Proseguiamo con l’intento di alleviare il grigiore di queste giornate autunnali di coprifuoco colorandole con i toni caldi e vivaci di voci giovani.
Il protagonista di questa settimana è Davide Mogna, giovanissimo regista, attore, “ma adesso principalmente produttore” – come preferisce auto-descriversi lui stesso – di Verzuolo.
Com’è avvenuto il tuo ingresso nel mondo del cinema?
La mia passione è nata tanti anni fa, muovendo dal teatro per poi passare all’audiovisivo attraverso qualche primo esperimento con i miei amici quando avevo 9 anni. Il mondo della recitazione mi è sempre stato famigliare: i miei genitori erano appassionati sin da prima che nascessi e mio padre recitava anche in una piccola compagnia di Villanovetta. Inizialmente volevo fare l’attore, poi ho iniziato a scrivere le mie idee.
Nel 2015 hai girato “Un hotel di troppo”, episodio pilota di una sit-com ideata da te, e nel 2017 è uscito il tuo primo vero e proprio film, “Bulli a metà”, che ha riscosso moltissimo successo in tutta Italia. Come si è sviluppato questo percorso?
“Un hotel di troppo” ha rappresentato un mini-passo in avanti rispetto a tutto quanto venuto prima: è nato come esperimento in amicizia per poi trasformarsi in un progetto più ampio partecipando al SottoDiciotto Film Festival di Torino. Per me è stata la spinta che mi ha fatto maturare la convinzione e la forza di proseguire in questa direzione e così verso la fine del 2015 ho iniziato a lavorare a “Bulli a metà”, primo film serio realizzato con tutti i crismi di una produzione cinematografica.
Al centro vi è il tema del bullismo: un argomento delicato che, nato da un’ispirazione autobiografica, viene però qui declinato con il sottile mezzo della commedia e in chiave rovesciata. Nel mio film il bullo è lo sfigato: tradizionalmente visto come il cattivo qui subisce invece un rovesciamento di ruoli e si ritrova vittima. L’obiettivo era quello di affrontare la questione da una prospettiva diversa, che permettesse di indagare in profondità i meccanismi che inducono a determinati comportamenti e comprenderne le motivazioni.
Uscito nel 2017, il film si è ingrandito progressivamente: a partire dal Cinema Magda Olivero di Saluzzo, dove c’è stata la premiere, è stato poi esportato a Torino, Milano, Roma, Genova, Catania, Verona, in Puglia, Umbria, Emilia Romagna… essendovi profondamente connaturato, la dimensione scolastica è stata il suo destinatario principale.
Sei adesso il fondatore di una casa di produzione e distribuzione, NewGen Entertainment, pensata per coinvolgere i giovani in tutti i ruoli che il mondo dell’audiovisivo contempla e per “reinterpretare il mondo attraverso gli occhi delle nuove generazioni”. Come si struttura e verso quali aspettative protende il vostro modo di lavorare?
La NewGen Entertainment è nata lo scorso anno, nel 2019, e segue la mia filosofia: dare fiducia ai giovani, fornendo loro l’occasione di esprimersi e di mostrare il proprio talento. Mi è sorta questa illuminazione dopo essermi imbattuto in prima persona con l’ostentazione di superiorità, la mancanza di risposte, la scarsa fiducia del settore tradizionale già rodato. Volevo creare una realtà inclusiva, in cui l’età giovane non rappresentasse un limite ma potesse anzi essere valorizzata come risorsa preziosa. È una casa di produzione giovane ma che lavora con ritmi e modalità di una grossa: so che le cose vanno fatte in un certo modo e io le voglio fare in quel modo. Il mio mestiere consiste nel cercare artisti, professionisti, valutare proposte che mi arrivano, senza scrupolo d’età.
Sta per uscire, proprio in questi giorni, un film che distribuisce la tua società: di che film si tratta?
Il film è “L’Uno” e uscirà il 23 novembre sulla piattaforma di video on demand italiana Chili. Pur sperando in una prossima fruizione in sala cinematografica, abbiamo deciso di ricorrere a questo mezzo poiché consapevoli della necessità immediata di mostrare questo prodotto al pubblico. Si tratta infatti di un film inconsciamente visionario e profetico in cui un misterioso agente esterno, battezzato “L’Uno”, piomba sulla Terra condizionando la vita di tutti i suoi abitanti e costringendo i governi di ogni Paese ad apposite misure restrittive. Una presenza invisibile ma minacciosa che, fronteggiata con coprifuoco generalizzati e divieti di assembramenti, pare quasi un’allegoria del virus che da mesi ormai imperversa nella nostra vita quotidiana. Nato dall’adattamento di un testo teatrale del 2018 ci siamo resi conto, durante la fase di post produzione e con l’avanzare della pandemia, di avere tra le mani un immaginario che da ipotetico e quasi fantascientifico si stava concretizzando nella realtà. Da ciò l’urgenza della sua visione, che pensiamo capace di produrre un grande impatto emotivo e una forte capacità di immedesimazione.
Ormai ti dedichi al cinema a livello professionale, dedicandovi le tue giornate nella loro interezza. Quali sono le conseguenze esercitate da pandemia e lockdown sul tuo ambito lavorativo?
Il cinema è aggregazione e dunque, attualmente, fonte di pericolo. Ma l’aggregazione è convivialità, confronto, scambio; è ciò che fornisce al cinema quel valore aggiunto che lo contraddistingue rispetto al mondo digitale, permettendo allo spettatore di vivere un’esperienza di socialità arricchente e benefica. Per quanto in questo momento i servizi di streaming si stiano rivelando fondamentali è importante che il cinema, inteso come sala e spazio fisico, dimostri una capacità di rinnovamento che gli permetta di valorizzare la propria unicità e di confermarsi quale alternativa sempre valida e appetibile.
Il primo lockdown è stato un blocco che mi ha spinto a cambiare rotta: ho lavorato a nuovi progetti e conosciuto artisti con cui instaurare nuove collaborazioni.
Mi piace ipotizzare un confronto tra le due diverse modalità di fruizione di questo nostro nuovo film, “L’Uno”: credo che sarà suggestivo vederlo dapprima in casa, immedesimandosi perfettamente nel contesto descritto, e poi, quando sarà di nuovo possibile, in sala. Forse, in quel momento, avremo la percezione di un ritorno alla normalità e potrà rappresentare un grande segnale di ripartenza.







