Attualità - 30 dicembre 2020, 11:30

Il racconto dell'anno di lotta al Covid nelle corsie dell'ospedale di Mondovì

Il dottor Maurizio Ippoliti: "L’aspetto più terrificante di questa tragedia, oltre l’enorme perdita di vite umane, è stato, a mio avviso, la necessità crudele quanto inderogabile, di impedire la vicinanza tra malati e parenti"

Il racconto dell'anno di lotta al Covid nelle corsie dell'ospedale di Mondovì

Fine anno tempo di bilanci. A raccontare come l’ospedale Regina Montis Regalis di Mondovì ha affrontato la pandemia è il dottor Maurizio Ippoliti, dirigente medico e consigliere comunale che ha ripercorso l’anno che sta per finire, raccontando la vita in corsia durante la pandemia.

"In quest’anno che sta per terminare, abbiamo purtroppo conosciuto il Covid-19, un virus subdolo, che ci ha portato via tanti nostri cari familiari ed amiciNessuno di noi avrebbe mai immaginato l’evolversi della situazione ed il triste epilogo". - ha spiegato il dottor Maurizio Ippoliti nel corso dell'ultimo consiglio comunale - "Questo virus ci ha stravolto globalmente, cambiando il nostro modo di lavorare, le regole e i protocolli con i quali eravamo abituati. Ha capovolto il mondo della sanità, ma anche quello della scuola, della didattica, quello dello sport, segnando gravemente anche l’economia.  Ha stravolto i nostri affetti e le nostre relazioni sociali. Anche la nostra Mondovì è stata violata dalla pandemia, pagando purtroppo un caro prezzo in termini di vite umane e di focolai di contagio tra i cittadini e tra gli stessi operatori sanitari”.

Un vecchio proverbio recita: "Quando soffia il vento del cambiamento c'è chi costruisce muri e chi mulini a vento". E se questo 2020 qualcosa ci ha lasciato è proprio la capacità di cambiare prospettiva, di saper far fronte al cambiamento per andare avanti. Ed è esattamente così che il nosocomio monregalese ha continuato ad assistere i pazienti: non scoraggiandosi e imparando ad adattarsi alle nuove situazioni di emergenza.

L’ospedale, di recente realizzazione, è stato di certo la carta vincente per una più semplice attuazione di modifiche strutturali, che hanno consentito la realizzazione di percorsi sporchi e puliti ben distinti e la conversione di reparti per patologia non infettive in reparti Covid.” – spiega il dottor. Ippoliti – “Il lockdown imposto dal Governo ha ridotto gli eventi traumatici (incidenti stradali o frutto di attività ludiche, sportive e incidenti sul lavoro) e ciò ha permesso di concentrare sforzi e risorse per il trattamento dei pazienti affetti dal virus. Guidati dai medici internisti, competenti in materia, ortopedici, chirurghi, urologi, oculisti, fisiatri, ecc. hanno provvisoriamente accantonato la propria specializzazione, affiancando i colleghi nel contrasto al virus. Il contagio non ha risparmiato i sanitari, ma fortunatamente, ad oggi, non ci sono stati casi particolarmente gravi.”

Il Covid ha aumentato notevolmente le distanze tra le persone, ma anche dai pazienti e il personale sanitario.

“L’aspetto più terrificante di questa tragedia, oltre l’enorme perdita di vite umane, è stato, a mio avviso, la necessità crudele quanto inderogabile, di impedire la vicinanza tra malati e parenti. Gli unici scambi possibili avvenivano attraverso telefoni o tablet messi a disposizione dalla struttura ospedaliera o dalle case di riposo, che permettevano almeno un incontro, seppur virtuale.” – prosegue Ippoliti – “È straziante pensare ai nostri anziani strappati dal loro sicuro rifugio e proiettati in posti a loro sconosciuti, popolati da strani marziani in tuta bianca, con i quali era difficoltoso comunicare (a causa dei DPI). Ancor più tremenda la consapevolezza che, per alcuni di loro, non sia stato possibile nemmeno un ultimo saluto”.

Uno scenario di guerra che abbiamo imparato a conoscere attraverso i bollettini con i numeri dei contagi e attraverso i racconti di chi il Covid lo ha affrontato in prima persona con professionalità e con il cuore in mano.

“Tutte cose viste finora in foto nei testi universitari di Chirurgia di guerra sono diventate reali. Perché di guerra si tratta. Da regole sanitarie ispirate al principio di precauzione: a decesso avvenuto, la salma veniva avvolta nei propri lenzuoli cosparsi di disinfettante, chiusa e successivamente adagiata nella bara, immediatamente sigillata. Immaginate con che animo abbiamo dovuto negare ai parenti l’ ultimo saluto ai propri cari che stavano per abbandonarli o erano già defunti. Credetemi, questo modo di lavorare ha fatto male in primis a noi operatori sanitari, che abbiamo vissuto queste atrocità e sofferenze, insieme ai pazienti e telefonicamente, ai loro cari. Oltre ogni retorica che ci ha visiti durante la prima ondata paragonati a degli eroi o a degli angeli, il perdurare delle drammatiche situazioni di sofferenza ha creato, a lungo andare, non pochi squilibri negli operatori sanitari: fenomeni di burn out, ricorso al supporto psicologico, turbe del ritmo sonno/veglia, ricorso ad utilizzo di farmaci. Il tutto si è poi acuito con la seconda ondata.”

COME HA REAGITO L'OSPEDALE - I DATI 

Rispetto alla prima ondata pandemica, i reparti Covid sono stati aumentati da due a tre, per un totale di 54 posti letto a cui vanno sommati i 10 di rianimazione e i 46 a bassa intensità dell’Ospedale di Ceva.

Più di 800 mila i DPI utilizzati e più di 20 mila i tamponi effettuati al drive through.

È stato raddoppiato l’apporto di ossigeno nei reparti convertiti a Covid, il posizionamento di oltre 30 nuove prese sia a Mondovì che a Ceva.

VISITE AMBULATORIALI 

Il lockdown della prima ondata aveva imposto la sospensione delle prestazioni ambulatoriali, da marzo a giugno, garantendo solo le prestazioni urgenti brevi e le visite oncologiche. Questo ha creando ovviamente un accumulo, ma nonostante tutto l’ospedale si è adoperato per recuperare entro fine anno il maggior numero delle visite sospese.

POSTI COVID ANCHE IN OSTETRICIA

Molti sono stati anche gli adattamenti strutturali effettuati nell’ospedale che hanno interessato diversi reparti: la rianimazione, il dea, ma anche l’ostetricia e la ginecologia, dove il blocco parto è stato diviso creando tre posti letto per puerpere covid positive, una sala travaglio e una operatoria per pazienti covid. Il tutto volto a dividere gli ingressi e i percorsi in modo da evitare possibili situazioni di contagio.

Nel reparto ginecologia e ostetricia non vi è stato nessun caso contagio tra il personale e parallelamente il numero nati di quest’anno ha già superato i numeri del 2019.

NOVITA' - PLASMA, TAC E RISONANZA MAGNETICA

Al Regina Montis Regalis sono state inoltre raccolte, ad oggi, 55 sacche di plasma iperimmune e sono stati trattati 12 pazienti.

"Attualmente rappresentiamo una banca plasma di quadrante, ma siamo pronti a rifornire altri ospedali"- aggiunge Ippoliti. 

Le USCA sono arrivate da 10 a 24 unità e, nonostante la pandemia, l’ospedale ha proseguito il suo lavoro con impegno costante, come dimostrano la nuova TAC (che permette anche lo studio delle coronarie), vantaggio anche per la diagnostica delle patologie neurologiche acute e la risonanza magnetica 1.5 Tesla. Ampliati il DEA (+10 posti letto) e la rianimazione (+15). 

Accresciuta la collaborazione multidisciplinare tra neurologia utic e dea che ha consentito di formulare un progetto per il trattamento dell’ictus in fase acuta mediante trombolisi endovenosa (golden hour) attualmente al vaglio della Regione. 

Contemporaneamente è stata accresciuta anche l’attività del Centro Sclerosi Multipla, dell’ambulatorio per il Parkinson quello per l’epilessia e quello del centro cefalee. Presso il centro di Neurofisiologia clinica si possono eseguire accertamenti ed indagini a supporto dei colleghi urologi ginecologi e NPI. 

Un lavoro corale tra l'ASL, l'amministrazione, gli operatori sanitari e i cittadini che hanno dato fiducia all'ospedale. 

"Tante sono le categorie dei lavoratori che vanno ringraziate e i risultati ottenuti sono il frutto di un impegno CORALE che ha riguardato tutta la componente medica, gli infermieri, gli operatori socio sanitari, le ostetriche, i tecnici di laboratorio, i tecnici radiologi, gli operatori delle camere mortuarie (questi ultimi in particolare per il rispetto e la dignità con cui hanno svolto il loro triste compito),  i lavoratori degli uffici tecnici,  l’ingegneria clinica, il personale  amministrativo, i ragazzi dell’impresa di pulizie,  i volontari dei mezzi di soccorso e di stazionamento davanti ai P.O. e al DEA, al fine di accogliere e indirizzare la gente ed in particolare l’associazione ASSO che ha raccolto 168.331,08 euro risorse che ci hanno permesso l’acquisto di beni preziosi  per l’ospedale. Un ringraziamento all’ Amministrazione Comunale nella sua interezza a cominciare dal Sindaco (anche per la fiducia riposta in me quale suo incaricato), al presidente del consiglio comunale, alla segretaria comunale, agli assessori ai consiglieri comunali TUTTI, di maggioranza e di minoranza e tutti quei cittadini che anche solo incontrandomi per strada mi hanno sempre sostenuto ed incitato. Il mio ulteriore ringraziamento va ai vertici della ASL Cn1 al Direttore Generale, dottor Brugaletta, al DSA  Dott. Noto, al DA dottoressa Carignano e al Direttore Sanirario di Presidio Dottor Grillo e ovviamente anche al Commissario straordinario per l’emergenza Covid il dottor Guerra che ci è venuto recentemente in appoggio."

Arianna P.

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