la Regione non potranno essere accesi fuochi per l’abbruciamento di materiale vegetale dal 1 novembre sino al 31 marzo.
Per ciò che riguarda le altre tipologie di combustione, è concesso accendere fuochi in aree attrezzate, per motivi di lavoro e per motivi legati alla tradizione culturale (come ad esempio fuochi di artificio) fino ad una distanza di 50 metri di distanza dai boschi, dai pascoli o dai terreni coperti da arbusti (che diventano 100 in caso di stato di massima pericolosità per incendi boschivi).
Dal 1 aprile al 30 settembre, sarà invece concesso l'abbruciamento dei residui vegetali (con un massimo di 3 metri steri/ha/giorno), anche in questo caso se non in presenza della dichiarazione di stato di massima pericolosità per gli incendi boschivi.
Grazie ad una legge approvata lo scorso anno, il divieto potrà essere derogato, limitatamente alla combustione dei residui colturali, per un massimo di 30 giorni, anche non continuativi, per i Comuni montani e per un massimo di 15 giorni, sempre non continuativi, per le aree di pianura.
Le deroghe vanno decise dai sindaci con propria ordinanza, fermo restando i limiti posti dalla legge, che stabilisce come i Comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale abbiano “in ogni momento la possibilità di sospendere, differire o vietare l’abbruciamento delle sterpaglie in tutti i casi in cui sussistano condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili”.
“L’introduzione della deroga - sottolinea il vicepresidente e assessore alle Foreste, Fabio Carosso - è nata soprattutto dall’esigenza di sostenere l’economia agricola nelle zone montane e collinari, favorendo la corretta gestione dei terreni, nell’ottica anche di una prevenzione dei rischi idrogeologici e di un mantenimento delle coltivazioni agrarie tradizionali con valenza economica, sociale e paesaggistica.
In particolare, ciò che si vuole evitare è che si vengano a creare situazioni di pericolo idrogeologico a causa di accumuli incontrollati di residui vegetali in zone destinate al deflusso dell’acqua”.





