È una zona rossa stanca, quella che si respira tra le vie di Alba nei primi due giorni di misure restrittive più severe a seguito delle ultime disposizione governative per fronteggiare l'emergenza legata alla diffusione della pandemia da Covid-19.
Pochi i passanti, alcuni si soffermano davanti a serrande abbassate sopra vetrine che promettono ormai inutili percentuali di saldi, altri camminano rapidi con le buste della spesa, altri ancora si abbassano la mascherina per poter bere un caffè in piedi, in mezzo alla via.
Niente a che vedere con le settimane appena trascorse. Le restrizioni dovute all’aumento dei casi e dei contagi in Piemonte hanno messo in pausa diversi settori, tra cui la ristorazione in loco, l’abbigliamento o le palestre.
Il malcontento generale si percepisce in ogni lavagna esposta che riporta la scritta “da asporto”, di fronte ai dehors smontati.
C’è chi ha esposto cartelli amareggiati contro il Governo, sottolineando che tra Conte e Draghi non è cambiato nulla, chi commenta ad alta voce che il virus e l’Agenzia delle Entrate hanno lo stesso tasso di mortalità, chi, come il proprietario del Budego, celebre focacceria in via Cavour, lascia da parte le battute taglienti e scrive solo un enorme Covid-19, perché forse non c’è davvero più niente da dire.
Era il 6 novembre 2020 quando scrivevamo tra queste pagine che i ristori del Governo avrebbero portato un po’ di conforto tra le persone economicamente in ginocchio per la crisi pandemica in atto.
A distanza di quattro mesi, i contagi aumentano e, con loro, la rabbia.
Chi pagherà questo silenzio?

















